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La radio, a 130 anni dalla sua nascita è boom di ascoltatori

di Simone Cataldo 

A 130 anni dal brevetto della radio ingegnato da Thomas Edison, il progetto “truffato” a Tesla, nonché arma di propaganda nei governi totalitari, strumento di studio nel ramo comunicativo della sociologia e mezzo di comunicazione tornato in voga nel corso della pandemia da covid-19. È trascorso oltre un secolo da quando la radio, oggetto di utilizzo abitudinario per tutti noi, è entrato nell’orbita mondiale. I tempi sono cambiati, lei si è ingegnata e ha compiuto passi da gigante, ma la sua efficacia non sembra esser cambiata, anzi ha avuto una forte crescita nel corso del periodo pandemico e di lockdown. I numeri raccontano di oltre 34 milioni di ascoltatori giornalieri in Italia, 44 nell’arco di un’intera settimana, con quest’ultimo dato cresciuto di un milione messo a rapporto con il 2020. Ma se a questi ci aggiungessimo anche gli ascoltatori “moderni” che, approfittando delle piattaforme online (Spotify ad esempio) recuperano episodi e programmi in altri momenti della giornata, a quanto ammonterebbe il numero giornaliero? Dunque, i target e le modalità sono cambiate, ma le nuove metodologie negli ultimi mesi hanno avvicinato anche i più giovani a un mondo affascinante e che può, in un momento in cui l’informazione ricopre un ruolo fondamentale, offrire competenza e copertura. Basti pensare al grande numero di testate autorevoli del Belpaese che hanno aperto dei canali preferenziali per offrire podcast che parlano di politica e attualità, oppure di quelle radio che, registrando i loro programmi, li lanciano online e permettono a tutti di poterli riascoltare a distanza di ore.

Insomma, oggi essere disinformati o distanti dall’informazione è davvero difficile, ma le statistiche precedenti raccontano di una popolazione che non disdegna le ormai antiquate frequenze radio, anche per l’ascolto di un po’ di sana e buona musica all’interno della propria auto. A tutto ciò bisogna aggiungere che ci troviamo in un decennio che assume, per certi tratti, le sembianze del periodo delle “radio libere”, con il web che, grazie a un clic, permette a tutti di mettersi in gioco: esistono delle restrizioni, ma ora parlare al mondo in diretta o registrare un podcast non è più un’impresa, con pochi clic ognuno può raggiungere gli angoli più impensabili della terra.

Edison, Marconi e Tesla: chi è il vero padre fondatore della radio?

Sono passati ormai 130 anni dal lontano 29 dicembre 1891 che vide Thomas Edison presentare il brevetto della radio, accettato poi dalla comunità scientifica che lo consacrò padre del mezzo di comunicazione senza fili. Le ricerche che portarono al successo finale ebbero inizio quattro anni prima, nel 1887, quando Edison sviluppò un sistema di segnalazioni a distanza posizionato lungo la linea ferroviaria di Lehigh Valley, tra il New Jersey e la Pennsylvania. Ma cosa accadde realmente?

La diatriba su chi abbia inventato la radio è da decenni oggetto di dibattito pubblico, con un terzo personaggio che si immette tra Nikola Tesla e Thomas Edison, ovvero Guglielmo Marconi. Come ben sappiamo, lo studioso americano originario dell’Ohio nel corso della sua vita ha avanzato oltre mille brevetti, alcuni frutto della sua genialità come la lampadina a incandescenza, altri rielaborando teorie passate. Uno di quest’ultimi casi è rappresentato proprio dalla radio la cui paternità venne ufficialmente assegnata a Tesla nel 1947, quando a esprimersi in merito fu la Corte Suprema americana. Pertanto l’invenzione che fu del croato venne ripresa da Marconi che, a suo dire, migliorò la trasmissione e ricezione, facendo rimbalzare a sua insaputa le sue onde sulla ionosfera. Ma tutto questo conta poco o nulla per la Corte Suprema che considerò quanto svolto dall’italiano come una “copiatura” di una teoria già esistente. Infine, tra i due litiganti a spuntarla è stato Edison per cui, ancora oggi, ogni 29 dicembre se ne celebra la paternità.

La radio e la storia: dalla propaganda fascista, nazista e comunista allo studio sociologico

E se dicessimo a Edison, Tesla e Marconi che la radio è stato il mezzo di comunicazione più influente durante i totalitarismi di Mussolini, Hitler, Tito e Lenin? Probabilmente cambierebbero idea relativamente alla lotta su chi abbia o meno inventato questo mezzo di comunicazione. Ed è così che una delle tecnologie più innovative dello scorso secolo si trasforma in arma di persuasione delle masse, con i regimi autoritari più imponenti che plagiarono le popolazioni a loro piacimento con programmazioni mirate. Fu anche importante sul fronte, ma ancora prima di arrivare sul campo di battaglia smuoveva i sentimenti e gli umori della povera gente che allora veniva raggiunta tra le mura domestiche dall’ideologie più raccapriccianti della storia contemporanea.

Il basso costo di produzione faceva sì che quasi tutte le famiglie potessero permettersene una e questo portò ad alcuni fatti (radiofonici) storici studiati poi da sociologi, come Small e Lazarsfeld. Ad esempio, si ricorda quanto realizzato dalla diva della musica Kate Smith che, messa sotto contratto dallo Stato americano, attraverso i suoi programmi seguiti da milioni di ascoltatori, permise di raccogliere 40 milioni di dollari per finanziare la guerra, invitando inconsciamente gli ascoltatori a comprare i titoli di stato. Fu questo un altro fenomeno che nel corso della Seconda guerra mondiale ci riporta alla persuasione di massa, studiata ancora oggi dalla sociologia.

Radio, ieri e oggi: un mezzo che può ancora fare la differenza

Della differenza sostanziale tra ieri e oggi ne abbiamo parlato ampiamente all’inizio di questo articolo, sottolineando come il ritorno al “fare radio” stia segnando, in particolare, l’ultimo decennio. Questo fenomeno lo si deve attribuire soprattutto all’affermarsi del web, con qualunque persona che può aprire una sua web radio o dar vita a un determinato podcast. Questo permette, dunque, di svolgere una professione che ha bisogno di capacità e soprattutto competenze, per la quale esistono percorsi di studio specifici. Accentuando questo discorso possiamo, dunque, trarre una conclusione: la radio è passata dal mezzo del “Re” a mezzo del popolo, facendo parlare chiunque e dando voce a spaccati della società fino a pochi anni fa ignorati. È questo il risultato di un oggetto democratico che quest’oggi si trova, per liberalità, qualche gradino sopra la carta stampata?