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Croci bianche di “soldati noti solo a Dio”. Si cercano ancora i nomi e anche i corpi argentini all’arcipelago Falkland, dopo 39 anni

Due protagonisti di quella guerra sono ora candidati al Nobel per la Pace. Per la ricerca, determinante l’aiuto dell’ex Pink Floyd, Roger Waters

di Lorenza Cianci

39 anni fa, è un giorno di guerra nella conta dei 74 giorni di guerra all’arcipelago delle Falkland: 2 aprile – 14 giugno 1982. Cibo razionato, un soldato argentino conserva in tasca un biscotto, da giorni: troppo poco per dividerlo con i compagni e sfamarli tutti. Un pinguino si avvicina, ha fame anche lui. Dal partito del «facciamolo arrosto!», si passa presto a «la nostra mascotte!». La battezzano “Olenka”, e Olenka è amica presente in tutte quelle 1776 ore di conflitto contro gli inglesi. Quella mañana, l’alba del 14 giugno, la guerra è finita. Olenka, però, non c’è. Desapareció, è scomparsa. I sopravvissuti sconfitti salpano il mare da Puerto Argentino per far ritorno a Buenos Aires. In lontananza, sono convinti di vederla, Olenka, che li saluta. E si convincono: veglierà in eterno sui morti argentini, i sepolti e i dispersi delle Falkland; per gli argentini, les Malvinas. E sono 649, i giovani argentini che sono rimasti, quella mañana, sotto la veglia di Olenka sul suolo funestato.

A distanza di 39 anni, il quotidiano online più letto in Argentina, l’Infobae.com di Buenos Aires, comunica che il governo delle Falkland, in accordo con Argentina e Corona inglese, sta verificando se vi siano altri resti di caduti argentini non ancora identificati dopo la guerra dell’82. L’indagine ha preso avvio a seguito di una segnalazione che un vecchio veterano britannico avrebbe inviato alle autorità locali di Stanley, nel luglio dello scorso anno.

Questa nuova inchiesta fa parte di un programma di ricerca più ampio, il Piano di progetto umanitario, nato nel 2016 al fine di identificare, attraverso comparazione con il DNA dei familiari, i corpi di soldati argentini ancora non identificati.

Olenka o no, le vicende che hanno mosso i primi passi del Piano di Progetto umanitario, e che permetteranno anche questa nuova indagine, sembrano scandite davvero da uno spirito guida invincibile. La ricostruzione più completa dell’accaduto è stata fornita dalla giornalista Leila Guerriero al quotidiano spagnolo El Paìs. Ripercorrerla è così importante non solo perché è vicenda fuori dall’ordinario. Ma perché fa emergere, cristallino, quanto immane dolore rimanga stretto al corpo di una comunità, e per sempre, dopo una guerra.

Un capitano britannico costruisce el Cementario de Darwin

Nel 1982, Geoffrey Cardozo ha 32 anni e al petto porta una spilla incisa con il motto “quis separabit”, chi ci separerà. Ufficiale al grado di capitano, reggimento di cavalleria 4°/7° Royal Dragoon Guards, lavora nell’area logistica del Ministero della difesa britannica e, come scrive candidamente il New York Times «non ne sa niente della costruzione di cimiteri». Viene inviato alle Falkland con la missione di cercare corpi di soldati inglesi caduti, registrare il luogo del loro rinvenimento, documenti, piastrine, spille, i pezzi scheggiati di un’identità. Ma quando arriva alle Falkland, si rende conto che a terra, insieme ai suoi, giacciono anche morti argentini. Informa il governo britannico. E gli inglesi invitano l’Argentina a decidere sul da farsi. Tolta di mezzo l’ipotesi di un rimpatrio, gli argentini stabiliscono che quei morti sono caduti in patria perché le Malvinas sono, per loro, patria. 236 erano, a 123 di questi il capitano Cardozo non sa dare un nome. Nel cimitero, allestito nell’East Falklanda un paio di chilometri di Puerto Darwin, Cardozo scrive sulle croci bianche dei corpi non identificati “Soldado Argentino Solo Conocido Por Dios”, “Soldato argentino noto solo a Dio”. Mentre posiziona le croci senza nome pensa all’ultimo abbraccio di sua madre e in quel momento sente l’abbraccio di tutte le madri dei caduti argentini alle Malvinas. Scrive un rapporto, lo invia in patria, nero su bianco. Gli inglesi fanno rapporto alla Croce Rossa Internazionale che, subito, fa rapporto agli argentini. Cardozo è convinto che quelle madri riceveranno notifica di ciò che lui ha compiuto alle Malvinas. Il 19 febbraio 1983 El cementario de Darwin è pronto, e Cardozo torna a casa. Negli anni, poi, si specializza in PTSD, disturbo da stress post-traumatico. Conosce lo spagnolo a mena dito e, all’ormai grado di colonnello, è anche interprete.

Un giovane argentino è tornato a Mercedes dalla guerra delle Falkland

Quando Cardozo è un soldato di 32 anni, Julio Aro ne ha compiuti 19. Torna a Mercedes, la sua città natale, in provincia di Buenos Aires. È andato in guerra qualche mese dopo la leva obbligatoria, reggimento 6 Mercedes: a Puerto Argentino, nell’82, ci era arrivato su un aereo Lockheed C-130 Hercules dell’Argentina Air Force. Dopo 74 giorni di belligeranza, la gente di Buenos Aires si ammassa alle porte della lunga fiumana di autobus di ritorno, per incrociare gli occhi di un parente sano e salvo. Julio ha 19 anni ma è già un veterano. In famiglia, la guerra delle Falkland è memoria dannata: in Argentina, la guerra è persa, ma la dittatura è finita. El Paìs conferma, nella ricostruzione, che «venne ristabilita la democrazia e la guerra rimase nella memoria come l’agonizzante tentativo del regime militare di unire il popolo intorno a una causa epica». Juan Aro va avanti, studia Educazione Fisica, un matrimonio, due figlie: cerca di reagire al dolore. Si trasferisce a Mar de Plata. Nel frattempo, crea un’associazione che, come è scritto sul suo sito ufficiale, cerca «di tutelare e favorire il miglioramento della vita delle persone che soffrono di stress post-traumatico originato dall’esperienza di situazioni violente». 

Lincontro tra Geoffry Cardozo e Julio Aro

È il 2008. Sempre secondo la ricostruzione di El Paìs, Geoffrey Cardozo e Julio Aro sono seduti in un pub londinese come amici di vecchia data. Secondo la BBC inglese, invece, quel preciso incontro tra i due è avvenuto su un taxi a Londra. In ogni caso, Geoffrey Cardozo, in quella circostanza, mette nelle mani di Julio un foglio, gli chiede di portarlo con lui, in Argentina. Julio Aro si trovava a Londra con due ex militari delle Falkland per assistere ad alcune giornate sul tema “trauma post-guerra”. Non conosceva una sola parola d’inglese, né sapeva chi fosse Cardozo. Il destino volle che, per l’occasione, il suo interprete fosse proprio il colonnello del cimitero di Darwin. Julio racconta a Cardozo come fosse riuscito a tornare alle Malvinas solo molti anni dopo la guerra, proprio in quel 2008. Al posto delle tombe dei compagni, seppelliti con le sue stesse mani insieme ad altri commilitoni, però, non aveva trovato niente. Se non croci bianche, molte delle quali, anonime. E su molte croci, la scritta: Soldado Argentino Solo Conocido Por Dios. Dov’erano i suoi compagni deceduti? Non sapeva capacitarsi.

Julio Aro torna a casa con il foglio passatogli dal colonello, il suo interprete. Non sa bene cosa vogliano dire quell’insieme di righe in una lingua a lui ignota. A Mar de Plata, se lo fa tradurre: è il rapporto di un soldato 32enne, al grado di capitano, dal luogo della battaglia capitale di Goose Green alle Falkland, che ha appena seppellito 236 caduti argentini, identificati o da identificare, alla data di novembre 1983. Il rapporto Cardozo. Geoffrey Cardozo, l’interprete britannico affidatogli dal destino. Perché quel rapporto non era stato notificato alle famiglie argentine? Dove sono le madri di quei caduti? Perché nessuno, in Argentina, sapeva dell’esistenza del Cementerio argentino de Darwin?

Un giovane antropologo dellUniversità di Buenos Aires

Quando Julio Aro ha19 anni, Luis Fondebrider ne ha compiuto solo uno in più. È un giovane studente della facoltà di Lettere, Filosofia e Antropologia di Buenos Aires e figura già come membro fondatore dell’Equipo argentino de antropologia forense. Come dice lui stesso in un’intervista alla rivista Altreconomia, aveva deciso di fondare questa associazione con lo scopo di utilizzare «la scienza come uno strumento per rivendicare diritti e memoria». L’Argentina, infatti, stava uscendo dal momento più buio della sua storia nazionale: erano migliaia i desaparecidos della dittatura militare.

Una mattina come le altre di quel fatidico anno 2008, al suo ufficio, bussa un uomo di nome Julio Aro che gli chiede se sia possibile, dopo 26 anni, identificare i morti di un cimitero costruito alle Malvinas tramite comparazione del DNA dei resti sepolti con quello dei presunti parenti che cercavano un caro non più tornato dal conflitto alle Falkland. Identificare quei 123 nomi, anche a partire dalle indicazioni di un documento mai emerso prima: il rapporto Cardozo. Luis Fondebrider non ha dubbi che questo sia possibile, anzi, necessario. Bisogna cercare, ora, i parenti di tutti i soldati scomparsi.

Una giovane giornalista, inviata alle Falkland nell82

Quando Fondebrider ha 20 anni, Gabriela Cociffi è una giornalista 23enne. Sta coprendo proprio la zona del conflitto alle Falkland per la rivista di attualità Gente. Conosce ogni metro calpestato di quei luoghi. Ma la guerra finisce, la vita scorre: passano 26 anni.

È il 2008, il fatidico 2008. Le squilla il telefono: è un certo Juan Aro, che chiede aiuto per cercare le madri dei caduti di un cimitero sconosciuto alle Malvinas,non ancora identificati. Gli racconta del rapporto, di Cardozo, delle 123 croci. Lei può aiutarli? Gabriela accetta. Viaggia per l’Argentina insieme a Juan Aro. El Paìs riporta: «Il metodo era rustico, irrituale: arrivavano, chiedevano: -C’è una famiglia con un soldato caduto? -. Trovarono vecchi genitori che avevano ricostruito la morte dei loro figli come chi rimette insieme un vecchio pettegolezzo; o che speravano ancora che fossero ancora vivi, smemorati. Quasi tutti dicevano di voler sapere».

Ma gli ostacoli arrivano da due fronti: il primo, dalla Commissione dei parenti delle vittime, convinte che dietro il progetto di identificazione ci fosse un complotto del governo britannico per «svuotare il cimitero e rimuovere la presenza argentina dalle isole»; il secondo, dalla presidenza della repubblica argentina dell’epoca, di Cristina Fernández de Kirchner, «non interessato ad affrontare un argomento in cui si mescolavano una guerra dichiarata dalla dittatura».

The Post War Dream, il gesto di Roger Waters dei Pink Floyd.

Nel 2011, Roger Waters dei Pink Floyd sta preparando un concerto in Argentina. Al suo indirizzo di posta elettronica arriva il messaggio di una certa Gabriela Cociffi. Che gli chiede di aiutarla: bisogna dire al pubblico argentino che l’operazione d’identificazione dei soldati caduti alle Falkland non avrebbe predisposto alcun “complotto inglese” e che i morti sarebbero rimasti, da eroi, seppelliti alle Malvinas. In compenso, qualcuno avrebbe potuto piangerli degnamente. L’ex dei Pink Floyd, non ci pensa due volte: suo padre, Eric Fletcher Waters, non era più tornato, disperso in Italia, durante il secondo conflitto mondiale; alle Falkland, aveva dedicato un album, l’ultimo con i Pink Floyd, The final cut.

È così che nasce, nel 2016, il Piano di Progetto Umanitario.

The final cut, il taglio finale. L’ultimo capitolo di questa storia ci viene fornito dal sito dell’Università di Mar de la Plata: il Comitato Norvegese ha accettato la candidatura al premio Nobel per la pace 2021 di Juan Aro e Geoffrey Cardozo. La motivazione: «Il lavoro di entrambi è un tassello fondamentale per realizzare la fratellanza tra le nazioni e la promozione della pace tra i popoli». Ad essere candidato al prestigioso premio, anche l’Equipo forense di Luis Fondebrider.

È inutile, alla luce di questa storia, chiedersi se un riconoscimento, pur dovuto e legittimo, possa mai colmare quel dolore che si trascina lento, tra i brandelli di morte attaccati al corpo di un Paese e alla memoria di una comunità, dopo quelle 1776 ore di guerra, in un giorno dei 74 di 39 anni fa.

1. La curiosa storia del pinguino Olenka è apparsa tra i ricordi di una pagina social argentina dedicata all’argomento _malvinas.arg.1982_

2. Sulla notizia di presunti caduti in guerra non identificati, la notizia dal sito di Infobae.com

3. Della fondamentale ricostruzione di El Paìs, fatta dalla giornalista Leila Guerriero nell’ottobre 2020, è stata fornita anche una traduzione in italiano, per il giornale online La Repubblica, L’altra guerra delle Malvine, di Luis E. Moriones.

4. Si vedano le interviste ai protagonisti della vicenda: a Luis Fondebrider, su Altreconomia.it; a Gabriela Cociffi; a Geoffrey Cardozo, su Julio Aro