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Come si diventa adulti oggi?

Nel sud dellEtiopia con un rito di passaggio: il salto dei tori

di Maurizio Benedettini 

In ogni parte del mondo esiste un momento in cui da adolescenti diventiamo adulti o, perlomeno, veniamo considerati tali.

Il diploma? Il servizio di leva? L’ingresso nel mondo del lavoro? Prendere la patente di guida? Possedere uno smartphone ed essere presenti sui Social? Il dibattito è aperto.

In Africa spesso sono l’agilità, la forza, il coraggio i principali parametri su cui si basa questo passaggio.

L’Etiopia sta vivendo un momento molto complicato, si è passati nel giro di due anni dall’entusiasmo di avere un Presidente premiato con il Nobel per la pace, alla guerra civile che insanguina il nord del Paese.

Nel sud, lungo la valle dell’Omo, un territorio di grande bellezza, vivono molti gruppi etnici differenti tra loro per lingua, usi e costumi. Tra questi la tribù Hamar è nota per il “salto dei tori”, il rito di passaggio più importante che ogni adolescente maschio deve compiere per essere considerato un uomo. Si guadagnerà il rispetto della tribù, potrà portare un fucile, possedere animali, prendere moglie e avere figli.

Siamo in agosto dopo il raccolto e per Dayna è finalmente arrivato il momento.

L’anno scorso era toccato al fratello maggiore.

Nei giorni che precedono la cerimonia, il ragazzo ha donato a tutti coloro che parteciperanno alla festa, una specie di calendario, ovvero un filo d’erba secca annodato con un numero di nodi corrispondenti ai giorni che mancavano alla prova. Ogni invitato ha sciolto i nodi sino ad oggi, giorno della cerimonia.

Alcune donne iniziano a camminare in circolo, una dietro l’altra, alcune suonando trombette di metallo. Alle gambe portano dei campanelli che ad ogni passo risuonano, seguendo un ritmo ancestrale.

Del complesso rituale fa parte anche una pratica molto cruenta, in cui un gruppo di donne, parenti strette di Dayna, chiedono ai “Maza” in modo insistente e provocatorio, di essere frustate per dimostrare la loro devozione, il loro amore, la loro stoica sopportazione del dolore. I Maza sono uomini che hanno superato il salto dei tori, alcuni dei quali sono legati a Dayna da una profonda amicizia.

Mantengono per tutto il tempo un atteggiamento schivo e distaccato, facendosi pregare dalle donne che aspettano i colpi senza mostrare alcuna paura né alcuna sofferenza. Il rituale prosegue e i Maza cominciano a dipingersi a vicenda il volto e il corpo, usando soprattutto i colori ocra e bianco.

Nascosto alla vista da un capannello di uomini, lo zio spiega a Dayna cosa comporti diventare adulto. Il ragazzo sceglie ora i tori che vengono affiancati per il salto.

Rimasto completamente nudo ad eccezione di due corde incrociate sul petto, viene messo di fronte alla schiera dei tori e a un vitello, simbolo della sua infanzia.

Deve saltare sulla schiena dei bovini senza cadere e, per superare la prova, deve riuscire a compiere il percorso avanti e indietro almeno 4 volte.

Se il comportamento avuto nei confronti della famiglia non è sempre stato rispettoso, il percorso dovrà essere ripetuto più di 4 volte e diventare ulteriormente insidioso, per esempio essere eseguito dopo il tramonto o con le schiene dei tori cosparse di sterco e quindi molto scivolose.

Per sua fortuna Dayna è sempre stato un figlio devoto.

I nostri sguardi si incrociano, leggo in lui la tensione, ma non la paura. Se dovesse cadere una prima volta verrà incoraggiato e spronato dal padre e dallo zio. Se dovesse cadere una seconda volta verrà frustato, insultato e preso in giro. Se dovesse cadere una terza volta verrà bandito dalla tribù e scacciato dal villaggio.

Il sole sta tramontando. All’improvviso comincia la sua corsa, tutti sono con il fiato sospeso e lo incoraggiano.

Dayna scivola, ma non cade.

Completa la prova con successo. Ora è un uomo.

I crediti delle foto sono di Maurizio Benedettini