Il Cinema iraniano dopo la nascita del movimento “Donna – Vita – Libertà”. Intervista a Mahshid Zamani Bozorgnia di IIFMA

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Il Cinema iraniano dopo la nascita del movimento “Donna – Vita – Libertà”. Intervista a Mahshid Zamani Bozorgnia di IIFMA

Intervista a Mahshid Zamani Bozorgnia, membro di IIFMA – Iranian Independent Filmmakers Association

Nella Repubblica islamica dell’Iran dove qualsiasi forma di espressione viene silenziata con violenza, il cinema indipendente rappresenta una via per contrapporsi e reagire alla dittatura. Resistendo alle ideologie imposte dal regime, i registi indipendenti comunicano all’esterno un’immagine di Iran diverso, un’immagine che il governo vorrebbe, non solo, censurare ma anche eliminare definitivamente, esattamente come fa con i dissidenti e con chi vuole esprimere le proprie idee.

Nonostante le difficoltà, le minacce e i numerosi rischi a cui sono sottoposti i registi indipendenti iraniani (ovvero coloro che non sono finanziati dallo stato e non si sottomettono alla censura), continuano con coraggio a realizzare i loro film, dando voce e forma a quella parte di Iran che non può esprimersi.

Per comprendere meglio il mondo del cinema indipendente iraniano, per La Redazione ho intervistato Mahshid Zamani Bozorgnia, critica cinematografica con sede in California e membro di IIFMA – Iranian Independent Filmmakers Association, gruppo di registi indipendenti che dalla nascita di “Donna – Vita – Libertà” sostiene il movimento del cinema indipendente iraniano. Mahshid ha iniziato la sua carriera nel 1990 collaborando con importanti riviste cinematografiche iraniane. Ha contribuito alla realizzazione di diversi libri di cinema, tra cui “World Cinema Encyclopedia“, ed è stata commentatrice nella sezione persiana di VOA Radio e TV, BBC Radio, e in varie emittenti televisive e siti web. Come critica cinematografica specializzata in questioni femminili, il suo articolo di ricerca L’immagine della donna nel cinema iraniano è diventato un punto di riferimento per gli studenti che indagano su questo argomento. Attualmente Mahshid è impegnata in un innovativo progetto di ricerca che confronta il concetto di eroina di Maureen Murdock con le esperienze delle attrici iraniane dalla rivoluzione del 1979 alla rivolta “Donna – Vita -Libertà”.

Una sintesi delle ricerche di Mahshid è stata pubblicata sulla rivista web dell’International Independent Filmmakers Association (IIFMA).

Silvia Cegalin: Partiamo da IIFMA, cos’è, come nasce e quali sono gli obiettivi che vi ponete?

Mahshid Zamani Bozorgnia: IIFMA – Iranian Independent Filmmakers Association, è stata fondata nel novembre 2022 a sostegno del movimento “Donna – Vita – Libertà”. La rivolta è stata una risposta all’omicidio della ventiduenne Jina Mahsa Amini, avvenuta sotto la custodia della cosiddetta polizia morale. Lo scopo di IIFMA è infatti quello di supportare i registi che sostengono il movimento “Donna -Vita -Libertà”.

La missione e la visione di IIFMA possono essere riassunte nei seguenti punti:

– Denunciare la propaganda del regime iraniano

– Sfidare la censura in Iran e rivendicare la libertà di espressione artistica

– Essere la voce dei sostenitori del movimento “Donna -Vita – Libertà”.

– Sensibilizzare l’opinione pubblica sul movimento e chiedere azioni globali in solidarietà con il popolo iraniano

In che modo la rivoluzione del movimento “Donna – Vita – Libertà” passa attraverso il cinema indipendente?

Come gruppo di professionisti del cinema, comprendiamo il potere delle immagini, pertanto IIFMA sostiene con tutto il cuore i registi iraniani indipendenti che offrono ritratti autentici dell’Iran contemporaneo e delle significative trasformazioni avvenute dal settembre 2022. IIFMA si impegna ad amplificare le voci di quei registi che mettono in luce la lotta delle donne iraniane per il raggiungimento della parità di diritti costrette a vivere sotto un regime autocratico.

Le donne iraniane rivendicano un diritto fondamentale: la possibilità di scegliere cosa indossare, perché sanno che l’hijab è il principale strumento utilizzato dal regime per controllarle. In questo momento, mentre parliamo, molte donne stanno mettendo a rischio la propria incolumità uscendo per le strade in Iran senza l’hijab. Mentre il regime continua ad applicare le leggi sull’hijab, oltre il 50% delle donne, per sfida, ha smesso di coprirsi i capelli ed è pronta ad affrontarne le conseguenze.

Alla luce di questa resistenza, i film realizzati dopo il settembre 2022 che ritraggono donne in hijab in spazi privati mancano di credibilità. Prima della rivoluzione di Mahsa, un film con un’attrice in hijab poteva sembrare ridicolo, ma accettabile; dopo il 2022 questo ragionamento non vale più. Le donne, comprese le anziane e coloro che tradizionalmente sostengono l’hijab, sfidano quotidianamente il regime, rischiando la loro vita nella ricerca della libertà e dell’indipendenza. Il mondo del cinema ha il dovere sociale di sostenere queste donne nella loro lotta. Di conseguenza, qualsiasi rappresentazione della società iraniana sullo schermo dovrebbe riflettere questa realtà, in particolare sulla scena globale.

Oltre a sostenere i diritti delle donne e del popolo iraniano, IIFMA si oppone a ogni forma di censura e sostiene la libertà di espressione. Come associazione miriamo anche a denunciare la propaganda del regime islamico, compresi i suoi tentativi di infiltrarsi nelle piattaforme artistiche e cinematografiche internazionali.

Spiegami che cosa si intende per regista indipendente iraniano.

I registi iraniani indipendenti sono coloro che non solo rifiutano i finanziamenti governativi, ma realizzano anche i loro film senza compromettere la propria integrità di fronte alla censura e alle pressioni del regime.

È importante riconoscere il notevole potere comunicativo e persuasivo delle immagini. Pertanto, desidero sottolineare che i film che raffigurano un’immagine obsoleta e irrealistica dell’Iran, come quelli che mostrano donne in hijab o chador in assenza di estranei, non possono essere considerati film indipendenti. Queste immagini vengono spesso sfruttate dalla propaganda del regime per perpetuare la falsa narrazione secondo cui le donne iraniane accettano la legge obbligatoria sull’hijab. In realtà, la maggior parte delle donne iraniane si oppone a questa imposizione legislativa ordinata dal regime islamico.

I veri narratori del nostro tempo sono quei registi iraniani indipendenti che, senza sostegno finanziario, continuano a creare affrontando la costante minaccia di detenzione, persecuzione ed esilio.

Inoltre la recente vittoria del film A Simple Accident di Jafar Panahi ha ispirato un’immensa speranza tra i registi indipendenti impegnati nel cinema underground. Questa Palma d’Oro non è solo un prestigioso riconoscimento per il cinema iraniano; ma simboleggia anche il riconoscimento internazionale delle voci autentiche della scena cinematografica underground iraniana. Questo premio rappresenta un messaggio forte al regime, a conferma che la lotta dei registi indipendenti è al centro dell’attenzione della comunità internazionale.

Quali sono le difficoltà e i rischi a cui sono soggetti i registi indipendenti iraniani?

Una cosa va detta: l’arte e il cinema indipendente trovano molte difficoltà ovunque. In Iran però realizzare un film indipendente risulta più difficile e complesso che altrove. A tal proposito, tuttavia, è necessario fare un distinguo in quanto i registi iraniani che lavorano all’interno del Paese e quelli che realizzano un film all’estero, incontrano entrambi enormi ma diverse difficoltà e ostacoli.

Un regista indipendente che decide di girare un film in Iran oltre che non ricevere e accettare alcun finanziamento statale o da enti affiliati al regime, è costretto a lavorare in segreto. Qualora venisse scoperto il regista non solo sarebbe soggetto a una sanzione, ma lui e il suo staff rischierebbero il carcere e di conseguenza, conoscendo cosa avviene nelle carceri iraniane, sarebbero senza dubbio vittime di torture, violenze, aggressioni e molestie. Con la nascita della rivoluzione del movimento “Donna – Vita – Libertà” il regime della Repubblica islamica ha intensificato le pene per artisti e oppositori, per questo rispetto al passato un regista indipendente rischia conseguenze peggiori, deve perciò stare molto attento.

I registi che filmano fuori dall’Iran, sebbene non debbano preoccuparsi della censura, spesso hanno difficoltà a trovare investitori, perché è raro che un investitore sia interessato a finanziare un regista iraniano all’estero, poiché un regista iraniano che realizza un film fuori dall’Iran suscita meno interesse e curiosità di qualcuno che gira in Iran. Quindi i film realizzati all’estero hanno meno possibilità di essere selezionati dai festival cinematografici internazionali.

Tuttavia va ricordato che gli artisti che si trovano fuori dall’Iran e sono critici nei confronti del regime e del suo establishment sono monitorati e certamente noti al regime. Molti di questi registi sono infatti esiliati e non possono più tornare in Iran perché rischierebbero di essere imprigionati. La loro condizione non è quindi così semplice e facile come si potrebbe pensare. Va anche ricordato che, sebbene si trovino all’estero, sia gli artisti che i dissidenti sono comunque sotto il controllo degli uomini del regime e sono spesso sottoposti a intimidazioni. Voglio anche sottolineare che quando uso il termine “registi” invece di “registi cinematografici”, intendo direttori della fotografia, montatori, sound designer, attori,… che hanno difficoltà a trovare lavoro se cercano di rispettare la filosofia del movimento “Donna – Vita – Libertà”.

Considerato che il cinema iraniano agisce come contrasto alla propaganda di regime. Ti chiedo di spiegarmi meglio il concetto di propaganda nel cinema iraniano, ad esempio da cosa si riconosce?

Il cinema, esattamente come le altre forme artistiche, veicola direttamente o indirettamente dei messaggi. Nel cinema iraniano possiamo dire che le immagini rappresentano il punto cruciale. Ci tengo a ripetere dunque che un film girato dopo il 2022 che ritrae donne con lo hijab anche se non ha ricevuto finanziamenti pubblici sarà sicuramente sfruttato dalla propaganda di regime per comunicare al mondo un’idea di Iran religioso e fedele ai suoi principi e ideologie, svalutando così l’importantissima lotta del movimento “Donna – Vita – Libertà”.

Per questo mi chiedo perché i diritti delle donne dovrebbero essere compromessi dai registi uomini? Questo è un periodo storico in cui le ragazze e i ragazzi iraniani non scendono a compromessi con le loro libertà, per i loro ideali e diritti in molti hanno perso un occhio, la vita e i loro cari.

Ad esempio, in un comunicato stampa pubblicato il 25 aprile, noi di IIFMA abbiamo contestato la presenza di un film al Festival di Cannes autorizzato dal governo. Questa obiezione non è rivolta al regista o alla qualità artistica del film, che tra l’altro non era stato ancora visto al momento del comunicato stampa, ma al fatto che questo film non può essere considerato indipendente. Infatti, questo film ritrae una giovane donna a casa con i suoi figli con in testa lo hijab, un’immagine quasi ridicola e, a dire il vero, propagandistica.

Potrebbe sembrare ridondante, ma noi di IIFMA crediamo che dopo l’ascesa di “Donna – Vita – Libertà” sia impossibile rivendicare l’indipendenza artistica e allo stesso tempo “riconciliarsi” con le ideologie del regime per ottenere la licenza per girare un film.

Con il permesso del governo, forse un bel film si può anche fare, ma prodotti del genere non possono essere definiti indipendenti. L’ingresso di film con licenza governativa nei festival internazionali è stato per decenni uno stratagemma del governo per ripulirsi l’immagine, e oscurare la sua natura di dittatura religiosa e governo di apartheid di genere.

IIFMA riconosce pertanto il proprio dovere di sostenere i giovani registi che si sono rifiutati di scendere a compromessi e che non hanno “venduto” l’immagine dell’Iran per realizzare i loro film. Per noi, diritti e libertà non sono negoziabili. Una proiezione internazionale di un film autorizzato dal governo che si presenta con un tema di “protesta” può inviare un messaggio falso al mondo sulle condizioni di vita in Iran. La normalizzazione dell’arte e del cinema iraniano attraverso la pubblicazione di tali opere giunge in un momento in cui molte attrici e lavoratori dell’industria cinematografica sono stati privati del proprio lavoro e dei diritti civili a causa del loro sostegno alle proteste contro la discriminazione di genere.

Festival di Cannes 2025: come si è presentata quest’anno la vostra associazione al Cannes Film Market?

Questo è il terzo anno che IIFMA partecipa al Cannes Film Market. Ma quest’anno abbiamo fatto molto di più del solito e quindi la nostra presenza è stata più incisiva. Abbiamo organizzato diversi eventi significativi, tra cui un panel “Visual Defiance: How Independent ma invents its aesthetics aspects beyond borders” supportato da L’ACID. In questo convegno, di cui ero moderatrice, abbiamo invitato Sonia Ben Slama, regista franco-tunisina, e Sepideh Farsi, regista franco-iraniana, il cui film “Take  your soul on your hand and walk” era quest’anno in concorso a L’ACID.

Abbiamo inoltre avuto un ospite a sorpresa, Kaveh Farnam, produttore cinematografico iraniano. Tutti gli invitati hanno condiviso la loro esperienza come registi indipendenti, raccontando come i limiti a volte definiscano l’estetica dei loro film.

IIFMA si è presentata con: il documentario Survivors of the Death Committee di Nima Sarvestani e 4 cortometraggi: The Daughters of Old Shiraz di Asal Setayesh Mehr (35 min), The sunset of Green Snails di Mohamnad Hasani (9 min), Free feather di Mohammadail Hosseinali Pour (13 min) e Raha di Mohammad Mozafari (16 min). Questi 4 film sono stati proiettati il ​​20 maggio nello Short Film Corner e in un evento intitolato Four voices from the cinema of Iranian independent short films.

I 4 cortometraggi spaziano dal documentario alla finzione, fino alla sperimentazione. Ogni opera, realizzata in Iran o nella diaspora, incarna la resilienza e la determinazione dei registi iraniani che, nonostante le difficoltà finanziarie e la censura, cercano di far luce sulle questioni critiche della discriminazione di genere, della repressione e della continua lotta per la libertà in Iran. Presentando questa collezione, IIFMA si impegna a promuovere un dialogo significativo sugli elementi che stanno plasmando il cinema indipendente iraniano, sulla scia del movimento “Donna, Vita, Libertà”.

Mahshid raccontami un po’ di questi 4 cortometraggi

The Daughters of Old Shiraz di Marzieh Setayesh Mehr è un documentario incentrato su un gruppo di giovani donne che dopo aver scoperto che alti funzionari del paese avevano approvato la completa distruzione dell’area storica di Shiraz, hanno cercato di impedire, con l’aiuto del regista, la distruzione dedicandosi al restauro. Dopo molte lotte sono riuscite a ottenere la registrazione nazionale del centro storico, impedendo così la distruzione di questo importante patrimonio storico della città. In questa rassegna il film viene presentato come cortometraggio ma è in lavorazione anche una versione più lunga.

The sunset of Green Snails di Mohamnad Hasani è un corto sperimentale intriso di simbologie e metafore che in qualche modo rimandano alla cultura iranica cui protagonista è una donna che affronta le sue paure e il suo essere più profondo.

Free feather di Mohammadail Hosseinali Pour è un film di finzione dai forti aspetti simbolici. Una visione che invoca alla libertà e che descrive, sebbene attraverso metafore, la condizione alll’interno delle celle iraniane.

Raha di Mohammad Mozafari è un corto cui protagonista è Raha, una ragazza iraniana che rifiuta di confessare il falso dopo essere stata arrestata per aver aderito al movimento di protesta “Donna – Vita – Libertà”, la sua forza e il fatto di non piegarsi alle autorità del regime la renderanno vittima di una punizione inaspettata da parte dalle autorità della Repubblica Islamica. Questo film rappresenta la tragica e inumana condizione a cui la maggior parte, se non tutti e tutte, i detenuti sono costretti a subire. Il regime della Repubblica Islamica infatti attraverso minacce o violenza cerca di far confessare il falso ai prigionieri, facendogli ammettere reati di cui non hanno colpa.

Parlami ora del documentario Survivors of the Death Committee diretto da Nima Sarvestani

Il film Survivors of the Death Committee è un documentario diretto da Nima Sarvestani, ed è stato proiettato al Festival di Cannes il 15 Maggio.

particolare della locandina del film Survivors of the Death Committee

* particolare della locandina del film Survivors of the Death Committee

Nima Sarvestani è un documentarista iraniano residente in Svezia, il cui fratello è stato giustiziato negli anni ’80. E questo film, non a caso, si concentra sul processo di arresto e processo di Hamid Nouri, ex vice procuratore della magistratura della Repubblica islamica, reputato colpevole per crimini di guerra e omicidio in riferimento alle esecuzioni di massa del 1988 in cui migliaia di prigionieri politici vennero condannati a morte.

Il documentario analizza, da una parte, le circostanze dell’arresto di Hamid Nouri in Svezia e, dall’altra, le sfide per istituire un tribunale per il suo processo, presentando scene scioccanti dei suoi crimini attraverso le testimonianze di testimoni e sopravvissuti al massacro dell’estate del 1988.

Questo documentario è per noi un’opera importantissima perché mette in evidenza l’atteggiamento ipocrita della Svezia e dell’Europa nel caso di Hamid Nouri. La Svezia infatti dopo aver raccolto le prove delle azioni criminali compiute da Nouri e averlo condannato all’ergastolo, in seguito ad un accordo che prevedeva uno scambio di prigionieri, lo libera, consegnandolo alla Repubblica islamica il 15 Giugno 2024.

Ricordiamo che Hamid Nouri fu liberato dalla Svezia in cambio di Johan Floderus (giovane diplomatico svedese arrestato il 17 aprile 2022 all’aeroporto di Teheran e accusato di spionaggio) e di Saeed Azizi (cittadino con doppia cittadinanza condannato a cinque anni di carcere dal Tribunale rivoluzionario di Teheran con l’accusa di “assembramento e collusione contro la sicurezza nazionale”).

Cegalin: Questo, tuttavia, non è stato l’unico scambio tra prigionieri (o meglio tra terroristi appartenenti al regime teocratico e ostaggi detenuti senza prove dalla Repubblica Islamica) effettuato in Europa e in Occidente, perché purtroppo la strategia degli ostaggi attuata dall’Iran per ricattare gli Stati stranieri funziona. Basti pensare alla recente liberazione di Mohammad Abedini in cambio della giornalista italiana Cecilia Sala, detenuta senza prove a Evin. Anche questa volta, la politica degli ostaggi ha funzionato e funzionerà sempre finché gli Stati occidentali continueranno ad accettare questa forma di ricatto.

Foto di copertina pubblicata sotto gentile concessione di Mahshid Zamani Bozorgnia, Cannes Panel – Maggio 2025