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Elezioni politiche, chi sono i candidati più bravi?

Una teoria pratica per capire come si sviluppa, e come si vince, una campagna elettorale 

di Paolo Trapani 

Come funziona il meccanismo di formazione del consenso? Come si determina un risultato elettorale? Come si imposta al meglio la propaganda e la caccia al voto?

La tinozza elettorale 

Immaginate una tinozza, piena di liquido fino all’orlo, che resta sostanzialmente ferma fino a 30 giorni prima delle elezioni. Con l’inizio della campagna elettorale la tinozza inizia ad essere smossa (interesse dell’elettore per i vari candidati) e quindi inizia a cadere il liquido che essa contiene (i voti). All’inizio questo movimento è lento poi aumenta sempre più fino a rovesciare completamente il liquido (il culmine è il giorno delle elezioni). 

Nei 30 giorni della campagna elettorale, intorno alla tinozza, si accalcano i candidati, ognuno con il proprio recipiente (partito, lista, cartello elettorale): tra loro c’è chi ha un bicchiere, chi riesce a procurarsi un secchio, chi una bottiglia, chi piccoli contenitori. In base alla capacità di raccolta del liquido (i voti) che si riversa dalla tinozza i vari candidati otterranno più o meno consenso.  

Ma come fanno i candidati a procurarsi il contenitore migliore? E sopratutto come è fatto il liquido che riempie la tinozza fino all’orlo e viene rovesciato nei 30 giorni della campagna elettorale?

Le tipologie del consenso

Il liquido non è neutro, mescola 4 fluidi, che sono tutti incolore, ma hanno caratteristiche diverse. Queste caratteristiche segnano le principali matrici che inducono l’elettore a scegliere ed il candidato a intercettarne il consenso. Queste 4 matrici sono sostanzialmente le stesse da sempre. Un elettore infatti sceglie chi votare in base a 4 principi base.

  • Il voto ideologico, che oggi è molto meno diffuso di un tempo. In pratica la scelta è determinata da una matrice ideologica a cui l’elettore si ispira. E quindi per essere pratici: chi è  comunista voterà per un candidato e/o lista o partito che sostiene l’ideologia del comunismo; analogamente, all’opposto,  voterà per l’estrema destra chi si ispira ideologicamente al fascismo, ecc.
  • Il voto leaderistico-carismatico, che è quello che negli ultimi anni è divenuto sempre più preponderante e diffuso. L’elettore ha fiducia in un determinato leader, lo segue a prescindere dalle sue posizioni politiche. A lui e a nessun altro l’elettore affiderà il proprio voto, a prescindere dalla  collocazione politica del candidato (a destra, a sinistra, al centro).   
  • Il voto di opinione, che è quello che viene espresso dall’elettore attratto da una determinata battaglia ideale su un certo argomento (esempio: il riscaldamento globale, le riforme costituzionali, il reddito di cittadinanza, l’immigrazione, l’approvvigionamento energetico da nucleare o da fonti alternative, ecc). L’elettore sceglierà un partito, una lista o un candidato in funzione di una determinata battaglia/e che si propone di sostenere. 
  • Il voto di appartenenza (a volte sminuito alla definizione di consenso di clientela). È quello che viene espresso in funzione della vicinanza stretta tra elettore e candidato. È un voto più radicato nel meridione d’Italia dove a volte si è portati a scegliere chi votare a prescindere dal fatto che il candidato sia in lista con un determinato schieramento o con un altro. In concreto si sceglie il candidato tizio perché è un amico e può tornare utile dopo le elezioni. E perché lo si conosce bene e si ha fiducia in lui. 

Consenso e rappresentanza

In generale il voto è l’espressione di una esigenza di rappresentanza. Si vota colui o colei che si spera possa rappresentare al meglio istanze e aspettative del cittadino/elettore. E quindi: chi sono i partiti, gli schieramenti, i leader che ad oggi in Italia sono meglio collocati e con i rispettivi recipienti possono raccogliere il maggior consenso? 

È difficile dirlo ma si può fare qualche esempio pratico.

Giorgia Meloni viene indicata tra i favoriti di queste elezioni, sia dai politologi sia dai sondaggi. Perché? Non è difficile capirlo. Il suo contenitore elettorale, in questa fase, appare come capace di intercettare molto del liquido (i voti) che sta per rovesciarsi dalla tinozza. La Meloni ed il suo partito, Fdi, sembrano in grado di intercettare, per quota parte, quasi tutte le tipologie dei 4 fluidi che sono tra loro mescolati nel liquido della tinozza. Meloni è leader affermata, il suo partito ha un consenso con una matrice ideologica (gli eredi della Destra nazionale), sostiene battaglie di opinione (esempio: abolire il reddito di cittadinanza) e posizionerà, probabilmente, nei collegi candidati molto vicini ai cittadini (ad esempio i sindaci, i consiglieri regionali,  comunali, ecc.).

Un altro esempio concreto è il Movimento 5 stelle, nato con i vaffa-day di Beppe Grillo, apertamente schierato contro la vecchia casta della politica (tipica campagna di opinione su un tema specifico). Oggi, dagli analisti, il M5S viene visto in caduta libera. Come mai? Ha difficoltà a sostenere specifiche campagne di opinione, non ha alcuna matrice ideologica, ha subito molte scissioni interne, il consenso della leadership (Conte) è tutto da verificare. Infine non sembra capace, come partito, di esprimere candidati vicini ai territori o diretta espressione degli stessi (sindaci, consiglieri, ecc).  

Voto fluido

Naturalmente i voti effettivi sono tutti da conquistare. Ed il fatto che oggi sia sopratutto la matrice leaderistico/carismatica quella preponderante rende i voti molto fluidi.

Basta guardare le statistiche recenti: europee 2014 boom elettorale di Renzi, politiche 2018 exploit di Grillo e dei 5 Stelle, europee 2019 botto elettorale di Salvini. Oggi appaiono tutti assai appannati rispetto ai loro trionfi politici.