di Paolo Trapani
Come funziona il meccanismo di formazione del consenso? Come si determina un risultato elettorale? Come si imposta al meglio la propaganda e la caccia al voto?
Immaginate una tinozza, piena di liquido fino all’orlo, che resta sostanzialmente ferma fino a 30 giorni prima delle elezioni. Con l’inizio della campagna elettorale la tinozza inizia ad essere smossa (interesse dell’elettore per i vari candidati) e quindi inizia a cadere il liquido che essa contiene (i voti). All’inizio questo movimento è lento poi aumenta sempre più fino a rovesciare completamente il liquido (il culmine è il giorno delle elezioni).
Nei 30 giorni della campagna elettorale, intorno alla tinozza, si accalcano i candidati, ognuno con il proprio recipiente (partito, lista, cartello elettorale): tra loro c’è chi ha un bicchiere, chi riesce a procurarsi un secchio, chi una bottiglia, chi piccoli contenitori. In base alla capacità di raccolta del liquido (i voti) che si riversa dalla tinozza i vari candidati otterranno più o meno consenso.
Ma come fanno i candidati a procurarsi il contenitore migliore? E sopratutto come è fatto il liquido che riempie la tinozza fino all’orlo e viene rovesciato nei 30 giorni della campagna elettorale?
Il liquido non è neutro, mescola 4 fluidi, che sono tutti incolore, ma hanno caratteristiche diverse. Queste caratteristiche segnano le principali matrici che inducono l’elettore a scegliere ed il candidato a intercettarne il consenso. Queste 4 matrici sono sostanzialmente le stesse da sempre. Un elettore infatti sceglie chi votare in base a 4 principi base.
In generale il voto è l’espressione di una esigenza di rappresentanza. Si vota colui o colei che si spera possa rappresentare al meglio istanze e aspettative del cittadino/elettore. E quindi: chi sono i partiti, gli schieramenti, i leader che ad oggi in Italia sono meglio collocati e con i rispettivi recipienti possono raccogliere il maggior consenso?
È difficile dirlo ma si può fare qualche esempio pratico.
Giorgia Meloni viene indicata tra i favoriti di queste elezioni, sia dai politologi sia dai sondaggi. Perché? Non è difficile capirlo. Il suo contenitore elettorale, in questa fase, appare come capace di intercettare molto del liquido (i voti) che sta per rovesciarsi dalla tinozza. La Meloni ed il suo partito, Fdi, sembrano in grado di intercettare, per quota parte, quasi tutte le tipologie dei 4 fluidi che sono tra loro mescolati nel liquido della tinozza. Meloni è leader affermata, il suo partito ha un consenso con una matrice ideologica (gli eredi della Destra nazionale), sostiene battaglie di opinione (esempio: abolire il reddito di cittadinanza) e posizionerà, probabilmente, nei collegi candidati molto vicini ai cittadini (ad esempio i sindaci, i consiglieri regionali, comunali, ecc.).
Un altro esempio concreto è il Movimento 5 stelle, nato con i vaffa-day di Beppe Grillo, apertamente schierato contro la vecchia casta della politica (tipica campagna di opinione su un tema specifico). Oggi, dagli analisti, il M5S viene visto in caduta libera. Come mai? Ha difficoltà a sostenere specifiche campagne di opinione, non ha alcuna matrice ideologica, ha subito molte scissioni interne, il consenso della leadership (Conte) è tutto da verificare. Infine non sembra capace, come partito, di esprimere candidati vicini ai territori o diretta espressione degli stessi (sindaci, consiglieri, ecc).
Naturalmente i voti effettivi sono tutti da conquistare. Ed il fatto che oggi sia sopratutto la matrice leaderistico/carismatica quella preponderante rende i voti molto fluidi.
Basta guardare le statistiche recenti: europee 2014 boom elettorale di Renzi, politiche 2018 exploit di Grillo e dei 5 Stelle, europee 2019 botto elettorale di Salvini. Oggi appaiono tutti assai appannati rispetto ai loro trionfi politici.
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