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Il Libano scoppia, all’ombra del cedro tante macerie e coronavirus.La testimonianza del medico: “Mancano farmaci, soldi e infermieri”

di Roberta Caiano

“Sugli scaffali di tutte le farmacie del Libano manca ogni tipo di medicinale. A causa del coronavirus le terapie intensive sono piene, sempre più infermieri stanno lasciando il Paese e la situazione è sempre più seria e persistente, siamo al collasso”. Pierre Awwad è solo una delle tante voci che chiedono più diritti e dignità per il Libano, ma soprattutto una soluzione alla tremenda crisi in cui sta versando il Paese mediorientale. Specialista in medicina di famiglia, capo della commissione medica al Keserwan Medical Center e Clinical Associate, presso l’American University of Beirut medical center (AUBMC), il medico libanese si fa portavoce di una condizione sempre più insostenibile. Il Libano, infatti, si presenta senza soldi e senza futuro nella fotografia di un anno da dimenticare. Soltanto il 17 ottobre del 2019 c’è stata la fuga di notizie via chat della prima tassa che ha scatenato una rivolta e quattro mesi fa, il 4 agosto, un’esplosione potentissima nel porto di Beirut ha ridotto la città in macerie e detriti, fino ad arrivare a poche settImane fa a una seconda detonazione che ha piegato non solo il capoluogo libanese, ma l’intera nazione. 

La scia di rivolte che si sono susseguite, sfociate in un declino economico vertiginoso, causando l’impoverimento della popolazione e delle risorse in maniera sempre più esigua, non sono riuscite però a trasformarsi in una vera e propria rivoluzione smorzando così ogni possibilità di miglioramento. Al contrario, il peggioramento delle condizioni di vita non ha fatto altro che accelerare il processo di fuga di molti ragazzi che non vedono un futuro nella propria terra. A questo quadro già buio, è subentrata anche l’ondata pandemica del coronavirus, da cui il Libano non è di certo rimasto immune, andando così a colpire ancora di più un sistema sanitario ed economico stanco e debilitato.

LA TESTIMONIANZA DEL MEDICO  – “Ad oggi, un gran numero di infermieri sta lasciando il paese, provocando grandi difficoltà negli ospedali, dove inizia ad essere complicato mantenere un servizio di cure adeguato ed efficace come nel passato. I più giovani, non specializzati, stanno aiutando a far fronte a questi disagi, ma il problema c’è e preoccupa”. Così il dottor Pierre Awwad inquadra la condizione sanitaria in cui versano gli ospedali, i quali si trovano nella condizione di far fronte sia all’emergenza coronavirus che alla mancanza di medicinali e personale medico-sanitario. Tra i giovani libanesi in fuga, infatti, troviamo soprattutto molti infermieri che partono per l’estero. Per quanto ci sia un bisogno disperato dell’aiuto, “i giovani operatori sanitari riescono a trovare facilmente opportunità di lavoro in Europa o negli Stati Uniti, quindi è più facile che possano partire e sperare in un futuro migliore che non rimanere”.

Questo però non vale anche per il numero dei medici che, al contrario, ultimamente è aumentato sia per la proliferazione di Università di Medicina nel Paese che per il rientro in patria di molti medici libanesi che hanno completato gli studi all’estero. Come spiega il dottore, “la legislazione libanese non prevede un ‘numero chiuso’ per le iscrizioni all’Università e ciò ha portato a raggiungere un’altissima percentuale di laureati: si calcola almeno un medico ogni 75 persone a Beirut e un medico per ogni 400 persone nelle regioni più remote, anche se la maggior parte dei medici è concentrata nella capitale”. Per ora dunque la fuga dei medici non appare particolarmente minacciosa, anche se la situazione del coronavirus non aiuta a mantenere gli equilibri di una situazione già in bilico. 

“A causa della mancanza di posti in terapia intensiva negli ospedali, i medici sono molto attenti nell’avviare il trattamento nelle primissime fasi sintomatiche della malattia con cure farmacologiche a casa in isolamento”, specifica il dottor Awwad. “Solo in seguito i casi più gravi vengono trasferiti negli ospedali di competenza, ma i reparti di terapia intensiva e specializzati in Covid-19 sono sempre più pieni e i giorni a venire sono particolarmente critici”. Secondo gli ultimi dati raccolti dalla John Hopkins University, in Libano si contano 96.907 casi confermati e 749 deceduti per il nuovo coronavirus. L’emergenza Covid viene così ad accavallarsi ad una situazione di allarme sanitario e socio-economico che prevede una grave mancanza di medicinali e la conseguente difficoltà di reperimento. Per il medico di famiglia ”è così che le grandi compagnie, gli imprenditori e il sistema farmaceutico stanno acquistando enormi quantità di medicinali da rivendere all’estero a un prezzo cinque volte superiore al prezzo di vendita in Libano”, andando ad indebolire ancor di più le fasce più deboli della popolazione.

Come fanno dunque queste persone a curarsi? “I medici libanesi possiedono molto spesso un gran numero di campioni di medicinali nei loro studi, e possono chiedere alle aziende farmaceutiche di aiutare le persone più bisognose”, spiega il capo della commissione medica. Inoltre specifica che “la Croce rossa e le ONG operano sul territorio, coordinate dai medici” per dare supporto al popolo.

Infatti secondo i dati snocciolati dal medico specialista “Il 15% della popolazione libanese non può permettersi un’assicurazione sanitaria privata, mentre la gran parte è supportata da alcune istituzioni governative speciali che sostengono delle categorie come l’esercito libanese e la cassa della sicurezza sociale per i dipendenti pubblici”. Ma la stragrande maggioranza dei libanesi “confida nell’aiuto del Ministero della salute libanese o nella generosità delle persone più abbienti”, anche se ciò provoca delle situazioni fortemente umilianti tanto da spingere i medici a fare un appello all’unisono affinché venga dato più aiuto e sostegno al Libano e al suo popolo.

Quale potrebbe essere dunque una soluzione per ovviare a questo problema? “Una policy globale che possa essere in grado di aiutare a curare la popolazione su larga scala, usando le risorse del governo e le tasse. Ogni singolo cittadino libanese deve essere trattato nel modo migliore e non subire il costo di classe dirigente ultramiliardaria corrotta. Una tale soluzione potrebbe essere sostenuta”, conclude Awwad.