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22 Luglio 2025Il nuovo volto di New York, dopo sei mesi di Trump

A sei mesi dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, New York non è più la stessa. Non è solo una sensazione, un’impressione diffusa tra residenti e visitatori abituali: è una realtà che si percepisce camminando per le strade, osservando i volti, ascoltando i silenzi e guardando i dati. La città che non dorme mai sembra essersi assopita. O, peggio ancora, essersi chiusa in se stessa.
La Big Apple è sempre stata il simbolo della diversità, del fermento culturale, della libertà d’espressione. Un crocevia di stili, etnie, orientamenti, mode e idee. Ma oggi, la varietà sembra scomparsa. I quartieri più trendy, come Williamsburg, SoHo, Bushwick, nel Lower East Side, un tempo vivaci e colorati, sono diventati spazi quasi neutri, omogenei. Dove prima si notava ogni giorno una nuova galleria d’arte, un bar alternativo o un artista di strada, oggi domina la monotonia. La metropoli sembra aver messo la sua personalità in pausa.

Molti parlano apertamente di paura. Non tanto quella diretta, quanto una tensione latente, un senso di disagio che serpeggia nei luoghi che prima erano considerati sicuri e accoglienti. Anche nei locali LGBTQ+, l’atmosfera è cambiata radicalmente: controlli all’ingresso, perquisizioni, richiesta obbligatoria di documenti. Non solo misure di sicurezza ma segnali di un clima politico e sociale che ha smesso di tollerare la diversità e ha iniziato a monitorarla.
Il calo dei turisti italiani a New York
Anche i turisti, storicamente linfa vitale dell’economia cittadina, si sono ridotti drasticamente. Secondo i dati dell’NYC & Company, l’ente ufficiale del turismo newyorkese, nei primi sei mesi dell’anno gli arrivi internazionali sono calati del 23% rispetta allo stesso periodo dell’anno precedente. La diminuzione è ancora più marcata tra i turisti europei: -31%. Gli italiani, che tradizionalmente amano la Grande Mela, sono ormai una presenza rara. Le lori voci a Times Square, nel Village sono scomparse, e gli hotel segnalano una contrazione delle prenotazioni da parte dei viaggiatori provenienti dal BelPaese di oltre il 40%.

Questo crollo è visibile anche nei musei e nelle attrazioni: meno code, meno visitatori, meno energia. La città, che nel 2023 aveva accolto circa 62 milioni di visitatori, potrebbe chiudere il 2025 con poco più di 48, secondo alcune stime preliminari.
Ma non sono solo le persone a sparire. I newyorkesi giurano che ci sono in giro anche meno scoiattoli e sorprendentemente, anche meno ratti. Quello che per anni è stato uno dei problemi più discussi dell’amministrazione sembra improvvisamente attenuato. Il sindaco Eric Adams, che aveva speso milioni in iniziative anti-roditori e perfino convocato summit internazionali per trovare nuove strategie di contenimento, ha trovato una soluzione inattesa: l’avvento di Trump.
È come se la città, privata della sua vitalità, avesse smesso di attrarre anche la sua fauna più resistente. Un’anomalia che racconta molto su questo vuoto culturale, simbolico, emozionale.
Il cambiamento non è stato annunciato con grandi proclami.È avvenuto a piccoli passi, giorno dopo giorno, tra silenzi e strette di vite. Le nuove direttive federali hanno inciso sui finanziamenti alle politiche DEI (Diversity Equity, and inclusion), sulla gestione delle forze di polizia, sull’immigrazione, sulla sicurezza urbana. Ma l’effetto più devastante è quello invisibile: un clima di sorveglianza e diffidenza che ha contagiato ogni interazione, ogni relazione, ogni gesto.