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Vendola e Vannacci, due figure apparentemente agli antipodi che hanno in comune un palcoscenico di pacifismo e punte di comprensione per Putin, si preparano a sbarcare nel Consiglio regionale pugliese, candidati capilista in ben tre province ciascuno.
A volte la politica italiana, in questa fase di “non-guerra” ideologica, sa offrire commedie amare che farebbero impallidire i migliori sceneggiatori. Se non fosse che in ballo ci sono questioni di vita e di morte, si potrebbe persino ridere di gusto. E proprio in queste ore, mentre droni russi sorvolano i cieli della Polonia, mentre il dibattito sulla pace si fa sempre più surreale, ecco che dal pulpito pugliese si levano voci che, in un curioso gioco di specchi, sembrano stranamente simili.
Da una parte abbiamo Nichi Vendola, l’ex presidente della Puglia, alfiere di una sinistra radicale che si spinge fino a inventare divieti per la lingua russa in Ucraina, a confondere i termini russofobo e russofono, a parlare di atti provocatori della Nato, rispolverando le più consumate tesi con il copyright del regime del Cremlino, come se la propaganda non avesse un peso specifico nel giustificare l’aggressione.
Dall’altra, Roberto Vannacci, il generale prestato alla politica che, senza troppi giri di parole, dichiara di preferire Putin a Zelensky, un “comico” a suo dire, incapace di guidare una nazione senza l’aiuto esterno. Un leader, Putin, che avrebbe addirittura “migliorato le condizioni di un Paese” e favorito una esplosione di “benessere”, come se le purghe, l’autoritarismo e la soppressione della libertà fossero dettagli trascurabili.
Il paradosso è servito: l’ex governatore di sinistra e il generale di destra, due figure apparentemente agli antipodi, si ritrovano a condividere un palcoscenico di pacifismo che converge nella critica alla politica occidentale e nell’elevazione dell’aggressore a interlocutore privilegiato. Non è forse questa la cifra distintiva dei “pacifinti” che già un anno fa, dopo il viaggio di appeasement di Orbán a Mosca, si ritrovavano con la cruda risposta di Putin, che bombardava un ospedale pediatrico? O che dopo il giro in Cadillac offerto da Trump al Presidente russo in Alaska, si ritrovava a contemplare il secondo peggior bombardamento, dall’inizio dell’invasione, contro la capitale Kiev?
Una storia che, ciclicamente, torna d’attualità, dimostrando come la vanità, il conformismo dogmatico, la convenienza personale spesso superino lo spirito umanitario.
E la coincidenza non finisce qui.
Entrambi, infatti, si preparano a sbarcare in pompa magna nel Consiglio regionale pugliese, candidati capilista in ben tre province ciascuno. È il fattore-V tutto pugliese. Per l’ex Generale, nelle ultime ore, si fanno largo voci addirittura di una sua corsa in solitaria come candidato Presidente, per smuovere le acque nel pantano del centrodestra ancora fermo ai blocchi di partenza, ormai a meno di due mesi dalle elezioni.
Una “solitudine dei numeri… secondi” che però non è così solitaria, perché le loro tesi, spesso al limite dell’informazione corretta, trovano una eco rassicurante nei vertici dei rispettivi movimenti, che magari per ragioni di opportunità non possono esporsi con la stessa sfacciataggine. Del resto, la retorica populista, sia essa di destra o di sinistra, ha un terreno fertile quando si tratta di semplificare realtà complesse, demonizzare il sistema e abbracciare narrazioni che rimettono in discussione la solidarietà delle democrazie.
Non è un caso che simili posizioni trovino terreno fertile anche in altri esponenti della politica, della cultura e dei talk show. Penso a chi, con una disinvoltura disarmante, continua a riproporre la narrazione del colpo di stato nazista di Euromaidan nel 2014, ignorando che quella piazza era un grido di indipendenza e di europeismo, non certo un covo di estremisti. Una malafede spacciata per pacifismo che non fa altro che il gioco dell’aggressore, consacrando il privilegio della minaccia del più forte e ribaltando il valore della resistenza.
La vera domanda, dunque, non è tanto se Vendola e Vannacci abbiano ragioni simili, ma quanto questa convergenza di pacifismo populista, intriso di semplificazioni e talvolta di disinformazione, possa nuocere alla qualità del dibattito politico e della democrazia stessa. Perché se si può salire un palco a raccontare bugie, senza essere smentiti e ricevere addirittura applausi, di questo stiamo parlando. E intanto, mentre in Puglia ci si appresta a contare i voti per i “numeri secondi”, in Ucraina si continuano a contare i morti.