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14 Luglio 2025Ruanda e Congo, l’accordo di pace e…minerali rari
Gli USA promuovono la cooperazione tra i due Paesi, con una pace dal sapore di coltan (niobio e tantalio), i minerali per i chip di nuovissima generazione.
In un periodo caotico di instabilità, minacce e tensioni, come quello che stiamo vivendo, può capitare che a siglare un accordo di pace siano due Paesi non in guerra fra loro.
Almeno ufficialmente.
È quanto accaduto fra Repubblica Democratica del Congo e Ruanda, due Paesi nel cuore dell’Africa, i cui delegati sono volati sino a Washington per stringersi la mano, con la benedizione di Marco Rubio, pupillo del Presidente Trump. Non ci ha messo molto, infatti, il Presidente americano a definire questo accordo «meraviglioso».
Il gruppo M23
L’accordo segna un punto di svolta nei rapporti fra queste due capitali africane, in conflitto da decenni, sebbene ufficialmente non in guerra fra loro. Perché i veri protagonisti di queste ostilità sono i paramilitari del gruppo M23, che combatte contro l’esercito regolare congolese. Il problema è che il Ruanda è accusato di sostenere il gruppo M23, con propri soldati, aiuti finanziari e addestramento.
C’è poi un problema ancora più grande: il gruppo M23 non ha partecipato ai negoziati che hanno partorito l’accordo “meraviglioso”. E, stando alle prime dichiarazioni, non intendono rispettarlo. I rappresentanti dell’M23 hanno intrattenuto dei colloqui paralleli con i diplomatici del Qatar. Il loro disarmo e integrazione nell’esercito regolare sono fra i punti nevralgici dell’accordo, oltre al ritiro dai territori occupati.
Negli ultimi anni, la milizia ha lanciato una offensiva nella regione congolese del Kivu e dopo essersi garantita il controllo di piccole porzioni di territorio, a Gennaio di quest’anno ha occupato la città di Goma, il centro urbano più importante del Congo orientale, per poi entrare anche a Bukavu, capoluogo del Sud Kivu. Una avanzata, secondo le Nazioni Unite, avvenuta con il sostegno di migliaia di truppe ruandesi.
Le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda, un altro gruppo paramilitare
Gli accordi di Washington chiamano in causa anche un altro gruppo paramilitare, ovvero le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda, nate sulle macerie del genocidio di metà anni Novanta, col tempo integrato in parte all’interno delle forze armate congolesi. Il regime ruandese del Presidente Kagame le considera una minaccia esistenziale ne ha chiesto la neutralizzazione.
Repubblica Democratica del Congo e Ruanda si sono impegnati a rispettare la reciproca integrità territoriale, cessare qualsiasi forma di sostegno a gruppi armati non statali, facilitandone lo smantellamento, agevolare il ritorno dei rifugiati.
Non abbastanza per Amnesty International che denuncia come nel testo non vi sia alcun riferimento ai crimini commessi sul terreno dalle parti in causa, né a come affrontarle giuridicamente in seguito al cessate al fuoco.
La Corte di Arusha, istituzione multilaterale dell’Unione Africana, si è dichiarata competente a esaminare le denunce di violazioni dei diritti umani presentate dai congolesi contro il Ruanda. Deportazioni di civili congolesi e rifugiati ruandesi in Ruanda, esecuzioni extragiudiziali, anche di minori, violenze di genere, arresti arbitrari e torture. Massacri di massa contri minoranze religiose come quelle ai danni dei cristiani. Stupri etnici.Crimini le cui vittime potrebbero non trovare mai giustizia, legittimando una garanzia di impunità destinata ad alimentare il vortice della violenza e dell’orrore. Ad accecare la via della giustizia è forse stato lo scintillio dei minerali, il vero pezzo forte dell’accordo, quello che ha ricevuto più attenzione a livello mediatico.

L’accordo stabilisce infatti l’istituzione di una cooperazione, alla quale parteciperanno il Governo e investitori privati statunitensi, focalizzata sui minerali critici, di cui il sottosuolo congolese è ricchissimo. Le risorse minerarie sono concentrate soprattutto nelle regioni controllate dall’M23. Il Ruanda è accusato di sfruttarle illegalmente, importandole fra i propri confini per poi esportarle in tutto il mondo.

Nel cuore dell’accordo il coltan (niobio e tantalio)
La principale fra queste miniere è quella di coltan vicino alla città di Rubaya. Il coltan è una terra da cui si estraggono, il niobio e il tantalio, due metalli rari dagli utilizzi più variegati. Il niobio aiuta a migliorare la resistenza di acciai e superleghe, il tantalio è essenziale nella produzione di condensatori elettronici e dispositivi medici. Con questa mossa gli Stati Uniti cercano di riguadagnare posizioni nella corsa al controllo degli elementi critici per la transizione energetica. Una corsa che li vede in svantaggio, a rincorrere la Cina che proprio nel cuore del continente africano gode di molte concessioni minerarie e ha in mano la stragrande maggioranza della produzione di rame e cobalto. Affrancata da vincoli morali e divieti ambientalisti tipici dell’Occidente, Pechino si è insediata nelle regioni del mondo, coi giacimenti più ricchi, garantendosi un monopolio vero e proprio. Su questo monopolio la Cina si fa forza, come si è visto di recente nelle trattative sui dazi di Ginevra quando ha minacciato di interrompere le forniture all’America e ai suoi alleati di minerali strategici e terre rare. Un trattato di pace fra due Paesi africani ufficialmente non in guerra, che chiude un occhio su crimini contro l’umanità, potrebbe insomma aiutare Trump a limitare la pericolosa dipendenza dalla Cina e ad avvicinarlo al suo sogno non troppo celato: il Premio Nobel, che ormai non è più un tabù.






