
Lucca Comics & Games 2025
2 Novembre 2025
Venezuela e America: USA alle porte di Caracas, prove di Guerra Fredda
5 Novembre 2025Perché è il centro e non la sinistra l’argine al populismo
Quello spigolo di Nord-Europa piatto e razionale, strappato al mare con dighe e mulini a vento sembra un universo inconciliabile con il fuoco sotterraneo delle Ande, dove il cielo si specchia nel maestoso e incostante Lago Titicaca boliviano.
Eppure, se si potesse tracciare una rotta ideale che unisca il rigore dei canali fioriti di tulipani alla maestosità delle vette minerarie, si scoprirebbe che il vento politico soffia oggi nella stessa direzione. È un paradosso amaro che marchia l’epoca delle democrazie occidentali: l’onda del populismo nazionalista avanza, sferzando le coste della politica globale e lo scontato baluardo della Sinistra rimane invece impantanato, confinato in una ridotta ideologica. L’argine capace di catalizzare le attenzioni degli elettorati sembra così sempre più un altro: il Centro liberale e riformista.
Questa dinamica non è un’anomalia, ma la cifra della politica contemporanea, un fenomeno che si osserva dai Paesi Bassi all’America Latina e che dimostra l’acquisita vocazione minoritaria di una Sinistra auto-confinata nella sua irrilevanza.
L’Olanda del pragmatismo
L’ultimo, bruciante capitolo di questa egemonia silenziosa si è consumato nei Paesi Bassi. L’ex Commissario europeo FransTimmermans, leader di una coalizione composita di Sinistra e Verdi, non è riuscito a proporsi come diga credibile contro i sovranisti di Geert Wilders. L’elettore moderato, spaventato dall’estremismo ma non convinto dal massimalismo ecologista e identitario del blocco di Timmermans, ha optato per le forze percepite come bastione della serietà istituzionale e della funzionalità di governo: il Centro-Destra liberale (VVD) e le formazioni riformiste (NSC).
È stata una scelta di stabilità atlantista ed europea contro l’irresponsabilità, un voto che ha scavalcato a sinistra l’argine ideologico e ha abbracciato la bandiera del pragmatismo non negoziabile.
Lo stesso principio governa i lazzaretti politici del Sudamerica.
La Bolivia di Paz
In Bolivia, quando la Sinistra radicale erede di Evo Morales è precipitata in una crisi di caducità istituzionale e corruzione, alimentata da faide interne e da una gestione economica fallimentare, l’alternativa preferita dagli elettori alle ultime Presidenziali è stata quella del Cristiano Democratico Rodrigo Paz, che ha superato al ballottaggio il candidato di destra, sostenuto dal mondo Maga, Jorge Quiroga.
Una svolta epocale che ha segnato nel Paese la fine di un ventennio socialista, bocciato sonoramente dai cittadini, i quali tuttavia non si sono lasciati ammaliare dalle retoriche della destra sovranista.
Questo slittamento del voto non è un fatto casuale o isolato, ma una tendenza che ha trovato la sua apoteosi nell’Europa orientale.
La Polonia di Tusk
La Polonia ne è l’esempio più scintillante e inequivocabile: chi ha sconfitto l’autoritarismo populista di PiS non è stata una Sinistra rinvigorita, ma la Coalizione Civica di Donald Tusk, una formazione saldamente atlantista ed europeista, che ha mobilitato l’elettorato non con promesse di rivoluzione sociale o di radicalismo, ma in nome del ripristino dello stato di diritto e della stabilità istituzionale.
La Moldavia di Sandu
La tenuta in Moldavia di Maia Sandu, liberale e filo-occidentale, contro l’influenza russa, in un contesto di frontiera geopolitica ad altissimo rischio, dimostra che la battaglia si gioca sulla chiarezza strategica.
Il voto, in questi contesti, è un voto di sopravvivenza pragmatica, non ideologica.
La Germania della destra liberale
Analogamente, in Germania, la crescita dei partiti di Centro-Destra (CDU/CSU) e la tenuta della Destra liberale (FDP) contro l’avanzata di Alternative für Deutschland trova la sua chiave di lettura nella ricerca di un porto sicuro contro i radicalismi, tanto a destra quanto i massimalismi ecologisti percepiti come penalizzanti dall’elettorato industriale e lavoratore, bocciando quindi la frattura ideologica proposta dagli estremi.
Questa dinamica non si limita all’Europa, ma riflette una ricerca globale contro la malattia autoritaria e l’incuria istituzionale. L’ultimo successo dell’opposizione indiana a Narendra Modi, ad esempio, non è stata quella della Sinistra, ma una alleanza tattica ancorata saldamente al Centro-Liberale, che ha attratto le forze anti-nazionaliste.
In questo scenario, la Destra si è fatta furba: come recentemente osservato il Direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa, ha abbracciato l’immaginario, presentandosi contemporaneamente come virus e vaccino. Crea la paura e si propone subito dopo come l’unica forza capace di amministrare il problema con spregiudicatezza realistica.
Questo gioco di prestigio ha successo perché la Sinistra si ritira volontariamente in una vocazione minoritaria dettata da un fatale errore strategico che ne spegne la credibilità di alternativa. Cedere le battaglie sui pilastri del pensiero liberale, come il garantismo, la separazione dei poteri, la sicurezza, equivale a regalare al Centro-Destra l’immagine di unica forza riformatrice. La tendenza, poi, a far proprie parole d’ordine e battaglie, per ciascun tema, di specifici gruppi sindacali, organizzazioni non governative, giornali e portatori di interesse, tradisce la ormai palese incapacità della Sinistra di proporre una agenda politica autonoma, riducendola così soltanto a un controcanto autoreferenziale.
Il dibattito sui conflitti internazionali espone poi la sua fragilità.
Questa sinistra percepita come slegata di fronte alla realtà materiale della storia, si pone in una condizione di isolazionismo selettivo in cui le minacce alla sicurezza vengono eluse con una retorica conformista e dogmatica, mentre persistono appelli alla solidarietà internazionale su questioni sociali e ambientali. Ed è stimolando sentimenti isolazionisti, che la sinistra populista coltiva un terreno emotivo in cui fiorisce la destra.
Il valore della resistenza, su cui si fondano le democrazie viene definitivamente ribaltato, in nome di slogan astratti che permettono di sentirsi giusti senza impegnarsi nella responsabilità di governare i processi.
Rinchiudendosi in una ridotta in cui si parla solo ai propri gruppi ideologici, spesso concentrandosi su temi di pura identità o di nicchia, la Sinistra smette di intercettare le ansie fondamentali della maggioranza, abbandonando la società a favore della propria purezza ideologica e della propria auto-indulgenza.
Sino ad allora resterà intrappolata nella sua irrilevanza.
Il vero campo di battaglia non è più tra Destra e Sinistra, ma tra populismo e responsabilità.
E la responsabilità, gli elettori sembrano averla rintracciata nel Centro liberale e riformista.






