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5 Novembre 2025
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Zohran Mamdani, il nuovo volto di New York


Il socialista di origini ugandesi conquista la città

“Lasciamo che le parole che abbiamo pronunciato e i sogni che abbiamo condiviso diventino l’agenda che realizzeremo insieme. New York, questo potere è tuo. La città ti appartiene”. Il primo discorso di Zohran Mamdani è già virale: la sua vittoria segna l’inizio di un nuovo capitolo di storia.

Il deputato statale democratico-socialista sarà il 111° sindaco della Big Apple, al termine di una campagna elettorale combattuta e seguita con crescente attenzione, grazie alla sua visione di una metropoli più equa e sostenibile, Mamdani ha battuto sia il repubblicano Curtis Sliwa, sia l’ex governatore Andrew Cuomo, che aveva scelto di correre da indipendente dopo la sconfitta nelle primarie democratiche.

A 34 anni, il politico diventa non solo uno dei sindaci più giovani della storia di New York,secondo solo a Hugh J. Grant, eletto a 31 anni nel 1889, ma anche il primo sindaco musulmano dei cinque distretti. La sua elezione non è solo un cambio di leadership: è un segnale forte. In un’America attraversata da tensioni economiche e sociali, l’esponente del Queens ha catalizzato il malcontento per l’alto costo della vita, trasformandolo in una piattaforma di rinnovamento progressista. Al centro del suo programma: spiccano il bloccodegli affitti nelle abitazioni a canone stabilizzato, la costruzione di 200.000 unità abitative a prezzi accessibili, “la città deve appartenere a chi la vive, non solo a chi può permettersela” sostiene.

Il neo eletto propone anche l’aumento delle tasse del 2% per i redditi più alti per finanziare nuovi servizi pubblici, tra cui autobus gratuiti e negozi alimentari gestiti dalla comunità.

Nato in Uganda, è arrivato nella metropoli all’età di sette anni. Dopo gli studi al prestigioso Bronx High School of Science, ha frequentato il Bowdoin College e nel 2018 è diventato cittadino americano. I suoi genitori sono figure di rilievo nel mondo accademico e culturale: il politologo Mahmood Mamdani e la regista Mira Nair, autrice di film come Monsoon Wedding. Adesso vive nel Queens con la moglie, l’artista Rama Duawaji, e rappresenta dal 2021 l’area di Astoria nell’Assemblea dello Stato di New York.

La candidatura del deputato aveva entusiasmato l’ala sinistra del Partito Democratico. A sostenerlo, figure di primo piano come il senatore Bernie Sanders e la deputata Alexandria Ocasio-Cortez, oltre al leader della minoranza alla Camera Hakeem Jeffries e alla governatrice Kathy Hochul.

Tuttavia, non sono mancate le polemiche. Durante la campagna elettorale, aveva condannato gli attacchi del 7 ottobre contro Israele, ma al tempo stesso aveva criticato duramente la reazione di Tel Aviv, definendo la guerra a Gaza “un genocidio”. In seguito aveva chiarito di voler sostenere il diritto di Israele a esistere, ma non come “uno Stato fondato su una gerarchia religiosa o etnica”.

Queste posizioni gli erano valse accuse di estremismo, che il neo-sindaco ha sempre respinto con fermezza: “Non ho mai sostenuto la jihad o altre forme di estremismo”, ha sottolineato, aggiungendo che parte delle contestazioni derivavano da pregiudizi legati alle sue origini e alla sua fede.

Mamdani ha dovuto anche difendersi da critiche per alcune esternazioni passate sulla NYPD. Nel 2020 aveva definito il dipartimento “razzista” e una “minaccia alla sicurezza pubblica”. Negli ultimi mesi, però, aveva scelto un tono più conciliatore, facendo pubblica ammenda: “Mi scuso con gli agenti di polizia. Riconosco il loro sacrificio e il lavoro che svolgono ogni giorno per la sicurezza della città”.

Ha inoltre chiarito di non voler tagliare i fondi al corpo, ma solo di voler riformarne l’impiego, concentrando le risorse sui reati gravi, sull’emergenza senzatetto e sulla salute mentale.

La su vittoria segna una svolta simbolica e politica per la città che non dorme mai. La sua storia personale, da bambino immigrato a sindaco di New York, incarna il sogno americano in una nuova chiave: più inclusiva, più progressista e più consapevole delle disuguaglianze.