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21 Giugno 2025Africa, tra bande libiche e il debito barattato con minerali e caffè

Il caos in Libia, il corridoio di Lobito e i nuovi piani per la terra d’Africa, nell’analisi di Baldari. Il tutto muovendosi ai confini con il neocolonialismo.
Non solo l’inasprirsi delle ostilità fra Israele e Iran, con l’eventualità di un impegno diretto degli Stati Uniti, che interrogherà il Governo italiano sull’opportunità di concedere o meno le proprie basi al principale Alleato. A preoccupare Giorgia Meloni ci sono le statistiche degli sbarchi di immigrati irregolari, in costante aumento nell’ultimo periodo.
Immigrati, dati in aumento
Un dato che rischia di minare la narrazione che Ella stessa ha fatto in patria e nei consessi internazionali, presentando il contenimento degli arrivi di migranti come fiore all’occhiello delle sue politiche, tanto da esser considerata quasi un modello da prendere ad esempio per questo aspetto. E, per fare il punto della situazione, Giorgia Meloni, al termine del Consiglio dei Ministri di Venerdì, ha riunito in un vertice ristretto i due vicepremier, i Ministri degli Interni e della Difesa, insieme ai capi dell’intelligence. Non un vero e proprio allarme ma un monitoraggio attento da parte del Governo. Da Giugno dello scorso anno gli sbarchi sono aumentati di quasi il 18%, seppur attestandosi al di sotto dei numeri registrati nel 2023. Al centro delle analisi la situazione in Libia, da lì giungono la maggior parte delle partenze.
Le partenze dalla Libia
Già nelle ore precedenti al vertice, il Ministro Piantedosi aveva detto: «Questa è una fase in cui registriamo un momento d’instabilità, di precarietà, di preoccupazione. C’è una recrudescenza delle conflittualità tra tribù in Libia a fronte delle quali abbiamo registrato una leggera ripartenza di traffici di migranti». Nei fatti il Paese è sull’orlo della guerra civile. La Tripolitania è teatro di scontri tra bande e non esiste un autorità in grado di assolvere agli impegni internazionali.
Fra questi, il memorandum con la Libia firmato nel 2017 da Marco Minniti durante il Governo Gentiloni. Aveva riempito le carceri libiche e permesso di riportare su quelle coste 85mila migranti. Un memorandum su cui anche il Governo Meloni fa affidamento, ma che proprio il giorno precedente al vertice straordinario, ovvero Giovedì 19 Giugno, in occasione della Giornata del rifugiato, una costellazione di associazioni e sigle avevano chiesto di non rinnovare. L’idea del Governo italiano è chiara, da tempo: la via d’uscita passa per un intervento dei Paesi africani di partenza e di transito: devono essere loro a bloccare i migranti prima che arrivino in Libia. E qui entra il gioco il Piano Mattei.
Il Piano Mattei
L’altro piatto forte della giornata di Venerdì 20 Giugno.
A Villa Pamphili, Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen hanno ospitato il Presidente della Commissione dell’Unione Africana Ali Youssuf e i rappresentanti di alcuni dei 14 Paesi africani che partecipano al Piano. La Numero Uno della Commissione Europea lo ha descritto un: «Esempio perfetto di come diamo forma insieme al Global Gateway, cioè il piano di investimenti misti pubblici e privati, dell’Unione europea da 300 miliardi, metà dei quali per l’Africa».
Il Global Gateway
Giorgia Meloni si è concentrata su come questo passo rappresentasse l’internazionalizzazione del Piano, ricalcando la volontà di instaurare una cooperazione fra pari, basata su una condivisione delle priorità. Il summit partorisce la sottoscrizione di diversi accordi del valore di 1,2 miliardi di euro per progetti concreti sul continente africano.
Il Corridoio di Lobito
Infrastrutture come il Corridoio di Lobito, interconnessioni digitali e aiuti alle industrie del caffè. Giorgia Meloni alza poi la posta in gioco, con un obiettivo ambizioso e lo fa citando direttamente Papa Francesco, ovvero la questione del debito delle nazione africane. «L’obiettivo è convertire nei prossimi 10 anni l’intero ammontare per le nazioni meno sviluppate e di abbattere del 50% quello delle altre. Ciò permetterà di convertire in progetti di sviluppo circa 235 milioni di euro di debito». Le cifre non rendono l’idea, trattandosi in realtà di una minima parte del debito totale che supera il trilione di dollari e che intrappola gran parte dei Paesi di quel continente in vincoli neo-coloniali come quelli con la Cina, che qui esercita una influenza dilagante.
C’è tuttavia una strategia europea ed italiana in particolare nel ripensare lo sviluppo e la narrazione sull’Africa. Serve certamente all’Africa, serve moltissimo anche all’Europa in funzione anti-migranti.