Bulgaria, che cosa succede
18 Dicembre 2025
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Bologna, la fame di case

Bologna- Ricorda sempre più le “Città invisibili” di Italo Calvino, alternate a città ben visibili, come la “città dei taglieri a tutte le ore” o la città delle proteste dei gruppi più antigonisti o protagonisti che antagonisti.

La sfida è avvincente: osservare le stratificazioni granitiche, però insinuate dalle infiltrazioni. Da una parte, ci sono le città nella città sempre più cristallizzate, le cui metafore sembrano quelle dolomie paracadutate, forse un po’ per caso, in questi giorni in piazza Maggiore.

La città dell’Università

Per storia e non solo, la prima menzione va alla città universitaria, 70 mila studenti e l’Istituzione Università che, con i suoi mille e passa anni di storia e il suo miliardo abbondante di bilancio annuo, convive e compete con la città Comune (bilancio 1,4 miliardi).

D’altra parte, c’è da prima del Comune e con norme e tribunali a parte, una sorta di zona franca storicamente, autonoma, come volle il Barbarossa[1] che le diede la possibilità di avere leggi proprie. La città dotta e grassa di allora ebbe un’intuizione, se vogliamo, sociale ma soprattutto imprenditoriale: creò studentati che riuscivano a ospitare con le prime borse di studio tanti studenti poveri. C’erano tante categorie di poveri che neanche pensavo potessero esistere – bravi i giornalisti di Irpimedia[2] – che le hanno ricordate: pauperes (poveri), indigentes (bisognosi), inopes (privi di mezzi), egeni (miseri), non habentes (non abbienti). Eppure riuscivano a studiare, quindi una ricchezza invisibile c’era. Tanto è vero che questa città dell’Università vive e brulica ancora oggi. Sono appunto i 70 mila studenti di cui 40 mila fuorisede che pagano i 500-600 euro al mese per posto letto (che moltiplicati per i giorni dell’anno, facendo un conto della serva, producono 200 milioni di euro annui).

Se si considera che ogni fuorisede spende 887 euro al mese, apportando alla città un contributo di 1 milione e 200 mila euro l’anno[3], senza poi considerare che chi si laurea a Bologna spesso rimane a lavorare nella città, apportando un ulteriore contributo di valore sociale ed economico.

La città dei turisti

Da pochi anni è sbocciata un’altra città nella città: quella dei turisti, sostenuta da voli low-cost, oltre che naturalmente da un appeal della città sempre dotta e grassa. Solo Ryanair stima 44 rotte diverse per quest’inverno, più l’intensificazione di frequenze su rotte come Barcellona, Budapest, Dublino e Tirana. Parliamo di una popolazione di turisti di 1,8 milioni (il dato è vecchio, del 2024), con 4 milioni di pernottamenti in città, con una media di soggiorno di 3 giorni e mezzo. Solo di tassa di soggiorno, aumentata per il 2025, causa Giubileo, il Comune prevede di incassare 16-17 milioni annui.

Il risultato è una città che ha più vocazioni, ammicca a più orizzonti che dovrà provare di ricomporre sempre più.

La città delle case contese

Questa del tetto sulla testa è al momento la città più disordinata perché è a tratti visibile e a tratti invisibile: tra key box e scantinati resi abitati (più che abitabili) ci si contendono i metri quadrati quasi con il coltello tra i denti. Le case bolognesi sono possedute quasi per il 70% da bolognesi (definizione con la quale ci si riferisce a persone che risiedono a Bologna). L’11% non viene affittato, calano le unità destinate ai canoni concordati, poi ciò che resta è oggetto di contesa tra la città dei turisti e quella universitaria. I turisti e gli affitti brevi (sono 5 mila gli alloggi di privati trasformati per gli affitti brevi) per ora segnano una netta vittoria. La città universitaria fa registrare un calo del 3% degli iscritti nel 2024 e un numero non precisato di studenti che vivono in condizioni inadeguate. Anche gli esperimenti di studentati creati in partnership con fondi stranieri (e non) non sembrano aver dato i risultati sperati, quando i costi di realizzazione e di gestione portano i fitti a superare tranquillamente gli 800 euro al mese per studente.

In questa corsa all’alloggio teniamo fuori quello che impropriamente viene chiamato turismo sanitario, ossia le persone che da fuori regione si rivolgono ai dieci ospedali di Bologna e provincia. Infine, accenniamo solo alle famiglie, senza scomodare troppo gli alloggi Erp (alloggi pubblici) che con un turnover del 4% l’anno vedono gli assegnatari mummificati all’interno di detti alloggi. Queste, non riuscendo a inserirsi in questa trama cara e fitta, provano a spostarsi innanzitutto nella prima cintura, definita per ovvie ragioni ad alta tensione abitativa, con costi che ormai raggiungono quelli della città storica.  

La fame di case, infine, genera un’altra città che si vorrebbe invisibile, cioè la coscienza collettiva vorrebbe confinarla nell’oblio, ma è molto visibile con materassi e piumoni di fortuna piazzati sotto i portici, meglio se il portico ha un muro laterale che aumenta la possibilità di riparo. Adesso figurano anche insiemi di tende da campeggio (già il nome stride perché allude a svago e villeggiatura), modelli molto semplici, da tenere montate vicine a formare un piccolo villaggio o cittadella che, anche questa, diventa visibile già dopo l’ora di cena.

Accanto o in filigrana rispetto a tutte queste città materiali si profilano quelle invisibili dei diritti: è la mia città perché ne ho diritto. Di questo ci occuperemo in un’altra occasione.

Per concludere con gli spazi fisici della città, al momento ci sono alcuni luoghi che rappresentano i luoghi di tutti, dove si convive.

Il più prosaico, ma indispensabile, è il supermercato versione local, per gli acquisti mordi e fuggi, che accontenta studenti, turisti e anche gli anziani che ancora vivono in città. Riducono al minimo le tentazioni e sono sempre pronti a ricevere la mano che apre il frigo che sia per l’acqua che per un tramezzino sottovuoto. Lo stesso non si può dire per i locali del cibo, perché gli spritz universitari o la pizza al taglio hanno luoghi deputati per la versione pop in alternativa alle birre da passeggio, mentre il turista cerca e trova ristoro per lo più con le gambe sotto il tavolo, in inverno al caldo dei “funghi”.

Il più poetico, invece, ha a che fare con l’arte. In estate c’è la grande meraviglia che, più che alla notte dei miracoli fa pensare alla piazza dei miracoli: il cinema in piazza, gratuito, bellissimo, per tutti tutti. Ognuno prende posto dove meglio si sente, gli studenti sui gradoni di San Petronio o appoggiati alle loro biciclette di fortuna, i turisti più accomodati ai tavolini dei bar che affacciano sulla piazza, gli anziani sulle sdraie portate da casa per essere sicuri di potersi sedere al cinematografo all’aperto. Così per diverse sere la città si ricompone sotto le stelle estive e ognuno può sognare i propri sogni e chissà che non si avverino.


[1] Come racconta Cardini.

[2] Gessi White, Città in affitto, Laterza, 2025.

[3] Fonte HousingBo.