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Calcio femminile, cosa cambia con il professionismo per la serie A

Arrivano anche lo stipendio minimo e i congedi di maternità

di Simone Cataldo

Passo in avanti per il movimento calcistico femminile: il campionato di Serie A entra nel professionismo. Cosa cambia?

A fare il giro del web nelle ultime ore è stata, certamente, la notizia che ha annunciato l’entrata del calcio femminile nel professionismo, ma per evitare fraintendimenti, è giusto chiarire che, dal prossimo 1 luglio, solo il campionato di Serie A potrà usufruire di tale scelta. Infatti è stato facile imbattersi in titoli di giornale ingannevoli, facendo intuire che più categorie potessero finalmente entrare a far parte del professionismo: dunque, rimangono nei dilettanti tutte le squadre di Serie B, C e a seguire.

La nostra intervista video a Riccardo Matere – allenatore Uefa B con alcuni impieghi in club di Eccellenza Femminile – proprio da questo distinguo. 

Cosa significa che il calcio femminile di serie A diventa una professione? 

A partire dalla prossima stagione, le calciatrici che sottoscriveranno un contratto con un club militante nel campionato di Serie A avranno i diritti di un vero e proprio lavoratore. Le calciatrici avranno diritto a uno stipendio massimo e a uno minimo, vedranno riconoscersi i contributi previdenziali, versamenti Irpef, un fondo di fine carriera e verranno loro riconosciuti anche i diritti che riguardano i congedi di maternità.

Insomma, una vera e propria rivoluzione che, ovviamente, cambia anche l’appeal del nostro panorama calcistico femminile. Come ha tenuto a specificare il nostro intervistato Riccardo Matere, il campionato di Serie A, a questo punto, può esser attenzionato dalle calciatrici estere oppure, altro fattore di grande importanza, i diritti televisivi delle gare potrebbero finalmente aumentare e, perciò, aiutare le società stesse in questo processo di emancipazione.

Il calcio femminile entra nel dibattito politico

Fino a pochi anni fa una citazione di simile importanza avrebbe assunto sembianze utopiche, ma oggi non più, e qualcuno si è permesso anche di contestare il tetto minimo stipendiale che una calciatrice potrà recepire a partire da luglio: ventiseimila euro. Il calcio femminile, soprattutto dopo la comparsa delle azzurre allo scorso mondiale, ha assunto un’importanza che non può tenere distante i suoi organi da quelli di Stato. Un qualcosa che era già avvenuto a livello federale, che oggi porta addirittura allo stanziamento di fondi economici per finanziare strutture e società. Infatti, questa “rivoluzione” – è stata possibile grazie al fondo triennale per sport femminili, al quale sembra essersi candidato solo il movimento calcistico che, ancora per un anno, usufruirà di quanto è rimasto degli 11 milioni totali dedicati.

Sempre nell’intervista a Riccardo Matere non è mancato il passaggio sull’importanza delle strutture, senza di esse non potrà mai crescere il movimento. Senza strutture adeguate, le giovani calciatrici come potranno mettersi in gioco e, di conseguenza, come potrà l’intero movimento contare su individualità più forti perché cresciute, fin dalle prime categorie, da allenatrici riconosciute?

Il calcio femminile in Italia non è più un mondo distante da tutte le realtà circostanti, la politica e la Federcalcio lo sanno. È arrivato il momento di prenderne consapevolezza e debellare, se mai ce ne fosse ancora bisogno, molti stereotipi riguardanti le donne.