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Discorso di Schuman e Conferenza sul futuro dell’Europa, il 9 maggio ma a distanza di oltre 70 anni

A conclusione dei lavori sull’avvenire europeo, tornano le parole del politico francese: gli Stati europei sono “troppo piccoli per garantire ai loro popoli la necessaria prosperità e lo sviluppo sociale”

di Salvatore Baldari

Quest’anno, il 9 Maggio i nostri media sono stati impegnati a passare in rassegna le immagini della celebrazione russa del Giorno della Vittoria, fra parate militari e discorsi propagandistici. Meno attenzione è stata dedicata alla consegna alle istituzioni Ue del documento conclusivo dei lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa. Porte aperte a cittadini, associazioni, enti locali, in uno spazio di discussione per riflettere sul futuro e sulle priorità dell’Unione che ciascuno auspica.

Una data non a caso quella del 9 Maggio che è anche e soprattutto la Festa dell’Europa, nel ricordo della dichiarazione Schuman, in cui furono pronunciati i tratti identitari della nascente comunità europea e soprattutto le direttrici della politica internazionale che avrebbe costruito quella pace e quello sviluppo di cui abbiamo goduto per oltre 70 anni.

Robert Schuman nasce a Lussemburgo nel 1886 e pratica la professione di avvocato nella città francese di Metz, nel cuore dell’Europa vicino al confine con la Germania e con il Belgio. Quando con la fine della prima guerra mondiale, la Lorena e l’Alsazia tornarono alla Francia, si dedicò all’impegno politico, sino allo scoppio del secondo conflitto. Negli anni di interruzione fu arrestato dalla Gestapo nel 1942 e riuscì ad evadere, trovando rifugio nel monastero benedettino di Ligugè, e successivamente presso l’abbazia cistercense di Notre Dame des Neiges. Nel 1946 fu nuovamente eletto al Parlamento francese, divenendo prima Ministro delle Finanze e poi Presidente del Consiglio. Recentemente, nel giugno 2021, a cinquantotto anni di distanza dalla sua morte, è stato dichiarato Venerabile da Papa Francesco.

Per non dissolvere in banale retorica la celebrazione europea, è opportuno riaccendere i riflettori sul discorso di Schuman del 9 Maggio 1950 così da cogliere la potenza di quelle parole, capaci di generare per oltre 70 anni tanta più pace, benessere e libertà che tutto il resto dei secoli abbia mai conosciuto sulla faccia della Terra. Quel 9 maggio del 1950 nel Salone dell’Orologio del Ministero degli Esteri francese, Schuman si affida ad una serie di considerazioni di un lampante realismo. Partendo dall’assunto che sulla scena mondiale gli Stati europei sono “troppo piccoli per garantire ai loro popoli la necessaria prosperità e lo sviluppo sociale”, Schuman spiega come la pace non sia la fine della guerra, ma è un bene da salvaguardare.

Poiché “l’Europa non è stata fatta”, si legge, “abbiamo avuto (di nuovo) la guerra”. La salvaguardia della Pace ha bisogno di “sforzi creativi proporzionali ai pericoli che la minacciano”.

Creatività intesa, come responsabilità di staccarsi dagli schemi del passato e impegnarsi in azioni effettivamente proporzionate ai pericoli del momento.

All’epoca di Schuman, il più grande pericolo era il “contrasto secolare tra Francia e Germania” , solo annullandolo, sarebbe stato immaginabile raggiungere l’Unione delle nazioni e alla pace del continente europeo.

Schuman indicò un preciso metodo politico per riuscirci, che resta valido anche oggi nel mutato contesto storico, ovvero individuare l’azione, in grado di incidere su un punto limitato ma decisivo per costruire unità.

In questo senso, va inquadrata la fusione franco-tedesca della produzione dell’acciaio e del carbone, per sottrarre la materia prima alle due industrie belliche nazionali, mettere in comune la produzione di energia e gettare le basi di un condiviso sviluppo economico.

Schuman, è tuttavia consapevole che “l’Europa non potrà farsi in una sola volta”, perché l’Europa “sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.

Questa visione realistica, contiene l’ambizione di unità delle nazioni europee e di apertura al mondo e sottolinea come per realizzare l’Europa ci fosse bisogno di nuove e continue rinascite, al mutare dei tempi e delle condizioni.

L’unificazione economica di Francia e Germania nasceva “aperta a tutti i Paesi che vorranno aderirvi” e la produzione comune era destinata ad essere “offerta al mondo intero senza distinzione né esclusione per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di pace”.

Schuman non pensò il benessere del continente europeo per restare chiuso in se stesso, ma per aprirsi al mondo e permettere all’Europa di “proseguire nella realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali (ma ancora non perseguito a sufficienza): lo sviluppo del continente africano”.

Questo breve resoconto dovrebbe farci sentire un po’ più orgogliosi di come l’Unione Europea abbia deciso di celebrare la propria identità su parole ispirate a visione creativa, realismo e azione, mentre altrove, nella stessa data, si enfatizza la potenza militare.