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Il Mes, la bestia nera

È un incubo per il governo. L’ Italia è l’unico Paese a non avere ratificato la riforma del Mes: ciò risulta come un veto alla riforma del Meccanismo europeo di Stabilità.

Dodici gennaio duemilaventitré.

L’appuntamento più difficile dalla giornata per Giorgia Meloni e, non a caso, divulgato alla stampa solo a cose fatte, si consuma nel pomeriggio, quando direttamente dal Lussemburgo arrivano a Palazzo Chigi i numeri uno e due del Mes, Pierre Gramegna, nuovo Direttore Generale e Nicola Giammarioli, Segretario Generale del Meccanismo europeo di stabilità.

Il Mes, la bestia nera

Il fondo Salva-Stati, nato nel 2011 per evitare eventuali nuove crisi del debito, con aiuti a tassi vantaggiosi, ma condizionati. Si tratta dell’organismo europeo più inviso a Lega, Fratelli d’Italia, una parte di Forza Italia e al Movimento 5 stelle.

Bestia nera per i sovranisti la cui riforma, varata dopo estenuanti trattative nel 2019 gialloverde con la firma del ministro Tria e poi congelata dal Governo giallorosso fra le polemiche, è stata ratificata da tutti i Parlamenti dell’Eurozona, tranne da quello italiano.

Fatta questa premessa si arriva all’incontro della scorsa settimana in cui, a quanto si apprende, i vertici del Mes sono arrivati a sollecitare il via libera del Parlamento italiano che evidentemente passa per una mossa del Governo.

È il secondo passo dopo l’incontro del 9 gennaio fra il Presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, e il titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il quale ha partecipato anche al colloquio a Palazzo Chigi.

Si sale di livello, il pressing sull’Italia è più forte.

‹‹Il Mes è uno strumento anomalo nessuno lo usa!››. Avrebbe ribadito la premier ai vertici del Fondo, secondo quanto comunicato in una nota ufficiale del portavoce, in cui si dice anche che Meloni avrebbe chiesto correttivi perché la riforma attuale non supera le diverse criticità. Voce grossa, ma non troppo, secondo la strategia messa in atto da Meloni, nella Conferenza-stampa di fine anno del 29 dicembre: giurare, cioè, che mai l’Italia chiederà gli aiuti del Mes, questione non in discussione, poiché ogni Paese può scegliere se ricorrere o no agli aiuti e glissare, invece, sul punto-chiave, cioè la ratifica della riforma.

Il Mes e la riforma

Il dilemma politico è: Meloni ha o non ha i numeri in Parlamento per il disco verde?

Cosa farà Salvini? Fino a qualche settimana fa, il Governo, così come per la verità quello precedente, aveva potuto prendere tempo, in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale tedesca, arrivato il 9 dicembre e favorevole alla ratifica.

La visita dei vertici del Mes dimostra che l’attesa non è ben vista a Bruxelles, proprio come l’altro argomento sfoggiato nelle dichiarazioni pubbliche della premier, compresa la nota di oggi, ovvero l’idea che l’Italia possa negoziare nuove modifiche, in realtà impossibile. Il Parlamento, infatti, può soltanto dire sì o no.

Il no bloccherebbe la riforma, sarebbe un veto. Uno strappo fortissimo che la Lega valuta, proprio mentre il Governo tratta sul Pnrr e attacca la Bce.

Un’altra correzione di rotta rispetto ai tempi in cui Meloni navigava all’opposizione.

La prossima settimana entreremo più nei dettagli del Meccanismo Europeo di Stabilità, per provare a comprendere di cosa si tratta e cosa prevede la riforma di cui tanto si dibatte.