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Instagram il social più pericoloso per gli adolescenti

di Silvia Cegalin 

Non possono lasciare indifferenti i risultati dell’inchiesta diffusa recentemente dal Wall Street Journal incentrata sugli effetti dell’uso di Instagram negli adolescenti.

Il report contenuto in un’indagine più ampia denominata Facebook Files, rende pubblici per la prima volta molte delle informazioni provenienti da una ricerca interna di Facebook durata due anni e mai resa pubblica, arricchita da documenti e testimonianze raccolte dai giornalisti Georgia Wells, Jeff Horwitz e Deepa Seetharaman nel periodo tra il 2019 e il 2020.

Il loro studio comparato, intitolato intenzionalmente Facebook Knows Instagram Is Toxic for Many Teen Girls, ha svelato risultati che, come vedremo, sono molto preoccupanti e obbligano a un confronto pubblico che non può più essere rimandato. Si stima infatti che il 13% degli adolescenti britannici e il 6% di quelli americani che usano frequentemente Instagram ha manifestato pensieri suicidi, mentre il 21% di utenti americani e il 18% di quelli britannici in età adolescenziale ha dichiarato di soffrire di solitudine, sensazione che è coincisa con l’inizio dell’utilizzo di Instagram.

Ma non finisce qui: il 32% delle adolescenti (in questo caso sono le ragazze a subire i maggiori disagi) ha affermato che quando interagivano in Instagram sentivano il loro corpo inadeguato.

Un’idea distorta di sè e un’insicurezza che abbassava il livello della propria autostima, originate dalla presenza onnipresente di foto di corpi femminili definiti dai luoghi comuni come ‘perfetti’.

Oltre a un’alterata percezione della propria corporalità, tra i disturbi segnalati compaiono anche tendenze depressive, aumento dell’angoscia e, com’era prevedibile visto che si parla di corpi, disturbi alimentari.

Instagram e gli effetti negativi sugli adolescenti

Che Instagram nuocesse alla salute psicologica degli adolescenti però non è mai stata una novità. Risale al Maggio 2017 il report inglese #StatusofMind del Royal Society for Public Health nato in collaborazione con il Young Health Movement, avente come scopo quello di esaminare gli effetti positivi e negativi dei social media nei giovani. Senza sorpresa Instagram è risultato tra i social più dannosi per gli adolescenti, mentre You Tube tra i più prodigiosi. In questa ricerca inoltre veniva evidenziato come negli ultimi 25 anni fosse salito del 70% il livello sociale di ansia e depressione connesso all’uso delle piattaforme social, mentre, ancora una volta, ricompariva negli adolescenti la difficoltà di percepire il proprio corpo in maniera serena.

Se però #Statesofmind era uno studio circoscritto ai soli territori di Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord, quello appena pubblicato dal Wall Street Journal è di sicuro più ampio perché  unisce l’inchiesta interna di Facebook con quella esterna del WSJ, nonostante ciò rimane comunque una domanda da porsi: «Perchè Instagram risulta così dannoso per gli adolescenti?».

La risposta, stando anche dalle informazioni contenute in queste analisi, è che Instagram è un social corpocentrico, in quanto nel tempo si è trasformato in un network sfruttato soprattutto da modelle e influencers per allargare il loro giro di lavoro. La diffusione di immagini di corpi, spesso modificati digitalmente o attraverso filtri, sono di conseguenza i contenuti più presenti, contenuti che rafforzando uno stile di vita finalizzato all’apparire.

Sempre da questo studio del Wall Street Journal è emerso che gli utenti al di sotto dei 22 anni preferiscono relazionarsi a Instagram rispetto a Facebook, il ruolo e il tipo di immagini diffuse assumono perciò un’importanza essenziale per evitare che durante l’età dello sviluppo i ragazzi e le ragazze siano influenzati da modelli fuorvianti e diseducativi.

Per comprendere al meglio il grado di potere che ha questa piattaforma, nel dossier del WSJ sono state inserite varie testimonianze, tra queste anche quella della teenager Anastasia Vlasova (da non confondere con la foto-reporter ucraina) che cinque anni fa, all’età di 13 anni, si è iscritta a Instagram ancora prima di registrarsi su Facebook, scelta che, come ha affermato lei stessa, ha condizionato in negativo il suo percorso di crescita.

Il racconto della Vlasova è molto utile perché fa affiorare degli aspetti di Instagram che solitamente rimangono oscuri. Nell’intervista rilasciata a Kate Linebaugh per il podcast del The Journal la Vlasova fa leva sul fattore di condizionamento che questo social assumeva nella sua routine quotidiana, e confida: «Ricordo che durante la scuola facevo varie pause in bagno per usare il telefono e andare su Instagram e mettere mi piace ai post delle persone, assicurandomi di non  perdermene nemmeno uno. E così tutto è diventato incentrato esclusivamente su Instagram perché ero concentrata unicamente ad espandere il mio account» (traduzione mia).

In coincidenza con la sua testimonianza nel report c’è anche quello di un’altra giovane che ammette: «Ho dovuto smettere di guardare Instagram al mattino perché aveva la capacità di modellare come mi sentivo, quindi ho cercato di prendermi del tempo per impostare la mia giornata».

Instagram però non è caratterizzato soltanto da un tipo di controllo ossessivo, ma forgia modelli di ispirazione che fanno sentire le ragazze inadeguate, sempre la Vlasova racconta: «Quando chiudevo l’applicazione mi sentivo così male con me stessa che guardandomi allo specchio pensavo: Oh mio Dio, non sono neanche lontanamente vicino all’immagine di questi influencers del fitness. Ho bisogno di allenarmi».

La storia di Anastasia, che poi soffrirà di disturbi alimentari, è un chiaro esempio di quanto Instagram possa innescare patologie e disturbi, e per quanto sia appurato che coesistono molteplici fattori che contribuiscono all’insorgere di problematiche psicologiche, come ad esempio la genetica o vissuti traumatici, questo non esclude un’eventuale responsabilità dei dirigenti di questa piattaforma che, seppur consapevoli, non hanno affrontato tale questione.

Instagram: quale responsabilità?

Se i risultati del dossier devono far obbligatoriamente riflettere, il fatto che l’azienda di Zuckerberg fosse, proprio grazie alla loro ricerca interna, a conoscenza degli effetti negativi di Instagram, mette i dirigenti del social in una posizione che non può essere definita in termini positivi.

Pubblicamente la società di Facebook e del capo responsabile di Instagram Adam Mosseri è sempre apparsa vaga, da una parte minimizzando l’impatto che Instagram può avere sui giovani, dall’altro ribadendo a più riprese di aver investito in sicurezza e integrità più di ogni altra società.

Se dal punto di vista economico l’azienda ha investito sulla sicurezza oltre 13 miliardi di dollari dal 2016 (una cifra molto consistente), dal punto di vista morale si trova in difetto perché ha tenuto segreti i risultati della loro indagine, incrementando così le possibilità che i giovani potessero sviluppare disturbi in relazione a Instagram.

In merito all’inchiesta del WST Adam Mosseri in un twitter datato 14 settembre posta un documento pubblicato sul blog di Instagram a firma di Karina Newton – responsabile capo delle politiche pubbliche.

Il testo contiene le statistiche rilevate da una ricerca del Pew Research Center in cui si legge che l’81% degli adolescenti ha affermato che i social media li fanno sentire più connessi ai loro amici, assicurando dunque di avere un’esperienza positiva.

Peccato però che lo studio del Pew sia datato 2018, e precedente quindi alla ricerca interna avviata da Facebook e all’inchiesta del Wall Street Journal, l’approccio inoltre appare abbastanza generalista e poco specifico di ciascun network.

Nonostante queste statistiche, nel documento scritto dalla Newton si può in più leggere: «I social media non sono intrinsecamente buoni o cattivi per le persone. Molti li trovano utili un giorno e problematici il giorno dopo. Ciò che sembra più importante è come le persone usano i social media e il loro stato d’animo quando li usano».

A parte questi interventi usciti immediatamente dopo che il WSJ aveva diffuso il proprio dossier, in passato è stata comunque avviata una proposta da parte di Mosseri per cambiare il modo di interagire in Instagram. Il suo esperimento conosciuto come Project Daisy è stato ideato a Novembre 2019 e testato a Gennaio 2020 prima in Canada, e successivamente in Australia, Brasile, Irlanda, Italia, Giappone e Nuova Zelanda. Un cambiamento alquanto radicale nella realtà di Instagram perché consente di rendere visibili i ‘Mi piace’ solo a chi ha pubblicato la foto, con l’obiettivo di rendere gli utenti liberi di esprimersi evitando confronti e possibili giudizi.

L’esperimento, tuttavia, non ha registrato particolari effetti positivi sulla salute degli adolescenti.

Più interessante invece è stato l’annuncio da parte del team di Mosseri del progetto Instagram Kids: una piattaforma social specifica per gli under 13. Nonostante ciò pochi giorni fa, il 27 settembre, anche a causa delle accuse mosse dal WSJ, Mosseri ha annunciato di aver messo in pausa il progetto in quanto Instagram ha bisogno di tempo per confrontarsi con genitori, esperti e responsabili tecnici per ascoltare le loro preoccupazioni e investigare di più sulle problematiche dei giovanissimi. Mentre, sempre di quest’anno, è la decisione di rendere privati di default i profili degli utenti con età inferiore ai 16 anni, opzione che può essere liberamente modificata successivamente dall’iscritto, anche questa mossa dunque sembra non essere decisiva per la tutela e la protezione dei minori.

È di queste ore intanto l’indiscrezione che la società di Zuckerberg renderà pubblici in Senato i risultati della loro ricerca interna…non ci resta che attendere. Rimane basilare comunque incominciare a regolamentare i social non come se fossero giochi o semplice intrattenimento, ma come strumenti complessi del reale, quali sono, per comprendere meglio il loro ruolo nell’individualità e nella collettività.