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Errori giudiziari: la strage dell’Alkamar e il grave caso Gulotta

40 anni di calvario nel tritacarne della malagiustizia 

di Paolo Trapani 

Al nome di Giuseppe Gulotta e alla città di Alcamo è probabilmente legato uno degli errori giudiziari italiani più clamorosi. Si tratta di una storia tragica, che racconta 40 anni di calvario sotto le grinfie della malagiustizia, con una lunga detenzione in carcere da innocente per un cittadino italiano. Ci sono voluti quattro decenni per accertare la verità, rivedere il processo e scagionare 4 persone ingiustamente accusate.

I fatti

La brutta storia di Gulotta e di altre 3 giovani di Alcamo inizia nel 1976. La sera del 27 gennaio dei killer entrano nella casermetta dei Carabinieri di Alcamo Marina e uccidono due militari dell’Arma. Inizialmente le indagini si concentrano sulla presunta matrice politica del blitz. Successivamente, nella notte dell’11 febbraio, in un posto di blocco ad Alcamo, viene fermato Giuseppe Vesco che, a bordo di un auto rubata, viene trovato in possesso di una pistola dello stesso tipo di quella utilizzata per uccidere i Carabinieri.  

L’interrogatorio di Vesco e le confessioni

 A condurre indagini e annessi interrogatori è un apposito nucleo antiterrorismo proveniente da Napoli: Vesco ammette il delitto, chiamando in causa anche altre persone tra cui Giuseppe Gulotta. Tutti vengono arrestati e dopo estenuanti interrogatori (inizialmente effettuati senza gli avvocati difensori) ammettono la propria responsabilità. Poche ore dopo, stavolta con al fianco i propri legali, tutti i fermati ritrattano le confessioni e denunciano di essere stati maltrattati durante gli interrogatori. Poco dopo la testimonianza-chiave di Vesco non è più verificabile: lo stesso viene ritrovato morto in carcere dopo che aveva annunciato di voler raccontare come si erano realmente svolti i fatti.

Per queste ragioni il calvario di Gulotta e degli altri giovani, iniziato nel 1976, dura molti anni. Solo nel 2007 un ex brigadiere di quello stesso nucleo antiterrorismo proveniente da Napoli, interrogato dal Procuratore della Repubblica di Trapani, racconta la terribile verità. Vesco dopo il fermo era stato portato in caserma e sottoposto a torture (bendato, costretto a ingerire enormi quantità di acqua e sale mentre veniva schiacciato fra due piani di legno). Dopo la sua “confessione” e la chiamata in correità dei complici della strage, Gulotta e gli altri subirono torture e vennero picchiati fino alle rispettive “confessioni”. 

La revisione del processo 

Inizialmente, nonostante l’evidenza delle nuove prove, la Corte di Appello di Messina dichiara comunque inammissibile la richiesta di revisione del processo ritenendo la prova addotta non idonea. Poi, la Corte di Cassazione, il 9 giugno 2009, annulla l’ordinanza e rimette tutti gli atti alla Corte di Appello di Reggio Calabria, per il definitivo processo di revisione. Il 13 febbraio 2012, esattamente 36 anni dopo il primo arresto, la Corte di Appello di Reggio Calabria revoca la sentenza di condanna alla pena dell’ergastolo assolvendo da ogni accusa Gulotta Giuseppe. Viene così cancellata una delle pagine più brutte della giustizia italiana.

Il risarcimento 

Nel 2016, a 40 anni dalla strage dell’Alkamar (come viene definita l’uccisione dei 2 Carabinieri nella caserma di Alcamo), è arrivato anche l’indennizzo dello Stato, a titolo di risarcimento, per Giuseppe Gulotta: 6 milioni e mezzo di euro è la cifra riconosciuta alla vittima di un errore gravissimo e clamoroso. Si tratta probabilmente di una delle somme più alte mai versate dallo Stato per un errore giudiziario. Giuseppe Gulotta, nato il 7 agosto 1957, aveva poco più di 18 anni quando finì nell’inferno. 

Alkamar, strage senza colpevoli 

Come ha raccontato nel libro “Alkamar”, scritto con Nicola Biondo e pubblicato da Chiarelette, Gulotta, “sporco di sangue, lacrime, bava e pipì“, firmò la prima confessione che, seppure ritrattata il giorno successivo, gli ha distrutto la vita. Dal febbraio ’76 ha subito complessivamente nove processi. Assoluzioni e condanne si sono alternate fino al 19 settembre 1990, quando fu condannato definitivamente all’ergastolo. Solo nel 2005 ha ottenuto una prima semilibertà. E solo 7 anni più tardi si è finalmente visto riconoscere vera giustizia. Anche gli altri tre giovani condannati come lui sono usciti assolti dal processo di revisione, incluso Giovanni Mandalà, che è morto in carcere (da innocente) nel 1998. Del caso Gulotta si è occupata anni fa anche la trasmissione Rai “Blu notte – Misteri italiani” di Carlo Lucarelli. Nella stessa si contestualizzava la strage di Alcamo nell’ambito della strategia della tensione degli anni ’70 e si ipotizzava un patto tra mafia ed eversione politica. A tutt’oggi l’uccisione dei 2 Carabinieri è senza colpevoli. 

*Leggi gli altri approfondimenti de “La Redazione” sugli errori giudiziari italiani: