Irpinia, rubinetti a secco

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Irpinia, rubinetti a secco



Da giorni senza acqua in alcuni Comuni irpini, le sorgenti sono ricche di materia prima ma il 70% viene disperso per strada, a causa di mala gestione. E i cittadini si mobilitano costituendo un comitato.

Fa caldo, l’aria è poco umida ma i 32 gradi all’ombra si fanno sentire. “Sono 10 giorni che dai rubinetti non esce acqua”. Siamo a Carife, in provincia di Avellino. Media collina, aperta campagna con una vegetazione lussureggiante. Cielo terso, sullo sfondo si vede la Dormiente del Sannio. Chi parla è una mamma con alcuni bambini piccoli. “Siamo all’esasperazione”. Una, cento, mille storie. Per capire cosa stia succedendo bisogna riavvolgere il rullino del tempo. Tra gli anni ’20 e gli anni ’40 del ‘900 fu realizzato un acquedotto che serviva quasi tutti i paesi dell’Irpinia e parte di quelli in provincia di Benevento. Per buona parte fu fatto passare sotto le strade che oggi sono comunali e provinciali. Fu creato un consorzio tra tutti i Comuni serviti e la Provincia di Avellino. In seguito il Consorzio divenne una SpA con gli stessi soci. E qui inizia il calvario. L’Ente prima, la SpA dopo, hanno visto quasi sempre una gestione generosa delle finanze fino allo scorso autunno quando la Dirigenza dell’Alto Calore SpA ha presentato i libri in tribunale con una posizione debitoria di 200 milioni. Ma come fa una società che non paga la materia prima a finire sull’orlo del fallimento? Ad oggi su un fatturato di 53 milioni di euro annui, ne spende 59. Allora si dirà: avranno un servizio eccellente.

L’acqua razionata

Torniamo a Carife. Qui, come in molti altri Comuni, l’erogazione del servizio idrico è razionata. Fino a 10 anni fa, succedeva solo d’estate quando la popolazione aumenta per l’arrivo dei turisti, oggi succede tutto l’anno, in molti Comuni anche d’inverno l’acqua esce, se va bene, dalle 7 del mattino alle 18 di sera.

E che sarà successo? Il cambiamento climatico e la siccità avranno essiccato le sorgenti?

A Cassano Irpino però, dove ci sono le sorgenti, di acqua ce n’è ed anche tanta, al punto che una parte alimenta anche l’Acquedotto Pugliese SpA. In realtà il problema sono le condutture che oramai sono quasi completamente marce. Fanno acqua da tutte le parti e spesso e volentieri scoppiano, affiorando lungo le strade con i tentativi di ripristino che distruggono il piano stradale. Pare che su 100 litri in partenza dai rubinetti ne escano solo 30. Il resto viene “seminato” per strada. Questo acquedotto si permette il lusso di erogare acqua tutto l’anno che proviene direttamente da sorgenti, senza invasi artificiali che facciano da “tampone”. E come avere acqua minerale che sgorga dai rubinetti. E com’è possibile che sia successa una cosa del genere?

I numeri dell’Alto Calore

All’inizio i conti dell’Alto Calore erano brillanti, perché – vendendo materia prima e non pagandola – i bilanci erano buoni. E la politica ha pensato bene di aumentare il personale dipendente. La SpA ha 281 dipendenti di cui 10 quadri, 139 impiegati e 82 operai per la gestione di 5030 km di acquedotto. Dimenticandosi che quei soldi sarebbero dovuti servire nel tempo per sostituire progressivamente le reti che si sarebbero deteriorate. Così oggi l’Alto Calore SpA ha in atto un concordato fallimentare da 107 milioni di euro con un bilancio che registra una perdita netta di 6 milioni all’anno. E si è pensato bene di aumentare le tariffe del 50% in tre anni ai circa 200.000 clienti che, per buona parte, non ricevono un servizio adeguato. Sì perché il “razionamento” non riguarda tutte le utenze ma solo quelle di alcuni Comuni, sempre gli stessi. E le condutture chi le rifà? Lo stesso Alto Calore non può perché essendo praticamente fallito non è un soggetto credibile per l’accesso ai finanziamenti.

In questo quadro, l’Alto Calore ha da sempre fatto da organismo riscossore per conto dei Comuni della quota per lo smaltimento delle acque reflue, quote mai stornate ai proprietari. Con i Comuni che pagano la depurazione attingendo ai propri bilanci e sottraendo servizi ai cittadini.

L’attività del Comitato Uniamoci per l’acqua

“In realtà dietro, secondo noi, c’è un disegno per affidare il servizio ai privati” – racconta Domenico Petrillo in rappresentanza di un Comitato Civico per l’Acqua che sta facendo le pulci al bilancio e all’operato della Dirigenza dell’Alto Calore. “La colpa è dei sindaci che sono gli azionisti, dovevano nominare le dirigenze e controllarne l’operato, cosa hanno fatto? – continua Petrillo – Siamo al fallimento di un certo modo di fare politica. Noi cittadini siamo stufi”. E lo sono davvero tanto da organizzarsi e presentarsi a tutte le riunioni dell’Alto Calore e degli organismi regionali superiori. Cosa chiedono?. “Semplice! Che l’Alto Calore garantisca un servizio essenziale ai cittadini senza interruzioni – dice Mariangela Grasso sempre del Comitato Uniamoci per l’Acqua – e che, se aumenti tariffari ci debbano essere, che i maggiori introiti siano destinati al rifacimento delle reti. Le debitorie pregresse vanno appianate con altri metodi”.

I cittadini, attraverso dei documenti pubblici, stanno “suggerendo” anche altri metodi per salvare la SpA, come ridimensionamento del personale anche temporaneo, economie di gestione, emissione di obbligazioni trentennali per il rifacimento delle reti. Ma sul tavolo c’è anche la questione di quale sarà la fine dell’Alto Calore SpA. “Noi chiediamo ai sindaci, che sono gli azionisti, di nominare un manager che sia in grado di risanare l’Azienda garantendo che rimanga in mani pubbliche – dice Rita Nicasto, attivista per l’Acqua Pubblica e componente del Comitato Irpino – Occorre cambiare modo di fare da parte della politica e noi saremo qui a vigilare”. Intanto dai rubinetti l’acqua non esce, le reti disperdono, a novembre scade una rata del concordato da 7 milioni di euro e l’Amministratore Unico in carica si è dimesso il 27 agosto.