Università, i suicidi sono in aumento
14 Marzo 2023
Errori giudiziari. Massacro di Ponticelli, ci sarà la revisione del processo?
15 Marzo 2023
Università, i suicidi sono in aumento
14 Marzo 2023
Errori giudiziari. Massacro di Ponticelli, ci sarà la revisione del processo?
15 Marzo 2023

L’Alto mare non è più terra di nessuno

Dall’Ue sono stati finanziati oltre 816 milioni per la salvaguardia dell’oceano. Nell’Alto mare saranno istituite aree protette in cui saranno posti dei limiti alla pesca, alle rotte marittime e alle attività come l’estrazione mineraria.

Come si legge sul sito ufficiale del Wwf, tra le più famose organizzazioni ambientaliste non governative, “ogni minuto finisce in mare un camion di rifiuti di plastica” facendo diventare così l’oceano una discarica a cielo aperto. Questo è testimoniato anche da un ultimo studio recentemente pubblicato dalla rivista scientifica Plus one i cui dati rivelano che sulla superficie dei nostri mari galleggiano circa 171 mila miliardi di pezzi di plastica, equivalenti a 21 mila per ciascun essere umano per un peso complessivo di 2,3 milioni di tonnellate. Si parla di numeri davvero impressionanti che non fanno altro che aumentare l’allarme per l’equilibrio dell’ecosistema globale. In questi ultimi mesi, infatti, abbiamo assistito a molti attivisti per l’ambiente, compresi gli italiani di Ultima Generazione e l’internazionale Greta Thunberg, darsi da fare tra sit-in, proteste e manifestazioni per scuotere la politica e spingerla ad intervenire in maniera più concreta. Così la notizia arrivata in occasione dell’ultima conferenza tenuta a Panama, chiamata per l’appunto “Il nostro oceano, la nostra connessione”, ci fa ben sperare per la tenuta del nostro amico blu. 

L’alto mare non è più terra di nessuno

Dopo quasi quindici anni di negoziati nella riunione tenutasi nei primi giorni di marzo, le Nazioni Unite hanno raggiunto un accordo importante per la protezione di circa due terzi degli oceani. L’Alto mare, ovvero la parte acquosa sovrastante del continente e al di fuori della zona economica esclusiva, fa parte delle acque internazionali e pertanto finora ad ora non poteva essere definita competenza delle giurisdizioni nazionali, dichiarandosi una sorta di “terra di nessuno”. Ma da oggi non è più così. 

Con l’accordo raggiunto a New York, verranno istituite delle aree protette in cui saranno posti dei limiti alla pesca, alle rotte marittime e alle attività come l’estrazione mineraria in acque profonde. Dunque, se fino ad adesso nessun governo si era assunto la responsabilità della gestione sostenibile delle risorse di queste zone, da quest’anno potremmo avere una speranza per salvare il luogo che ospita alcuni degli ecosistemi più importanti del mondo. L’obiettivo finale è quello di cercare di ridurre la perdita di biodiversità e assicurare uno sviluppo sostenibile evitando così il rischio estinzioni di gran parte delle specie marine. 

L’impegno dell’Ue

Negli ultimi anni l’Unione Europea, capitanata da Ursula Von Der Leyen come Presidente della Commissione, ha dato prova di forte interessamento nei confronti del cambiamento climatico e della situazione compromettente in cui si trova il nostro pianeta. Oltre a numerose conferenze in cui venivano annunciati grossi cambiamenti, sono stati messi in atto anche dei piani di intervento per fare in modo che non siano solo le parole a dare un’illusione di cambiamento ma che l’attuazione di una risoluzione può essere possibile. Per questi motivi, l’occasione data dall’ultima conferenza internazionale tenutasi oltreoceano è stata ben sfruttata dall’Ue che ha confermato il suo coinvolgimento a favore della governance mondiale degli oceani con un annuncio senza precedenti: non soltanto i 39 impegni previsti per questo 2023, ma anche che per portare avanti queste azioni nel concreto saranno finanziati circa 816 milioni di euro. Dalle aree marine protette, passando per la pesca e le economie blu sostenibili fino all’inquinamento marino, sono soltanto alcuni degli interventi più urgenti che l’Europa si è proposta di raggiungere. La cifra stanziata, infatti, rappresenta una soglia mai toccata prima per questo tipo di opere, ma è parso subito chiaro che lo scopo è quello di ragguagliare quanti più risultati possibili prima di marcare una linea di non ritorno. 

Come ha dichiarato Virginijus Sinkevičius, commissario per l’ambiente, gli oceani e la pesca, “quest’anno, più che mai, confermiamo il nostro forte impegno per proteggere, ripristinare e prendersi cura dell’oceano con una serie di azioni per un valore di oltre 800 milioni di euro”, testimoniando un cambiamento e un impegno reale nei confronti della nostra specie e del nostro pianeta. Difatti, come si può leggere dall’ultimo rapporto rilasciato dalla Commissione Europea in concomitanza con la Conferenza di Panama, tra i progetti presentati quello più consistente riguarda lo stanziamento di circa 320 milioni di eurosoltanto per la ricerca oceanica, la quale si pone come fine quello di proteggere le biodiversità marine e di intervenire sull’impatto drastico dei cambiamenti climatici sugli oceani. Mentre altri 250 milioni di euro verranno investiti per lanciare Sentinel-1C, ovvero un insieme di satelliti dell’Ue che si pongono come obiettivo quello di osservare in tempo reale i cambiamenti degli iceberg e dello scioglimento dei ghiacci nel Circolo Polare Artico. Invece per quanto riguarda la protezione della biodiversità, e di conseguenza per contrastare i cambiamenti climatici, sono stati finanziati 126 milioni di euro in zone focus che più risentono di questi mutamenti come Benin, Guyana e Tanzania. Infine, tra i 39 progetti prefissati circa 24 milioni di euro verranno destinati alle azioni di sostegno alle organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORGP), agli organismi regionali per la pesca e alla ricerca scientifica utile per prendere decisioni basate sul monitoraggio delle attività di pesca. Infatti, per ultimo ma non meno importante, l’Unione Europea ha anche reso nota la sua adesione all’INN, ovvero l’Alleanza per l’azione sulla pesca illegale e non dichiarata e non regolamentata, di cui fanno già parte Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Islanda proprio per contribuire allo studio di dati che possano contrastare questo fenomeno sempre più in espansione e sperare che l’oceano possa man mano disintossicarsi.