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Monte dei Paschi di Siena, una lunga storia di soldi, dai crediti agrari ai prodotti derivati

di Salvatore Luigi Baldari

Negli ultimi anni, tante volte abbiamo sentito parlare del Monte dei Paschi di Siena, l’istituto di credito fondato nel 1472, un’origine così lontana nella storia, da potersi fregiare del titolo di più antica e longeva banca in attività al mondo.

Sotto i riflettori, Mps ci è tornata recentemente, per via della possibile fusione ed acquisizione con Unicredit, alimentando un acceso dibattito pubblico e politico. Il governo italiano, per bocca del ministro dell’Economia Daniele Franco, era stato chiaro: non c’è alternativa a un’operazione con Unicredit.

I numeri del Monte dei Paschi di Siena

Nell’ultimo semestre, Mps ha fatto registrare un utile di 202 milioni, affiancato però da una perdita da 1,6 miliardi riportata nel 2020. E poi gli stress test (simulazioni e valutazioni sui conti bancari e le riserve di capitale, fatti in base a differenti scenari economici) del 31 luglio hanno confermato, ancora una volta, il bisogno di un aumento di capitale da 2,5 miliardi.

Se si osservano gli ultimi bilanci, è possibile intuire come la banca, negli anni, sia andata sempre più giù. Con il rosso di 1,6 miliardi del 2020, le perdite accumulate da Mps nell’ultimo decenni ammontano a circa 23,5 miliardi di euro. A questa osservazioni vanno aggiunti altri dati. Il rapporto tra costi e ricavi è esploso negli ultimi anni, senza considerare che Mps ha chiuso in rosso 8 degli ultimi 10 esercizi.

Il Ministro Franco ha inteso sottolineare che Mps non ha né un modello di attività né una consistenza patrimoniale e un bilancio adeguati per recuperare efficienza e competitività come entità indipendente. E ha aggiunto che, date le sue fragilità strutturali, certo non nascoste da un semestre positivo largamente influenzato dal forte rimbalzo macroeconomico e dalle temporanee protezioni statali al settore creditizio, non vi è un affollamento di potenziali acquirenti.

Le cronache degli ultimissimi giorni stanno aprendo nuove scenari, con possibili alternative all’opzione Unicredit e trattative ad oltranza su esuberi, filiali e crediti senza rischi, probabilmente condizionati dall’imminente tornata elettorale, che evidentemente rappresenterà uno spartiacque anche per questa intricata vicenda.

Ma come siamo arrivati a questo punto?

Cerchiamo di riannodare i fili della storia affascinante e controversa del Monte dei Paschi di Siena, ponendo l’attenzione sugli ultimi decenni.

La storia del Monte dei Paschi di Siena

Le sue origini risalgono al 1472, come già accennato, quando le Magistrature della Repubblica di Siena fondarono il Monte Pio che, a seguito dell’annessione di Siena al Granducato di Toscana, espanse le proprie attività. Nel 1629, fu istituito un secondo “monte” dedicato ai crediti agrari, cui Ferdinando II de’ Medici concesse a garanzia dei debiti le rendite dei pascoli demaniali della Maremma. Fu così che, sul finire del Settecento i due istituti vennero unificati. Dopo l’Unità d’Italia, Mps raggiunse l’intera penisola, inaugurando per prima l’attività del credito fondiario.

Una scelta di marketing, sempre perseguita, quella di far leva sull’antico passato rinascimentale, che punta a rievocare la grandezza dei banchieri senesi.

L’antica banca di pegno e di credito fondiario diventa un istituto creditizio di diritto pubblico con la legge bancaria del 1936, quella grande risistemazione che resse il sistema finanziario italiano fino agli anni Novanta.

Ed è proprio sul finire del secolo scorso che si registra un cambiamento importante, quando, attraverso la legge Amato, si optò per il sistema delle Fondazioni bancarie, rendendole proprietarie dei grandi istituti di credito pubblici, così da porre fine alla lunga esperienza dello Stato banchiere. Tuttavia, le Fondazioni non si rivelarono altro che una diretta emanazione del potere locale.

La Fondazione Mps

Nel caso della Fondazione Mps, è composta da 16 membri: 8 sono nominati dal Comune, 5 dalla Provincia, 1 dalla Regione Toscana, 1 dall’Università di Siena e 1 dall’Arcidiocesi senese. E non a caso, fin da subito, iniziano a riscontrarsi i primi conflitti fra le ambizioni dei politici e il management.

Il primo periodo della Fondazione coincide con una fase di acquisizioni voraci e scelte gestionali rischiose, fra cui va menzionata l’operazione che portò in dote a Siena la Banca del Salento, nel 1999.

Gli anni Duemila si aprono con lo scandalo degli schemi di indebitamento che consentivano ai sottoscrittori di investire in Borsa con capitali presi a prestito dalla banca. Con lo scoppio della bolla speculativa delle dotcom, tutti quei prodotti divennero carta straccia e una sentenza del tribunale obbligò la banca a rimborsare i sottoscrittori.

Fra il 2006 e il 2012, i vertici della banca senese pensarono di poter fare di Mps un polo di aggregazione. Una visione che si concretizzò materialmente con l’acquisto della Antonveneta di Padova, dal Banco Santander. L’operazione costò 9 miliardi di euro, oltre ai 7,5 miliardi di debiti che Mps dovette accollarsi. Per far fronte a queste necessità finanziarie, fu varato un aumento di capitale da 9 miliardi di euro.

La Grande Crisi finanziaria del 2008, provocata del fallimento della statunitense Lehmann Brothers, assestò un duro colpo anche ad Mps e furono, prima il Governo Berlusconi, poi quello Monti, ad intervenire con l’emissione di obbligazioni convertibili, utilizzate da Mps per quasi 6 miliardi di euro in totale. A luglio 2015 la banca senese onora il rimborso, ma solo rendendo il Tesoro (e quindi lo Stato) azionista al 4% . Ma saranno i prodotti derivati la grande maledizione di Siena.

Dal bilancio, vengono fuori prodotti derivati dai nomi esotici, Alexandria e Santorini, la cui esistenza era stata persino celata alla Banca d’Italia e che, di fatto, erano serviti per eclissare perdite di centinaia di milioni.

Il risvolto tragico di questo nuovo capitolo si ebbe il 6 Marzo del 2013, quando il capo della comunicazione David Rossi, fu trovato morto sull’asfalto su cui si affacciava il suo ufficio. L’evento venne presentato come suicidio, ma sia gli investigatori che gran parte dell’opinione pubblica non ne sono mai stati convinti, lasciando le porte aperte ad ogni altra ricostruzione, in cui gli scandali finanziari si intrecciano con le contese locali di potere. Non possiamo non ricordare i numerosi servizi del programma tv “Le Iene” che sull’argomento continua tutt’ora a battere con insistenza, coinvolgendo la famiglia, gli amici, i colleghi di David Rossi.

Nel 2017, lo Stato si fa carico della maggior parte degli 8,8 miliardi di aumento capitale, necessario a coprire i nuovi fabbisogni dell’istituto, divenendo di fatto azionista di maggioranza, con il 70% delle quote.

La stretta attualità coincide con gli stress test dell’Autorità Europea di Sorveglianza sul Sistema Bancario del 31 Luglio 2021 (di cui abbiamo già parlato in apertura) che descrivono Monte dei Paschi di Siena come la peggiore fra le cinquanta banche europee analizzate.

È questo lo sfondo in cui si sta giocando la partita decisiva sul futuro di Mps, con la possibile fusione con Unicredit, di cui tanto si è parlato negli ultimissimi mesi.

Comunque andrà a finire, l’auspicio è che questa storia ci abbia trasmesso degli insegnamenti, così da non ripetere gli errori fatti. Uno su tutti: la politica, laddove è entrata nelle banche, ha sempre fatto i suoi danni.

E, alla fine, quasi sempre qualcuno deve pagare il conto.