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Tassa di due euro su ogni pacco

Il balzello su 4 miliardi e 600 milioni di articoli portati ogni anno e recapitati direttamente a destinazione di chi li ordina. 

Nel pieno della tormenta del rischio di deviazione dei flussi commerciali verso l’Europa per via della nuova politica protezionistica americana e con l’agenda sulla scrivania che ricorda l’imminenza di preparare il prossimo bilancio comunitario, che necessita di trovare nuove risorse finanziarie, i vertici della Commissione Europea hanno partorito una decisione.

Una tassa fissa di due euro su miliardi di piccoli pacchi che varcano i confini dei ventisette per raggiungere il domicilio dei clienti. Ad annunciarla al Parlamento comunitario nel corso della seduta del 20 Maggio è stato il Commissario al Commercio, Maroš Šefčovič, che motiva la proposta con le difficoltà legate ai 4 miliardi e 600 milioni di articoli portati ogni anno e recapitati direttamente a destinazione di chi li ordina. 

Per quanto riguarda, invece, i minipacchi che verranno inviati verso i magazzini da cui i clienti potranno ritirarli di persona, la tassazione sarà di 50 centesimi. Il balzello mira ad aggredire il costo dei controlli doganali aggiuntivi e colpisce principalmente i rivenditori cinesi online, piattaforme di e-commerce Temu e Shein. 

Più di nove pacchi su dieci infatti provengono dalla Repubblica Popolare. 

L’idea è quella di incidere sui pacchi di basso valore, ossia quelli che valgono meno di 150 euro, la soglia al di sotto della quale i pacchi inviati da un Paese terzo all’Unione Europea sfuggono ai dazi doganali. Il Commissario slovacco ha dichiarato che le nuove entrate potrebbero servire a finanziare le dogane europee.

Il resto del denaro incassato dall’Unione finirà nel suo bilancio. 

In effetti, Šefčovič ha preferito non parlare di tassa, ma di finanziamento per compensare i costi alla frontiera. Per Bruxelles l’enorme flusso di pacchi rappresenta una sfida completamente nuova per il controllo, per la sicurezza, per garantire gli standard siano adeguatamente verificati. Stando ai dati ottenuti dal Financial Times l’anno scorso sono arrivati più di un miliardo di pacchi solo nei Paesi Bassi e in Belgio, i principali hub logistici dell’Ue. Le statistiche relative a questi pacchi sono incredibili: nel 2024 sono entrati sul mercato europeo circa 4,6 miliardi di articoli di valore inferiore a 150 euro, più di 145 ogni secondo. Di questi, il 91% proviene dalla Cina.

C’è poi il timore che i flussi commerciali dalla Cina possano aumentare, in risposta ai nuovi dazi americani. 

Oltre alla necessità di limitare l’inquinamento ambientale provocato dal traffico aereo e su gomma, a far scattare la tassazione sembra siano stati l’aver registrato un aumento del numero di merci pericolose non conformi al mercato europeo e le denunce di concorrenza sleale da parte dei venditori comunitari. 

La misura incoraggerà, inoltre, i venditori a tornare a utilizzare i magazzini. 

L’idea di una imposta sui pacchi di basso valore provenienti da Paesi terzi giunge, inoltre, non a caso mentre la Commissione europea sta preparando una proposta di bilancio comunitario per il settennato 2028-2034.

La Presidente Ursula Von der Leyen, in un suo recentissimo discorso a Bruxelles aveva detto fra le altre cose: «Abbiamo bisogno di nuove risorse proprie. Abbiamo già presentato un pacchetto di proposte e stiamo lavorando a proposte aggiuntive», tra cui probabilmente la tassa di due euro sui pacchi.

L’iniziativa dei Ventisette segue quella degli Stati Uniti che dal 2 maggio scorso hanno represso le importazioni a basso costo mettendo fine al regime de minimis ovvero l’esenzione che permetteva l’ingresso di merci con controlli doganali a campioni e senza pagamento di dazi qualora il valore della spedizione fosse inferiore ad una certa soglia fissata fino a poco tempo fa in 800 dollari. Già tentato a febbraio dall’amministrazione Trump lo stop ai micropacchi era fallito miseramente dopo che le autorità federali avevano dichiarato di non avere le risorse per controllarli tutti.