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15 Dicembre 2025Yemen, la guerra e gli “spettatori” interessati
da Unsplash
L’offensiva militare dell’STC riaccende le braci di una guerra mai del tutto spenta. Cosa faranno Arabia, Emirati e gli Houthi?
“Promising future”, ovvero “futuro promettente”. In questo modo è stata ribattezzata l’operazione militare portata avanti dal Consiglio di Transizione Meridionale (STC), a inizio dicembre, all’interno del territorio orientale yemenita con l’obiettivo di conquistare le province di Hadramaut e di Al-Mahra, entrambe sedi di significativi giacimenti petroliferi.
Un’offensiva che, nonostante il nome, non sembra prospettare alcun imminente beneficio per lo stato dello Yemen e, in particolare, per la sua popolazione, costretta a confrontarsi quotidianamente con le estreme conseguenze di una violenta guerra che prosegue ininterrottamente dal 2014. Dalla cacciata del presidente Saleh prima, e del suo successore Hadi dopo, il conflitto civile tra le forze governative e i ribelli Houthi ha provocato una crisi umanitaria senza precedenti. In un simile contesto, l’ultima operazione militare promossa dall’STC nelle scorse settimane non ha fatto altro che mutare ulteriormente i fragili equilibri che si erano creati, conferendo nuovo vigore alle fazioni in lotta.
L’offensiva del Consiglio di Transizione Meridionale
Storico gruppo secessionista dello Yemen, alleato con gli Emirati Arabi Uniti, l’STC, nei primi giorni di dicembre, ha cominciato ad avanzare nei territori dei governatorati di Hadramaut e di Al-Mahra attraverso l’attuazione dell’offensiva “Promising future”. Un’operazione che, sfruttando l’instabilità del governo centrale, ha sin da subito riportato grandi successi per il movimento separatista, come risulta evidente dalla conquista delle città di Seiyun e di Al-Mukalla. Giustificata come risposta al dispiegamento di nuove truppe dell’Alleanza Tribale di Hadramaut, alleata con il PLC (Consiglio Direttivo Presidenziale), ovvero l’autorità yemenita riconosciuta a livello internazionale, presso i pozzi di PetroMasila, la strategia dell’STC nasconde ulteriori motivazioni.
Innanzitutto, il controllo su tali aree garantirebbe il potere sui maggiori giacimenti petroliferi presenti sul territorio dello Yemen, risorsa indispensabile per l’economia del paese. Inoltre, l’avanzata dell’STC verso il Golfo di Aden, come dimostra l’occupazione dell’Isola di Perim, sconvolgerebbe l’intero quadro politico yemenita escludendo il governo centrale dalle rotte navali che attraversano lo Stretto di Bab el-Mandeb, luogo di fondamentale importanza per il commercio globale. Tutto ciò potrebbe portare col tempo ad una nuova scissione del paese, sulla scia degli eventi precedenti l’unificazione del 1990.
Un quadro geopolitico in costante evoluzione
L’operazione “Promising future” promossa dall’STC rappresenta quindi un evento significativo nella storia del conflitto civile yemenita. Pur nel silenzio mediatico internazionale, l’escalation che si è manifestata in questi giorni delinea un futuro sempre più lontano dalla risoluzione finale della guerra. Di fronte a tale scenario, non è tuttavia ancora chiara la posizione dei ribelli Houthi, il movimento sciita-zaydita responsabile dei numerosi attacchi contro le imbarcazioni presenti nel Mar Rosso, che per il momento sembra limitarsi al ruolo di spettatore. Lo stesso vale anche per gli altri attori globali coinvolti nelle ostilità, a partire dagli Emirati Arabi Uniti e dall’Arabia Saudita, i cui interessi sul suolo yemenita potrebbero condurre ad un ulteriore mutamento delle dinamiche in atto.






