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Guerra in Ucraina, i rifugiati: un esodo verso l’Europa

Già tre milioni le persone fuggite dalle zone del conflitto

di Paolo Trapani 

Quasi 2 milioni in Polonia, circa 350 mila in Moldavia, mezzo milione in Romania, 250 mila in Slovacchia e altrettanti in Ungheria. Sono questi i numeri più significativi, e già devastanti, della bomba sociale determinata dalla guerra in Ucraina e precipitata sul vecchio continente: i rifugiati. 

La popolazione civile cerca una via di scampo in ogni direzione e tutti i Paesi europei ne sono coinvolti, Italia compresa. Le aree più sensibili, in questa fase del conflitto, sono soprattutto le nazioni confinanti con l’Ucraina e le stime sul numero complessivo di quanti si allontaneranno sono molto variabili. Alcuni esperti si sbilanciano in una previsione che, se si verificasse, sarebbe oltremodo drammatica: 8-10 milioni nei prossimi mesi. 

Donne e bambini in fuga

Ai 3 milioni di persone, che già si sono allontanate dalle proprie abitazioni, lasciandosi alle spalle le città e la terra di origine, se ne aggiungeranno, inevitabilmente, altre. 

Fondamentale dunque è la macchina dei soccorsi e dell’assistenza, anche perché a fuggire, spesso a piedi e per centinaia di chilometri, sono donne e bambini, visto che la popolazione maschile cerca di restare nella propria terra per combattere e difenderla.  

Alcuni luoghi, all’opinione pubblica del mondo finora pressoché sconosciuti, stanno diventando tristemente famosi in questi giorni: rappresentano i primi punti sulla cartina geografica da tutti segnati come la grande ancora di salvataggio del popolo ucraino che fugge da bombe, combattimenti, distruzione, carestia, miseria. 

Il confine ucraino/polacco

Cittadine di frontiera come Hrebenne e Medyka (entrambe al confine polacco/ucraino) sono al centro dell’attenzione perché ogni giorno vi si riversano decine di migliaia di persone. Il flusso è continuo, 24 ore su 24, basta vedere una delle tante dirette tv o social trasmesse dalle frontiere per capire le dimensioni di una enorme tragedia umanitaria. 

La situazione è drammatica soprattutto per la Polonia, la nazione più vicina al conflitto, perché nessun Paese è in grado di accogliere così tanti profughi. Serve necessariamente una politica comunitaria che, a partite dal metodo delle quote di accoglienza per ogni nazione aderente all’Ue, possa determinare un’azione di assistenza e integrazione, vera e duratura. Il tutto per non aggiungere un problema al problema, la possibile eventuale discriminazione verso chi fugge da una guerra, ma che se non adeguatamente integrato può determinare, col tempo, squilibri sociali. 

Guardando le immagini in tv e sul web un aspetto colpisce più di tanti: la dignità e la determinazione del popolo ucraino. Già questo, oltre tutto il resto, impone all’Europa di dimostrarsi finalmente un unico grande soggetto politico capace di attuare un intervento comunitario di vera integrazione. 

Tante iniziative di solidarietà, ma urge azione dei governi

In Italia da giorni si moltiplicano non solo le iniziative di raccolta dei viveri e delle medicine, da spedire nelle aree colpite e sopratutto nei primi luoghi di accoglienza dei rifugiati, ma crescono anche le richieste di accoglienza, presso le abitazioni private, che migliaia di famiglie avanzano in tutte le regioni del nostro Paese. Ma, al di là del nobilissimo spontaneismo dei privati, serve una grande politica di solidarietà e dunque, al di là delle iniziative dei singoli o delle associazioni, urge un’azione congiunta e coerente dei governi europei. La sfida del prossimo futuro è quella di ricevere i profughi e di integrarli nei Paesi di accoglienza. Gli interventi richiederanno un costo sociale ed economico enorme per le comunità europee e per il bilancio dell’Ue. Una sfida nella sfida, che nessun Paese può permettere di non affrontare tempestivamente e senza pregiudizi.