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Il Cile punta tutto sulle rinnovabili, con il più grande impianto termosolare: il Cerro Dominador

di Salvatore Luigi Baldari

La porta per un futuro a emissioni zero può avere tante forme. In Cile ha quella di una smisurata distesa circolare di specchi. Deserto di Atacama, uno dei luoghi più aridi del pianeta, dieci mila aerostati riflettono la luce del Sole concentrandola in cima a una torre.

L’hanno battezzata Cerro Dominador, il monte del dominatore, un luogo che rievoca la dimora di Sauron del Signore degli Anelli. E, invece, è il più grande impianto termo-solare dell’America latina. Capace di immagazzinare energia per ore, di generare elettricità anche di notte, al contrario di un normale impianto fotovoltaico.

Che cos’è il Cerro Domidador

Costato oltre 1 miliardo di euro, il Cerro Dominador è un pilastro dell’obiettivo che il Cile vuole raggiungere: la neutralità climatica entro il 2050. “Non avremo tanto petrolio, carbone o gas –  ha dichiarato fieramente il presidente Piñera – ma siamo ricchi di sole, l’energia del futuro”. L’intero complesso è formato da un impianto CSP (Concentrating Solar Power) da 110 MW e un impianto fotovoltaico “PV” contiguo da 100 MW,  operativo dal 2017.

Il CSP funziona con una tecnologia all’avanguardia che utilizza l’energia solare per riscaldare il sale fuso, successivamente stoccato in grandi serbatoi e utilizzato per generare elettricità, per mezzo di una turbina a vapore. Questa tecnologia fornisce fino a diciotto ore di immagazzinamento di energia, consentendo così la produzione di energia rinnovabile al 100% 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana.Il complesso può compensare circa 640.000 tonnellate di emissioni di CO2 all’anno e generare abbastanza energia per alimentare quasi quattrocentomila abitazioni. Il progetto del Cerro Dominador è finanziato e sostenuto dalla EIG, uno dei principali investitori in infrastrutture, leader del settore energetico globale.

Nel corso dei suoi 39 anni di storia, EIG ha impegnato più di 37 miliardi di dollari nel settore energetico attraverso almeno 370 progetti in 37 Paesi, in tutti i continenti. Attraverso questo progetto, il Cile si dimostra, sempre più, un modello da seguire in tema di energia. Con l’avallo dei produttori di elettricità, ha deciso di abbandonare il carbone e puntare sull’energia solare. Nettamente. Addio carbone e spazio alle energie rinnovabili. È questa la scelta dal Cile, con l’obbiettivo dichiarato di procedere alla chiusura graduale delle centrali a carbone esistenti, investendo sulle energie pulite, soprattutto solare. 

Nel 2030 in Cile il solare sarà la prima fonte di energia

Nel 2030 il contributo del carbone alla produzione di energia si attesterà al 25%, il rimanente 75% dell’energia prodotta per sostenere i consumi di famiglie, uffici e imprese cilene, arriverà da fonti rinnovabili. Il governo del Cile e Generadoras de Chile, associazione cilena dei produttori di energia elettrica a cui aderiscono anche l’italiana Enel, la francese Engie, la statunitense AES Gener e Colbun, hanno condiviso di non realizzare nessuna nuova centrale a carbone, se non di nuova generazione, ovvero con sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio o tecnologie equivalenti.

L’accordo stipulato prevede anche l’organizzazione di un gruppo di lavoro congiunto con il compito di stilare un programma di sviluppo e definire le condizioni in base a cui, nel contesto degli obiettivi della politica energetica al 2050, si potrà procedere alla cessazione graduale degli impianti a carbone attualmente in funzione nel Paese. Ad oggi, le centrali a carbone in Cile producono il 60 per cento del fabbisogno elettrico del Paese. Secondo gli accordi, entro il 2030 la quota dovrebbe scendere al 25 per cento, la restante parte dovrebbe essere assorbita dal solare. 

Da un rapporto pubblicato da Generadoras de Chile si evince che nel 2030, proprio il solare dovrebbe diventare la prima fonte di elettricità nel Paese, garantendo oltre un terzo della domanda.

Stando alle analisi pubblicate, per il 2030, il 29% dell’energia necessaria verrà coperto dall’idroelettrico, mentre le fonti solari fotovoltaiche ed eoliche ammonteranno al 42%. Il restante 4% sarà garantito da biomassa e geotermico. La necessità di affidarsi ancora al carbone, sebbene per una quota minima sarà necessario a garantire la flessibilità del sistema elettrico, entrando in azione durante la notte, o quando il vento che permette il funzionamento dei parchi eolici non è costante.

Il Green Deal europeo e gli impegni verso un’economia climaticamente verde

Dall’altra parte dell’Oceano, nel nostro angolo di mondo, gli sforzi verso gli stessi obiettivi sono concreti. Nell’ambito del Green Deal Europeo del settembre 2020, la Commissione ha proposto di alzare l’obiettivo della riduzione delle emissioni di gas serra per il 2030, compresi emissioni e assorbimenti, ad almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990. Ha preso in considerazione tutte le azioni necessarie in ogni settore, compresi un aumento dell’efficienza energetica e dell’energia da fonti rinnovabili, e avvierà il processo per formulare proposte legislative dettagliate, fra poche settimane, nel luglio 2021, con lo scopo di mettere in atto e realizzare questa maggiore ambizione.

Ciò consentirà all’UE di progredire verso un’economia climaticamente neutra e di rispettare gli impegni assunti nel quadro dell’Accordo di Parigi. I programmi Next Genereation Eu e Just Transition Fund, in questo senso, potranno e dovranno necessariamente integrare gli obbiettivi già stabiliti, tenendo magari una finestra aperta sul Cile e il suo Cerro Dominador.