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Le traduttrici italiane che sfidano Putin

Il collettivo Zeta3” traduce il dissenso in Russia, in solidarietà a Doxa, il giornale moscovita sotto accusa politica

di Lorenza Cianci

«Il 14 aprile, la mia vita, come si suol dire, si è divisa in un prima e in un dopo. All’inizio era una perquisizione chiassosa. Mi hanno svegliato dopo un paio d’ore di sonno e, dopo avermi chiesto di mettermi in contatto con un mio avvocato, hanno fatto irruzione dentro casa».

Armen Aramjan getta inchiostro in medias res mentre attende un giudizio assurdo: è il monologo di un giornalista che documenta frammenti di tempo senza ritorno. Insieme a lui, nel tribunale del distretto del quartiere moscovita di Basmannyi, ci sono altri tre giornalisti. Altre tre manette, altri tre monologhi. E si chiamano: Alla Gutnikova, NatašaTyškevič e Volodia Metelkin.

Scrivono per Doxa, una testata indipendente nata dal prestigioso cuore universitario della capitale russa, nel 2017. Tutti giovanissimi, rischiano tre anni di carcere e una multa fino a 900 mila euro. L’accusa: incitamento di minori ad “attività pericolose” tramite mezzo stampa.

La versione dello stralcio di monologoche abbiamo proposto ci è arrivata dal Collettivo Zeta3: un gruppo, attivo da poche ore, di traduttrici italiane di lingua russa, in aperta solidarietà ai quattro giornalisti fermati. Il nome nasce da una «fascinazione della parola russa “Zep”, “catena”. E tre catene ci avvolgono le mani: catene della lingua, del suono, della libertà».

Lo scopo è affidarsi alla traduzione, «per non metterci del “proprio”: spesso si usa la Russia come un talk. La nostra idea è proprio quella di non personalizzare, ma veicolare le parole che qui, in Italia, altrimenti, non possono arrivare in nessun modo. Una traduzione che cerca di essere umile, di creare un ponte di osservazione, che sia un servizio pubblico», ci spiegano. Sperano che il progetto si ampli e coinvolga sempre più studiosi e studiose.

Quello di Doxa, da cui l’impresa di traduzione è partita, è un caso emblematico, per il collettivo, di censura della libertà: di espressione, di stampa, di manifestazione. E che ha origine da molto lontano.

Come ci sono finiti in manette quattro giornalisti di una piccola testata cresciuta tra i banchi della autorevole Vysšaja škola ėkonomiki?

Durante la prima diretta Facebook del collettivo, le studiose di Zeta3, ce lo hanno spiegato. Con loro, in questa occasione, anche lo studioso e professore Giovanni Savino, una delle voci più autorevoli, ad oggi, sulla Russia Contemporanea.

Partiamo dal 2019.

2019. «Per libere elezioni»

A Mosca, oggi, è l’8 settembre 2019. Ci sono più di un milione e mezzo di persone a votare 45 deputati della Duma della città federale di Mosca. Nella segreta stanza del seggio, una lista di simboli politici invitano tutti al dovere civico. In questo alfabetario, non ci sono: nomi di ex deputati della Duma di Stato e deputati dei municipi, membri del partito “Yabloko”, né del FBK (Fondo Anti-Corruzione), colleghi di Aleksei Naval’nyj. Mancano 57 nomi, in tutto.

Sono stati esclusi dalla competizione elettorale perché per candidarsi alla Duma di Mosca bisogna avere circa 5mila e 500 firme, e raccoglierle nel giro di 29 giorni; bisogna averne l’equivalente del 3% di tutti gli elettori del collegio elettorale. E, se pure i competitors indipendenti hanno raggiunto il risultato, più del 10% di queste firme non sono state ritenute valide. Tanto basta, costituzionalmente, a estrometterli. Addirittura, la Commissione elettorale ha detto che, i candidati indipendenti, molte schede le avevano fatte firmare ai morti.

I cittadini imbucano la scelta nella scatola di voto, ed escono. Non sanno bene se il loro voto è per Russia Unita, oppure no. Se sia stato davvero “un voto ragionato”.

Solo un mese fa, infatti, sulla prospettiva Sakharov, erano in migliaia, a protestare contro l’estromissione dei candidati indipendenti dell’opposizione a Russia Unita, il partito di Putin. Se l’organizzazione non governativa Contatore bianco ne ha contati 60mila di manifestanti, la polizia russa specifica che quel giorno, il 10 agosto, non c’erano che 20mila. I processi sui partecipanti la protesta si stanno celebrando legittimati dall’ex articolo 212 del Codice Penale, quello relativo alla presa parte ai disordini di massa. Decine di fascicoli d’indagine pendenti, aperti da Procura e Comitato investigativo. È una delle più importanti proteste che la Russia abbia visto negli ultimi anni. Il “caso Mosca”: così, lo chiamano i giornalisti. Amnesty Internationalle ha definite «assurde»queste «indagini penali contro manifestanti pacifici»; Agorà, il gruppo internazionale per i diritti umani che raccoglie molti avvocati russi, ha richiamato il relatore speciale delle Nazioni Unite per la «mancanza di indipendenza dei giudici per le decisioni emesse contro i partecipanti nelle manifestazioni pacifiche a Mosca nel luglio-agosto 2019». Una giustizia, hanno detto molti, con il piede sull’acceleratore.

Il ruolo di Doxa nelle manifestazioni moscovite del 2019

Intanto, alla Vysšaja škola ėkonomiki, la piccola redazione di Doxa organizza una raccolta fondi a favore dei manifestanti e dei prigionieri politici di quest’estate 2019.

È già autunno che, dagli strali di denuncia del suo sito, i suoi giornalisti puntano il dito contro la rettrice della Russian State Social University, Natal’ja Počinok, in corsa per uno dei distretti. Denunciando lei di nepotismo e l’Università, piuttosto, di essere una “fabbrica di lauree false”. Ne è nato un “incidente diplomatico” tra università, con il risultato che Doxa ha perso lo status di “organizzazione universitaria” (e, di conseguenza, i relativi fondi): ora è, ufficialmente, testata indipendente. Non ha abbandonato, però, la sua vocazione al fianco degli universitari. Durante le proteste di piazza che caratterizzeranno anche il nuovo anno, il 2020, Doxa rivendicherà anche il suo ripudio ai metodi antidemocratici del governo Lukašcenko in Bielorussia. Il giornalista Andrej Sinitsyn su Republic affermerà, poi, che «quando sono cominciate le proteste in Bielorussia, ad agosto, i russi hanno osservato la reazione del regime come se fosse una cosa da medioevo (…)». Ma, sottolineerà il giornalista, «la distorsione cognitiva era enorme».

Infatti, il 2020, in Russia, non verrà ricordato solo per la drammatica pandemia da Covid-19.

Il 2020 tra COVID-19 e riforma costituzionale

Il 2020 è anche l’anno della riforma costituzionale. E di un quesito referendario che chiede a 140 milioni di cittadini di modificare ben 40 articoli della Costituzione della Federazione Russa. La Duma, la camera bassa del Parlamento della Federazione, legifera, hanno scritto, come una “stampante impazzita”. Il punto clou del referendum, almeno per la stampa estera, rimane quello che permetterebbe a Putin un incarico sine die: il Presidente «potrà presentarsi nuovamente alle elezioni presidenziali nel 2024 e l’eventuale vittoria gli consentirebbe di governare fino al 2036» come ha spiegato lo studioso di Russia Contemporanea Fabio Bettanin.

Tutti sappiamo che, questo referendum, non è necessario. È solo un voto plebiscitario su Putin, «voluto dal presidente per avere un’ulteriore approvazione da parte del popolo» conclude Bettanin. Putin sarà, nel caso, il leader più longevo al potere. Prima, anche, di Stalin.

Un video in difesa della libertà di espressione e troppi libri in casa”: scoppia il caso penale Doxa

È alla luce del Codice Penale della Federazione Russa che, articolo 151.2, materia di “coinvolgimento di minori in attività pericolose”, sul tavolo dei siloviki arriva un video di Doxa con data: 23 gennaio 2021. Dal loro sito, invitano gli studenti a non avere timore di esercitare la propria libertà di espressione. Un video, nei minimi termini, di educazione alla rappresentanza attiva o, come meglio espresso dalle Zeta3, di «educazione civica». L’occasione del video la fa la dura protesta di piazza, finita con circa 1200 arresti, contro l’arresto Navaln’iy, leader dell’opposizione a Putin. Ma l’arresto di Navalni’j è solo una testa motrice di un dissenso in realtà sotto-strutturale, che si posiziona, in modo netto, in termini differenti rispetto a quanto detto spesso dalla favella occidentale, che appiattirebbe i multidimensionali movimenti di “resistenza dal basso” al gruppo di opposizione politica navalni’jana.

Il 14 aprile 2021 alcuni agenti di polizia fanno irruzione negli uffici di Doxa per effettuare una perquisizione. Vanno anche a casa dei ragazzi: un blitz alle sei e trenta del mattino, negli appartamenti di 4 editori di Doxa e a casa dei genitori di due di essi. Un agente chiede alla madre di Armen come mai, al momento della perquisizione, nella sua casa, ci fossero così tanti libri.

Il sostegno dei traduttori indipendenti italiani, il Collettivo Zeta3

Le ragazze del Collettivo Zeta3 traducono, adesso, senza sosta. Leggono, durante la prima, ufficiale, diretta Facebook, commosse, i monologhi dei giornalisti fermati: «la cosa grave è che loro sono degli accademici e una cosa del genere potrebbe danneggiare la possibilità di continuare un dottorato, di continuare a fare ricerca in Russia». Il ricavato delle traduzioni pubblicate andrà al giornale Doxa, e in sostegno della stampa indipendente. Non sono le uniche, ad aver dato solidarietà a Mosca, ma numerose sono le realtà no-profit e le Università italiane a sostegno della redazione moscovita: «Doxa è la nostra prima causa, ma non sarà certo l’ultima», conclude il collettivo. Un primo passo per catalizzare contenuti autentici e comprendere cosa sta accedendo davvero, al livello di libertà di stampa, nella Russia sine die di Vladimir Putin.

Note alla lettura:

1. Riguardo il conseguimento dei diritti elettorali per essere eleggibili si vedano Art.37 comma1.2 della Legge Federale n.67 “Sulle garanzie di base dei diritti elettorali e il diritto di partecipare a un referendum dei cittadini della Federazione Russa(2002)”. E il Codice elettorale della città di Mosca. Sull’esenzione dall’obbligo di raccolta firme, si veda la Legge Federale n.67 all’articolo 35.1 (= GALIMOVA 2019);

2. Riguardo la Riforma costituzionale e voto referendario del 2021, si riporta all’approfondimento di Ilmira Galimova, La Russia tra la “grande riforma” costituzionale e le misure anti-Covid, il rapporto di Amnesty International e l’intervista a Fabio Bettanin per l’Università di Bologna;

3. Sulla questione della transizione dopo Putin Russia 2020, l’inizio della transizione? Il bilancio del prof. Savino;

4. Sui temi istituzionali, Mara Morini, La Russia di Putin, Il Mulino, 2020;

5. Riguardo la stampa indipendente “sotto attacco”, anche questo articolo su Formiche.net relativo alla redazione del giornale “Meduza” del professore Giovanni Savino;

6. Per l’approfondimento sui temi dellariforma e del governo Putin a mio parere fondamentali i contributi del professore Giovanni Savino. In particolare, sul sistema giudiziario in Russia, l’articolo apparso su “Intersezionale”, La giustizia Russa e le persecuzioni giudiziarie: molte condanne e poche assoluzioni