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Mediterraneo, le donne in mostra di Angela Calacagni

di Simone Cataldo 

“Oggi è arduo intuire cosa sia un’opera d’arte. Dal momento in cui è stata inventata la fotografia tutto ciò che esprime qualcosa può essere considerata tale. Io personalmente padroneggio il computer, con la tavoletta grafica disegno qualcosa che potrei illustrare con i pennelli su tela. La possibilità di stampare le mie opere e, dunque, di non avere un pezzo unico, mi permette di diffonderle più di un quadro. Perché un quadro dev’essere unico? L’arte dovrebbe essere fruibile a tutti, pertanto la stampa e la riproduzione in serie mi conferiscono la sensazione che più persone possono possedere una cosa bella”.

È così che ha inizio il viaggio nell’arte di Angela Calcagni: uno schiaffo, metaforico, alla teoria della mercificazione dell’arte avanzata da Theodor Adorno poco meno di un secolo fa. Da un lato uno dei sociologi e filosofi più significativi del Novecento, dall’altro un’artista moderna, libera e con il sorriso stampato sul volto che prende atto di come non si possa ormai fare a meno delle regole del commercio e della modernità. D’altronde è pressoché impossibile dargli torto, la produzione in serie è ormai nostra compagna di vita. 

Credo sia giusto introdurre in questi termini la mostra “Mediterraneo. Il mare, le donne, le bellezze” tenutasi negli scorsi giorni a Lecce, presso la sede della fondazione Palmieri. A far da sfondo all’esposizione delle opere della Calcagni l’affascinante Chiesa di San Sebastiano. Proprio quest’ultima ha dato vita a un’unione artistica non di poco conto: ai pochi affreschi sopravvissuti di stampo biblico presenti all’interno della cupola, seguivano i ritratti del Salento, delle salentine e degli elementi dell’affascinante territorio pugliese: il blu, il bianco, il verde e il dorato, colori chiave delle illustrazioni dell’artista di origini piemontesi.

Angela Calcagni, donna, artista e tanto altro: la mostra

“Se dovessimo partire dall’inizio, tengo a specificare che per Mediterraneo intendo questa parte del Sud Italia, inteso dunque come bellezza mediterranea ricca di luoghi unici e colori straordinari: il cielo è sempre azzurro – spiega Calcagni illustrandoci la mostra. Inoltre mi piace esaltare la figura della donna di questa terra, unica nel suo genere e la più bella di tutte. Personalmente il contrasto tra la bianca architettura salentina e l’azzurro del cielo mi fa star bene”.

Nata a Torino e cresciuta a Lecce: sono queste le due tappe fisse della vita di Angela Calcagni. Lei si definisce un colibrì, pronto ad accettare le sfide della vita, prenderle di petto e trarne lezioni. Figlia degli strascichi del boom economico post seconda guerra mondiale, i genitori, salentini anch’essi, la portarono nella prima capitale italiana. Un posto che ha formato Angela negli anni, ma che lei in confidenza definisce cambiato: gli operai non sono più l’emblema della cittadina, ora è il turismo a spiccare nel capoluogo piemontese. Ma a rimaner nel cuore è la terra che viene bagnata dal Mediterraneo, ed è per questo che lei si definisce “anche Salentina”. “Tra tutte le donne da me rappresentate ce n’è una che segna un contrasto tra la figura femminile presente nel Mediterraneo e quella che occupa il resto del mondo: lei è spigolosa, di stampo parigino e palesemente di un altro territorio, al contrario delle sue simili che sono morbide, una caratteristica che riporta anche al cuore e all’accoglienza calorosa che riserva questo territorio fantastico”.

Ed è il binomio tra libertà e figura femminile che affascina di più, perché entrando nella chiesa di San Sebastiano qualsiasi uomo si sentirebbe a disagio: due rappresentazioni, una di Penelope e un’altra di Atlantide. Insomma, il fascino non manca, la bellezza è visibile anche attraverso un’illustrazione stampata. Poi, un po’ nascosta, appare una grafica che rappresenta una barchetta, sola, nel mezzo del mare. Insisto per capire cosa faccia lì, ma Angela è ferrea nel dirmi che “È lì, non c’è nessuno apparentemente, è libera. Chiunque può ricamarci attorno un significato o una scena”.

Ed è dietro una semplice barchetta a vela che si racchiude il significato della mostra, in quanto è oggetto onnipresente nelle grafiche della Calcagni. “È il mezzo utilizzato da Penelope – spiega l’artista. Donna importante, nel mio caso stanca di aspettare Ulisse, di essere dipendente da lui. Esce. Scopre di avere tante cose belle, si immola da sola a regina e diventa la regina di Saba, un regno senza vincitori, vinti e schiavi. È questa la storia che volevo rappresentare. Un mondo libero. La libertà”.