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Niente governo, elettricità e inflazione record: la crisi nera del Libano

di Roberta Caiano

Niente acqua, elettricità, carburante e governo. A due anni dalle prime proteste e contestazioni contro l’intero establishment, la fotografia del Libano appare sempre più piena di ombre e lati oscuri che non riescono a trovare una via d’uscita. Quando nell’ottobre del 2019 sono cominciate le manifestazioni di studenti e cittadini scesi in piazza a Beirut, il declino del Paese dei Cedri è stato sempre più vicino fino ad oggi dove l’inferno si estende a macchia d’olio. Sono freschi i dati che riguardano un record dell’inflazione, definita appunto iperinflazione, dove la lira libanese ha perso una percentuale pari al 90 % del suo valore rispetto al dollaro in questi due anni di crisi economica, portando il Paese al collasso totale. Il potere d’acquisto dei lavoratori pubblici, stipendiati in lire locali, è crollato fino al punto che uno stipendio, che nel 2019 valeva circa mille dollari in lire libanesi, oggi vale 80 dollari. Secondo gli ultimi dati di maggio, i prezzi delle merci e dei beni al consumo è schizzato al 120%. Come riporta il sito locale The961, gli enti giudiziari hanno vietato i siti che segnalano il mercato nero e il tasso parallelo ritenendo di essere responsabili dell’inflazione. Ma dopo il divieto, non c’è stato alcun cambiamento nel tasso di cambio”, consolidando così la reale situazione di disagio economico e sociale in cui versano i libanesi.

Proprio per questo, la mancanza di acqua, elettricità e sono sempre più frequente così come lo sono i black-out, conseguenza del fermo delle principali centrali per mancanza di carburante. Infatti, data la mancanza di valuta straniera, in questo caso i dollari statunitensi, le autorità territoriali non hanno le risorse economiche per pagare le importazioni di carburante. La stessa azienda fornitrice di energia elettrica, la Electricite Du Liban (Edl), ha annunciato lo stop a tempo indeterminato degli impianti di Deir Ammar e Zahrani, i quali forniscono circa il 40% dell’elettricità, chiedendo ai cittadini di ridurre al minimo i consumi contribuendo così al disfacimento del Libano e dei suoi abitanti. Come se non bastasse, la Banca centrale libanese non dispone più di capitali, ma ha iniziato ad attingerne una parte dai correntisti libanesi rischiando un impoverimento senza precedenti. Se nel marzo del 2020 il territorio medio-orientale ha dichiarato ufficialmente il default finanziario, la devastante esplosioni avvenuta al porto di Beirut lo scorso 4 agosto non soltanto ha mietuto più di 200 persone, costringendo circa un terzo degli abitanti della città ad abbandonare le proprie case, ma ha dato la stoccata definitiva verso un punto di non ritorno.

Le accuse più gravi vengono mosse alle autorità istituzionali, che dall’anno precedente non trova pace. Dopo la deflagrazione l’ex premier Hassan Diab si era dimesso in blocco con tutto il governo, scatenando un ulteriore buco nella profonda fossa della crisi libanese. Dopo un anno, la situazione non è di certo migliorata: proprio in questi giorni il premier incaricato Saad Hariri ha rinunciato all’incarico dopo nove mesi, non riuscendo a trovare un accordo con la coalizione del presidente della Repubblica Michel Aoun. Quest’ultimo, intanto, è obbligato dalla Costituzione a riaprire le consultazioni per affidare l’incarico a un’altra personalità, sebbene sembri che questo non avvenga in tempi brevi. In tutto ciò, gli abitanti sono esasperati e le strade cominciano e riempirsi nuovamente di proteste e disperazione. Secondo i dati diffusi dall’Onu, più della metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà e oltre un terzo dei minori del paese va a letto senza cibo. Anche la reperibilità dei medicinali sta diventando un arduo lavoro, tanto che i farmacisti nei giorni scorsi hanno scioperato dichiarando di non avere neanche semplici analgesici. Senza contare che il costo è sproporzionato in base ad uno stipendio comune, considerando che circa il 70% dei libanesi vive con meno di cento dollari al mese il costo dei farmaci potrebbe rappresentare anche un terzo delle loro entrate mensili. I cittadini si sono attivati attraverso mezzi propri, affidandosi alle donazioni di persone vicine, dall’estero e via internet ma la situazione sta precipitando in caduta libera con un collasso mai visto negli ultimi trent’anni. Conseguentemente a questa condizione, anche gli ospedali stanno risentendo della mancanza dei principali servizi come acqua, medicinali e la corrente elettrica, la quale manca anche per 21 ore al giorno. Senza considerare che l’emergenza Covid è ancora in atto, mettendo a rischio le precauzioni necessarie ad impedire la diffusione del contagio e i pazienti che hanno bisogno di cure specifiche. Nonostante tutti i settori si siano accodati ai farmacisti nello sciopero, la lotta sempre ancora dura da vincere fino a quando la crisi economica non subirà una battuta d’arresto.