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Un anno dal lockdown: lo smarrimento dei Millennials

di Roberta Caiano

E’ trascorso esattamente un anno dal lockdown. Il 9 marzo del 2020 l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte in diretta Tv e social tenne una conferenza stampa per annunciare la totale chiusura dell’Italia. Il Coronavirus non solo era piombato nelle vostre vite all’improvviso, ma in maniera altrettanto repentina ha cominciato a seminare morti e contagiati con una rapidità devastante. Sono passati 365 giorni da quel momento, eppure ci troviamo in una situazione molto simile, vicini a nuove drastiche misure di contenimento Covid e con varianti del virus ritenute più “aggressive e letali” della prima ondata, tra cui quella inglese, sudafricana e brasiliana. I provvedimenti più stringenti sono così dietro l’angolo, anche se abbiamo avuto un assaggio di un semi-lockdown nelle festività natalizie con divieti di spostamento e chiusura totale delle regioni ancora oggi attiva.

In questo nuovo anno abbiamo imparato a rapportarci con la didattica a distanza, lo smart working e nuovi modi di pensare le nostre abitudini e la nostra quotidianità. In particolar modo le fasce più sensibili della popolazione, come bambini, adolescenti e anziani, sono stati sottoposti ad una fatica doppia nell’accettare o fare i conti con questa nuova situazione di isolamento totale, ognuno in modo diverso dall’altro. Eppure una delle categorie che spesso è bistrattata o scontata è proprio quella dei Millennials, ovvero la generazione comprensiva dei nati tra il 1981 e il 1995. Anni a cavallo tra due decenni in cui tutto in Italia si credeva attuabile, in cui si è potuta tastare la fioritura delle possibilità su un terreno ritenuto florido di opportunità e coraggio. Soltanto all’inizio della pandemia, nell’aprile 2020 un articolo su The Atlantic titolava “Millennials are the new lost generation”. A distanza di un anno, la nuova ‘generazione perduta’ sembra ancora non aver trovato il proprio percorso e una dimensione fissa. Anzi, la pandemia sembra aver ingigantito problematiche e progetti già instabili e ora ancora più difficili da realizzare o tenere in piedi. 

La fascia di età compresa dai 25 ai 40 anni è in realtà quella più delicata, in cui si esce da un percorso universitario, di formazione, lavorativo o in cui si ha già una famiglia, una carriera o un progetto di vita ben avviato. Per assurdo, in questa categoria sono racchiuse la maggior parte delle realtà socioeconomiche del nostro Paese su cui inevitabilmente si è abbattuto il virus. Molti di questi hanno perso il lavoro, altri sono impantanati nella ricerca di trovarne uno e altrettanti hanno subito le conseguenze della crisi pandemica sulle loro attività o sui loro progetti. Ma c’è anche chi, al contrario, ha tentato la strada del lavoro autonomo o ha investito sulle proprie passioni soccombendo alla mancanza di lavoro. Difatti, sebbene la quarantena e il totale isolamento abbia portato giovamento ad alcuni, la maggior parte in realtà vagano nello smarrimento più totale. A dicembre del 2020 gli ultimi dati dell’Istat relativi alla disoccupazione giovanile sfioravano il 30%, in aumento rispetto all’anno 2019. Ma a preoccupare maggiormente è il tasso di occupazione drasticamente calato nella fascia di età compresa proprio tra i 25 e i 34 anni, con una diminuzione dell’1,8 %, abbracciando così la generazione Millennial a tutto tondo. L’incertezza di un lavoro fisso e dei liberi professionisti, i contratti a tempo determinato o progettuali, con l’avvento dell’epidemia Covid non hanno fatto altro che alzare l’asticella della preoccupazione nei confronti della generazione che, paragonata a quella precedente dei Boomers, vede un collasso non indifferente.

Ciò provoca timore anche e soprattutto in virtù della nuova generazione Z, la quale subisce gli anni della crisi pandemica vedendo la luce del loro futuro ancora più lontana. Infatti, secondo il recente rapporto trimestrale su Occupazione e sviluppi sociali in Europa pubblicato a fine dicembre 2020 dall’esecutivo dell’Unione Europea, i Neet, cioè la fascia di giovani che non lavorano, non studiano, né cercano lavoro o si impegnano nel fare formazione, sono in continuo aumento. Soltanto nella nostra penisola i giovani Neet tra i 15 e i 24 anni hanno raggiunto la soglia del 20,7%, dato che si aggiunge a quello che riguarda il tasso di attività delle persone tra i 15 e i 64 anni sceso al 72,1% in tutta l’Unione Europea. Inoltre, sempre stando ai dati riportati dall’Istat, anche i numeri che riguardano l’incentivo alle assunzioni giovanili hanno subito un flop. Indissolubilmente tutto questo ha un impatto psicosociale degno di nota, con la conseguenza di un disorientamento sempre più frequente per tutte le categorie, ma con un cono di luce particolare su quelle che dovranno prendere in mano le redini del futuro del Paese.