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30 Giugno 2025Takahiro Shiraishi, “il killer di twitter”

Sulla bio del suo account Twitter, Takahiro Shiraishi scriveva di rivolgersi alla persone «che soffrono davvero» e invitava a contattarlo con un messaggio diretto.Takahiro, 34 anni, viveva in un appartamento a Zama, città che dista una cinquantina di minuti dalla capitale Tokyo. In questo appartamento, nell’ottobre del 2017, la polizia trovò due teste umane e pezzi di cadaveri in stato di decomposizione, conservati in vari contenitori refrigerati o dentro delle scatole. Otto donne e un uomo, fra i quindici e i ventisei anni. Nove cadaveri che poi si scoprirà Takahiro aveva drogato, violentato, strangolato e fatto a pezzi. Tutti loro avevano raggiunto l’appartamento spontaneamente, dopo che ciascuno di loro aveva espresso pensieri suicidi sui propri account Twitter. Takahiro leggeva i loro pensieri, li contattava e offriva il suo aiuto, per realizzare il loro desiderio e persino morire al loro fianco.
Per questo, durante il processo, conclusosi nel 2020, i suoi avvocati sostenevano che le persone uccise glielo avessero chiesto e che si trattava di casi di omicidio consensuale, per i quali sono previste pene molto lievi, dai sei mesi ai sette anni di carcere. La Corte, però, aveva respinto questa argomentazione, stabilendo che il caso aveva “causato grande ansia nella società a causa della diffusione dei social media”. Più in generale, infatti, il Giappone è uno dei Paesi industrializzati con il maggior tasso di suicidi e dove lo spettro del karoshi, asfissia gran parte della popolazione.
L’attenzione mediatica al processo, inoltre, aprì un dibattito sul gran numero di persone che descrivevano la loro depressione sui social senza ricevere aiuto e portò il Governo a implementare dei piani sociali di prevenzione che negli ultimi anni pare stiano iniziando a produrre risultati confortanti, almeno dal punto di vista statistico. Twitter, ormai chiamata X, dopo l’episodio aggiornò le sue regole d’utilizzo vietando agli utenti di “promuovere o incoraggiare il suicidio o l’autolesionismo”.
Ai giudici Takahiro ha ammesso di aver ucciso e massacrato le sue giovani vittime, confessando di aver ucciso «per motivi economici» e «per soddisfare i suoi desideri sessuali, senza alcun consenso». Al momento della sentenza non ha presentato ricorso.
La pena di morte in Giappone
La sentenza stabiliva il massimo della pena: la condanna a morte per impiccagione, l’unico metodo utilizzato in Giappone per la pena capitale. Le date delle esecuzioni non vengono rese pubbliche fino a dopo l’esecuzione. Le esecuzioni sono avvolte nel segreto, con scarso o nessun preavviso, e le famiglie e gli avvocati vengono solitamente avvisati solo dopo l’esecuzione.
Secondo la legge deve essere eseguito entro sei mesi dalla sentenza definitiva, ma nella stragrande maggioranza dei casi, avviene dopo diversi anni durante cui i detenuti restano in isolamento. Stando a dei dati del 2023, nelle carceri giapponesi sono almeno 107 le persone condannate a morte. Come ricordato anche dall’ultimo rapporto di Amnesty International, il Giappone è, insieme agli Stati Uniti, l’ unico Paese del G7 che prevede la pena di morte. https://www.laredazione.net/pena-di-morte-numero-record/
Takahiro Shiraishi, soprannominato “il killer di twitter” è stato impiccato il 26 Giugno 2025.