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Caos al Sud, le imprese diffidano lo Stato

La Struttura creata ad hoc non è riuscita ad evadere le pratiche di rilascio dell’autorizzazione unica delle aziende interessate ad investire nei territori del Meridione.

Doveva essere lo strumento che avrebbe messo il turbo allo sviluppo del Sud Italia, eppure è ancora lì, fermo al palo. La scorsa estate avevamo annunciato la decisione del Governo italiano di unificare le otto Zone Economiche Speciali, già disegnate nei territori del Mezzogiorno, in un unico perimetro. https://www.laredazione.net/in-arrivo-la-zona-economica-speciale-unica/

L’idea di fondo era quella di superare il modello originario istituito nel 2017, rivelatosi poco efficiente ed operativo, approdando verso un nuovo approccio in grado di conferire strategicità e maggiore coordinamento degli interventi. Il tutto sempre nell’ottica di attrarre investimenti e aumentare la competitività dei territori interessati. Anche da Bruxelles era arrivato l’ok per l’unificazione delle aree in una unica Zes. Ma, a distanza di quasi un anno, a che punto siamo? Le istanze di autorizzazione unica? Il piano strategico? Il decreto interministeriale sul credito d’imposta? Le infrastrutture legate al Pnrr? Di tutto ciò, si sono perse le tracce.

La Struttura di missione guidata da Antonio Caponetto, insediata solo il 1 marzo 2024, non è riuscita ad evadere le pratiche di rilascio dell’autorizzazione unica delle imprese interessate ad investire sui territori del Meridione, eludendo le disposizioni del decreto-Pnrr che aveva previsto la chiusura di questi iter proprio entro il 1 Marzo, in ossequio al principio della continuità amministrativa con il precedente sistema dei singoli Commissari straordinari. Per tutta risposta, fa sapere L’Edicola del Sud, molte imprese hanno fatto partire le diffide nei confronti della Struttura, mentre altre hanno deciso di sospendere i propri investimenti. Il Consigliere di Stato Caponetto ci ha tenuto a far sapere, inoltre, che in attesa della definizione del Piano Strategico, la sua Struttura di missione gestirà soltanto le pratiche relative alle zone industriali, mentre toccherà ai singoli Comuni rispondere alle altre istanze di autorizzazione unica.

Una situazione di caos, insomma, che contraddice la legge secondo cui spetta alla Zes processare le domande per qualsiasi tipo di attività produttiva, secondo le procedure semplificate che le sono state attribuite, a differenza dei Comuni, i quali dovranno continuare a rispettare i dettami e i tempi canonici della Pubblica Amministrazione. A tutto ciò si aggiunge il paradosso dell’istituzione delle Zone logistiche semplificate nei territori del Centro-Nord Italia, avvenuta con un dpcm del 4 Marzo scorso. Queste ultime sono molto simili alle vecchie Zes meridionali e si prefiggono gli stessi obiettivi.

Se al Sud si va nelle direzione di un maggiore accentramento con una zona unica che fa capo ad una struttura di missione insediata a Palazzo Chigi, al Centro-Nord si segue la via opposta, quella del decentramento. Si comprendono difficilmente queste scelte se inquadrate accanto al disegno di legge dell’autonomia differenziata. Se, per il Mezzogiorno, il Governo ha ritenuto più efficace un modello concentrico eleggendolo a perno di una politica industriale per tutta l’area, perché poi si persegue parallelamente la frammentazione delle politiche pubbliche attraverso l’autonomia differenziata? Il termometro che ci racconterà l’andamento di queste scelte sarà il volume di investimenti che le diverse aree riusciranno ad attrarre, andando a benefici dei rispettivi territori.