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Ich bin ein Berliner, 60 anni dopo

È il sessantesimo anniversario del discorso pronunciato da Kennedy a Berlino, considerato dagli esperti un capolavoro dell’oratoria politica del Novecento.

Ich bin ein Berliner.

Quattro parole consegnate alla storia come fra le più iconiche di John Fitzgerald Kennedy, Presidente degli Stati Uniti dal 20 gennaio 1961 al 22 Novembre 1963.

La settimana che ci siamo lasciati alle spalle abbiamo celebrato esattamente il sessantesimo anniversario di questo significativo discorso, considerato dagli esperti un capolavoro dell’oratoria politica del Novecento, in cui il ricorso a captatio benevolentiae, sillogismi, caso invalidante, lo rende carico di empatia e incisività, al punto da essere preso a modello ancora oggi.

Era il 26 Giugno del 1963 e il 35° Presidente degli Stati Uniti era volato in visita ufficiale a Berlino Ovest, a tutti gli effetti un’oasi occidentale nel cuore del territorio controllato dai sovietici.

Quando Kennedy giunse in terra tedesca, il Muro era stato eretto da quasi due anni e soltanto pochi mesi prima si era consumato uno dei momenti di tensione più critici fra Stati Uniti e Unione Sovietica, la crisi dei missili cubani.

Il ponte-aereo fu un successo

 

In quel giorno, tra l’altro, ricorreva il quindicesimo anniversario del ponte-aereo, messo in funzione per rispondere alla chiusura delle vie d’accesso di Berlino perpetrata dai sovietici, con l’obbiettivo di indurre gli Alleati a lasciare la città. Ma il ponte-aereo si rivelò un successo assoluto, al punto che Stalin fu costretto a revocare il blocco, appena un anno dopo. Una folla calorosa accolse il Presidente americano per le vie di Berlino, accompagnandolo con applausi, cori e striscioni mentre questi attraversava la città a bordo di un’auto scoperta.

Per quelle gente la visita di Kennedy rappresentava una speranza di libertà, il segnale che gli Stati Uniti non li avevano abbandonati,  a maggior ragione che nei mesi precedenti erano stati accusati di non aver risposto con adeguata durezza alla costruzione del Muro. 

Il discorso di Kennedy

Davanti a duecentocinquanta mila persone che lo osannavano nella Rudolph-Wilde-Platz, Kennedy affacciato dal balcone di Municipio di Schöneberg scaldò i cuori dell’intero Occidente con delle parole che suonano come musica: ‹‹Duemila anni fa l’orgoglio più grande era poter dire civis romanus sum. Oggi, nel mondo libero, l’orgoglio più grande è dire Ich bin ein Berliner. Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole Ich bin ein Berliner››.

I più informati tramandano che il Presidente avesse avuto l’idea di pronunciare quelle parole, mentre saliva le scale del municipio e chiese in fretta e furia al suo interprete di tradurgli in tedesco “I am a Berliner”, annotandosi la pronuncia su un foglietto. 

Parole che restarono e restano scolpite nella storia.

Nel prosieguo del suo discorso criticò aspramente l’Unione Sovietica, la Germania Est e il comunismo, riferendosi direttamente a coloro che pensavano si potesse dialogare rispose con «Lass’ sie nach Berlin kommen» , ovvero “Lasciate che vengano a Berlino”. 

«Ci sono molte persone al mondo che non capiscono, o che dicono di non capire, quale sia la grande differenza tra il mondo libero e il mondo comunista. Che vengano a Berlino.

Ce ne sono alcune che dicono, ce ne sono alcune che dicono che il comunismo è l’onda del progresso. Che vengano a Berlino.

Ce ne sono alcune che dicono, in Europa come altrove, che possiamo lavorare con i comunisti. Che vengano a Berlino.

E ce ne sono anche certe che dicono che sì il comunismo è un sistema malvagio, ma permette progressi economici.

Lass’ sie nach Berlin kommen. Che vengano a Berlino».

John Kennedy non è stato solo l’emblema della lotta al comunismo, ma un uomo coraggioso e capace di animare le speranze di chi lo ascoltava.

Proprio sull’altare di quel coraggio, solo cinque mesi dopo la visita a Berlino perse la vita, assassinato con un colpo di fucile alla testa sulle strade di Dallas, in Texas.

Un personaggio grandioso, al punto che il suo avversario alle elezioni presidenziali del 1960, Richard Nixon disse: ‹‹ Quando l’America guarda Kennedy, vede ciò che vorrebbe essere. Quando guarda me, si vede per quello che è››.

Se non fosse stato ucciso, la storia del Novecento sarebbe stata diversa.