Lampedusa, storia di Bartolo il medico dei migranti

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Lampedusa, storia di Bartolo il medico dei migranti

Il racconto di Pietro Bartolo nella nostra intervista su Europa, migrazioni e giovani. La vita del medico di Lampedusa che per 28 anni ha visitato bambini, donne e uomini, spesso salvandoli.

Pietro Bartolo, oggi europarlamentare italiano, nella vita ha fatto di tutto: l’attore, lo scrittore, il politico ma, soprattutto, il medico a Lampedusa, dopo aver conseguito una laurea in medicina all’università di Catania, specializzandosi come ginecologo. Protagonista fin dal primo sbarco di migranti sulle coste sicule nel 1991, oggi ha deciso di dedicarsi a noi per raccontarci la sua esperienza, le sue paure, le sue visioni e le idee per un futuro.

Gli inizi dell’esperienza di Bartolo medico di Lampedusa

Nato nel 1956, dal 1988 fino al 2007 è vicesindaco e assessore di Pelagie, mentre dal 1993 diventa responsabile del presidio sanitario e del poliambulatorio di Lampedusa: due grandi ambiti, uniti da un filo conduttore che li rende inseparabili, come racconta proprio Bartolo.

“Fare il medico più che una professione è una missione. È stata una scelta che poi è ricaduta nella mia esperienza a Lampedusa, decidendo di dedicarmi a quelle persone che la gente chiama migranti. Nel corso di questi anni ho rivestito i ruoli di attore e scrittore, percorrendo anche la strada della politica che ha un fine ben preciso, ovvero, quello di fare qualcosa di attinente in merito all’esperienza di Lampedusa. Ho capito che un film e un libro possono scuotere le coscienze individuali – prosegue l’europarlamentare siciliano -, ma chi deve fornire risposte concrete è la politica, l’unica istituzione realmente capace di poter attuare qualcosa per queste persone meno fortunate”.

A distanza dal primo soccorso risalente ormai a 31 anni fa, Bartolo sembra essere cosciente che nulla sia cambiato. “Mi sono occupato di questa gente fin dal primo sbarco a Lampedusa nel 1991, l’ho fatto su base volontaria. Era giusto prendersi cura e ristabilire le condizioni di salute di queste persone, e assieme a me hanno collaborato per anni diverse persone come volontari. Siamo tutti cittadini di questo mondo e credo sia giusto che anche loro intraprendano delle traversate per cercare una vita migliore altrove. A noi è permesso spostarci, perché dovremmo privare loro di tutto ciò? Inoltre – continua con vena polemica, ma anche obiettiva -,va presa coscienza del fatto che il fenomeno migratorio è sempre esistito e continuerà ad esserci: la persone fuggono dalla loro terra perché colpite da guerre, carestie o grandi crisi climatiche che non gli permettono di vivere con dignità. Se pensiamo che in questo momento circa cento milioni di persone si stanno muovendo via mare, dobbiamo tener presente che questa cifra indicativa sarà destinata a crescere per una serie di eventi drammatici, di cui per ultimo la guerra in Ucraina che, oltretutto, con la crisi del grano ha incrementato questi spostamenti, in particolare dall’Africa”.

“Nel corso degli anni ho visitato oltre 350 mila persone, e ammetto di vergognarmi di aver spesso dovuto ispezionare i cadaveri di donne, bambini e uomini, morti durante alcuni naufragi. Ma ci sono anche delle storie molto belle che spesso mi hanno dato la forza di andare avanti, in quanto a volte mi sono trovato sul punto di lasciare tutto: non è facile affrontare simili situazioni, spesso ti senti inutile e impotente, in particolare quando ti trovi di fronte cadaveri di bambini. In alcuni momenti mi domandavo perché tutto questo accadesse a me ed è lecito che anche io, come d’altronde ogni volontario, abbia avuto dei momenti di fragilità. In quanto specializzato in ginecologia ho spesso visto nascere bambini che per me è la cosa più bella che possa accadere sulla faccia della terra. Ad esempio, – prosegue Bartolo – una volta avevano dato per morta una ragazza, dopo aver percepito che ci fosse ancora un minimo di vitalità in lei abbiamo deciso di aprire il sacco in cui era stata sigillata, salvandola. Se non avessimo fatto ciò l’avremmo seppellita, invece oggi lei ha una famiglia e dei bambini. Invece, in un’altra occasione, abbiamo trovato su un barcone una bambina di nove anni che aveva compiuto la traversata da sola dalla Nigeria, nel tentativo di ritrovare la madre che si trovava in Europa. Nonostante non sapessi nulla di più al riguardo, sono riuscito a ritrovare la madre, affrontando anche la burocrazia che ha rallentato non poco i tempi. Ho avuto modo di scrivere un libro su questa storia, ed oltretutto è stato tratto da essa il film Nour di Maurizio Zaccaro”.

L’esperienza al Parlamento europeo e le sfide per le migrazioni

“Sto lavorando in qualità di relatore al nuovo patto sulla migrazione; in molti crediamo che il patto di Dublino abbia fallito, ma allo stesso tempo definisco inaccettabile e peggiore per molti aspetti il patto formulato negli ultimi mesi. Pertanto stiamo cercando di trovare una quadra e modificarlo scendendo a compromessi con gli altri gruppi parlamentari. Spero si possa trovare la soluzione più umana possibile”.

Tra covid, presa di Kabul da parte dei talebani e guerra in Ucraina, il suo ruolo in parlamento europeo ha richiesto sforzi in più, dovendo rispondere a istanze differenti da quelle ordinarie.“Sono orgoglioso di come si sia mossa l’Europa al cospetto del fenomeno migratorio che ha seguito lo scoppio della guerra in Ucraina, riuscendo ad accogliere oltre cinque milioni di persone in poco più di un mese. Ma è qui che sorge un’ulteriore problematica, perché è evidente che si siano venute a creare delle fasce di migranti superiori ad altre, alcune di serie A e altre di serie B. Sostengo questo perché l’Ue ha dimostrato competenza nel campo dell’accoglienza ma solo nei confronti di uno stato che confina, in quanto in molte altre situazioni si parla di invasione o si chiudono le porte a poche migliaia di persone”.

Il futuro dell’Europa: tra l’accoglienza e i giovani desiderosi di cambiamento

L’intervista a Pietro Bartolo si conclude con due punti importanti, ovvero: il futuro demografico europeo che può avere un’impennata positiva, solo giovando del flusso migratorio, e dell’importanza dei giovani per le dinamiche future del nostro pianeta.

“Per chi non l’avesse capito l’accoglienza giova ai nostri territori, in particolar modo all’Europa che sta vivendo un calo demografico di importanza storica. Siamo una popolazione anziana e i figli delle persone che accogliamo saranno protagonisti di una nuova generazione capace senza dubbio di far crescere socialmente ed economicamente i vari Stati. Andrebbe regolarizzato l’ingresso della gente, perché solo così facendo potranno un giorno pagare le tasse e, dunque, essere cittadini veri e propri, anche finanziariamente parlando. Il fenomeno migratorio andrebbe affrontato con un piglio totalmente differente”. 

“Sono anni che interagisco con i giovani girando per le università e le scuole italiane ed europee, e credo che proprio loro debbano offrirci delle risposte concrete al fenomeno migratorio, in quanto gli adulti sembrano vagare con le bende sugli occhi. Parliamo di ragazzi e ragazze sensibili all’argomento e al futuro. Le istituzioni hanno l’obbligo di fornire ai giovani gli strumenti giusti per la conoscenza. Chiedo scusa a tutti i giovani per gli errori che, anch’io da adulto come tutti gli altri della mia generazione, ho commesso. Stiamo lasciando a loro un’eredità pesante – conclude l’europarlamentare -, ma sono più che sicuro che saranno loro a porre rimedio ad alcune lacune del passato. I mezzi di comunicazione se usati bene possono dar vita a una rete che attivi uno tsunami della solidarietà che infetti tutta la comunità”.