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Riforma della giustizia, ecco cosa prevede

Nel disegno di legge si dissolve l’abuso d’ufficio. Il numero dei processi che arrivano a buon fine per questo reato sono limitatissimi: nel 2022 risultano archiviati 3536 dei 3938 fascicoli aperti.

Giovedì 15 Giugno. Palazzo del Quirinale.

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella incontra i giovani magistrati tirocinanti e consegna loro – e a tutto il Paese – parole significative che esaltano la difesa dell’indipendenza delle toghe, ma sono anche monito ad evitare tesi precostituite:

‹‹I magistrati rifuggano dalle ricostruzioni normative arbitrarie, dettate da impropri desideri di originalità, o peggio, di individualismo giudiziario››.

Nella serata della stessa giornata, approda in Consiglio dei Ministri la riforma della Giustizia targata Carlo Nordio, titolare del dicastero di Via Arenula, sino al 2017 impegnato in una onorata carriera da magistrato e procuratore aggiunto a Venezia.

Segreto d’ufficio

Il ddl strutturato in otto articoli si pone un obbiettivo preciso: dare più garanzie a chi è indagato. Nel disegno di legge si dissolve l’abuso d’ufficio che, a detta di Nordio, “va abolito per danno economico”, ricordando che il numero dei processi che arrivano a buon fine per questo reato sono limitatissimi. Se prendiamo in esame il 2022, ad esempio, risultano archiviati 3536 dei 3938 fascicoli aperti. Dall’altra, è altissimo il danno economico generato della paura della firma che esso suscita negli amministratori locali, causando ritardi, intoppi e storture che si riversano nella vita di ogni cittadino e nello sviluppo delle città.

Traffico d’influenze

Si limita anche l’ambito di applicazione del traffico d’influenze alle sole condotte gravi.

Intercettazioni

Non sarà più possibile pubblicare intercettazioni, a meno che non siano incluse nella motivazione di un provvedimento.

A tutela dei terzi inoltre si prevede lo stralcio dai brogliacci di riferimenti alle persone estranee alle indagini.

I pubblici ministeri non avranno più il potere di impugnare le sentenze di assoluzione, con l’eccezione dei reati più gravi.

Questa soluzione era già stata tentata nel 2006 dalla riforma di Gaetano Pecorella, bocciata però dalla Corte Costituzionale.

Custodia cautelare

Si introducono poi, novità anche nell’ambito dell’applicazione della custodia cautelare in carcere. Non sarà più un singolo magistrato ad esprimersi, ma un collegio di tre giudici, che prima dovranno interrogare l’indagato. Questa norma entrerà in vigore fra due anni.

Per impedire infine che, a causa della legge per cui i giudici popolari non possono superare i 65 anni di età, decadano alcuni processi di mafia e terrorismo, il disegno di legge stabilisce che il requisito anagrafico si riferisce solo al momento della nomina.

Il testo della riforma è stato accompagnato dalle parole dello stesso Nordio: ‹‹Il magistrato non può criticare le leggi, come il politico non può criticare le sentenze››. Parole che hanno scatenato le reazione del sindacato delle toghe, il quale non ha fatto attendere la propria risposta per bocca del Presidente Giuseppe Santalucia:

‹‹Una democrazia partecipata non deve individuare nella posizione critica di categorie professionale una interferenza indebita. Noi rispettiamo la sovranità parlamentare. Cerchiamo un confronto democratico con chi poi assumerà tutte le sue decisioni››. Una discussione che si estende alla politica, con posizione di netta contrarietà del Movimento 5 Stelle e del Partito Democratico, sebbene proprio i Sindaci dem richiedevano da tempo una riforma che andava nel solco tracciato da Nordio.

Un solco, verrebbe da aggiungere, tracciato, nella stessa mattinata dalle parole mai banali di Sergio Mattarella.