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Stati Uniti, aspettando il voto

È un’America sempre più divisa e afflitta dalla crisi economica e migratoria quella che si appresta a affrontare le prossime elezioni presidenziali previste il 5 novembre 2024.

Ancora molti dubbi fra gli elettori, ma un’unica grande certezza, a competere per la prestigiosa carica saranno ancora una volta due anziani candidati: il presidente uscente Joe Biden e Donald Trump.

Purtroppo i contendenti, anziché cercare di risolvere i problemi della Nazione, fino ad ora hanno continuato a insultarsi e diffamarsi a vicenda e a condurre il Paese verso una collettiva sfiducia nella politica.

Nel caucus appena tenutosi in Iowa – dove The Donald ha prevalso sugli altri candidati – gli elettori presenti hanno dichiarato di volersi distanziare sempre più dalle politiche di Washington.

Inoltre, soltanto il 14% degli americani ha confermato di aver ottenuto miglioramenti dal punto di vista economico da quando Biden è diventato presidente e oltre il 31% dei democratici ha dichiarato di stare “peggio di prima”.

La povertà


I prezzi al consumo negli USA sono aumentati vertiginosamente spinti dal rincaro degli affitti – che inducono anche all’emergenza abitativa – e potrebbero ritardare il tanto atteso taglio degli interessi della Federal Reserve, previsto per marzo.

A settembre 2023 il Census bureau ha pubblicato i nuovi dati sulla povertà, da cui emerge che quella infantile è più che raddoppiata negli ultimi anni, è passata dal 5,2% al 12,4%.

In aumento anche gli sfratti che hanno superato in molti Stati i livelli raggiunti da prima della pandemia, e la percentuale degli homeless – un esercito di 600 mila anime che vaga senza una meta nelle città – è aumentata del 12% rispetto al 2022.

Il 21 dicembre 2020 il Congresso aveva approvato un piano di aiuti economici, da 900 miliardi di dollari – il Consolidated appropriations act. – e uno successivo l’11 marzo 2021, di ulteriori $1900 miliardi, ma non sono stati adeguatamente impiegati e lo sforzo economico ha perso la sua efficacia nel tempo.

Nel piano vi erano inseriti molti dei programmi avviati con il Cares act, fra cui misure contro la disoccupazione, sostegni alle piccole imprese, assistenza per le persone in affitto, aiuti alimentari e finanziamenti all’istruzione pubblica.

Questi temi che sono stati interamente ripresi e sviluppati dai candidati per l’attuale campagna elettorale andranno a aggiungersi ad altri argomenti scottanti, come gli attuali conflitti fra Israele e Hamas, fra la Russia e l’Ucraina, l’aborto, la crisi climatica, l’intelligenza artificiale, l’immigrazione.

L’immigrazione

Soprattutto il fenomeno dell’immigrazione clandestina continua a rivelarsi come una delle principali sfide dell’attuale governo in carica. Nel mese di settembre la frontiera meridionale è tornata sotto pressione: il numero degli immigrati illegali intercettati al confine è stato di circa 9000.

A niente sono serviti gli appelli dell’amministrazione Biden che esortavano a “non venire” così come i rimpatri forzati organizzati da alcune città come New York, messa in crisi nell’ultimo anno da oltre 100.000 richiedenti asilo, spinti per provocazione nelle metropoli democratiche dai governatori Repubblicani.

Per Donald Trump, discendente di emigrati tedeschi, i migranti “avvelenano il sangue del Paese”. “Stanno arrivando dall’Africa, dall’Asia, da tutto il mondo”, ha tuonato durante un recente comizio nel New Hampshire, in cui ha promesso un inasprimento delle leggi se riuscirà a insediarsi ancora alla Casa Bianca.

In questo scenario di “debolezze” che evidenzia tutte le difficoltà della democrazia statunitense e di un federalismo talvolta lacerato, lo slogan  di Trump “Make America Great Again” appare ormai come un’eco lontana.