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Vietnam e Taiwan lottano per rimanere “paradisi sicuri”

Con il modello dell’isolamento resistono alla pandemia

di Roberta Caiano

Vietnam 44, Taiwan 35. Se consideriamo che la popolazione asiatica è tra le più numerose del mondo, questi dati sembrano irrilevanti eppure sono sorprendenti. Le cifre in questione, infatti, si riferiscono ai decessi totali per Coronavirus dall’inizio della pandemia nel gennaio 2020 fino ad oggi. Il “modello” asiatico sin dai primi momenti dello scoppio dell’epidemia Covid-19 ha rappresentato un faro per arginare la diffusione del virus e per contenere il contagio. In particolar modo, il Vietnam e Taiwan sono tuttora i due Stati che maggiormente tengono sotto controllo l’infezione attraverso contenimenti tempestivi, mirati ed efficaci. Molte norme, l’obbligo dei dispositivi di protezione e regole anti-contagio sono attualmente in vigore per mantenere la loro condizione di rischio zero, anche se il vero espediente segreto che li accomuna è l’isolamento al mondo e gli interventi provvidenziali e specifici.

In Vietnam, ad esempio, sono ancora vietati gli ingressi ai turisti ed è permesso viaggiare da e verso la Nazione soltanto se si è cittadini vietnamiti o con visti speciali, come per esempio nel caso di persone che vogliono fornire assistenza medica o altra assistenza specializzata e gli uomini d’affari, i quali garantiscono la funzionalità e la ripartenza economica del Paese. Difatti, il successo del Vietnam nel sopprimere il coronavirus ha permesso all’economia locale di crescere più velocemente rispetto ai territori limitrofi del 2,9%. In realtà, anche i viaggiatori provenienti da territori a basso rischio di contagio sono ammessi, sebbene con la richiesta di un permesso speciale e tenendo conto di una quarantena di 21 giorno, sotto sorveglianza statale in una struttura designata dal governo, con l’adempimento del tampone all’arrivo e alla partenza. Questa modalità di chiusura al mondo vale anche all’interno dello stesso Vietnam dove avvengono dei lockdown mirati e ad intermittenza: è necessario anche un solo contagio da Covid per permettere l’isolamento e la quarantena congelando così il rischio di diffusione del virus attraverso il controllo sulla zona interessata. Su tutti, il Vietnam infatti costituisce tutt’oggi un modello di riferimento in quanto, su 97 milioni di abitanti, in un anno e mezzo, si possono contare 5.931 contagi e 44 vittime. La vita è tornata a fluire in maniera naturale con aperture e partecipazione a spettacoli e attività sociali come prima della pandemia da un paio di mesi, ma negli ultimi 30 giorni sono stati registrati circa 1.200 casi, dopo l’arrivo della variante indiana che ha subito messo in allarme il governo vietnamita attraverso il blocco delle aree colpite e la chiusura delle fabbriche. Il rappresentante dell’Organizzazione mondiale della sanità in Vietnam, Kidong Park, in una recente intervista presso i media locali ha affermato che “la fonte dell’infezione in alcuni focolai non è ancora chiara, insieme alla comparsa di varianti preoccupanti” soprattutto perché, per l’appunto, alcuni casi non avevano ancora una relazione epidemiologica identificabile. Ma, una volta appurata la variante Covid, le misure di contenimento e di monitoraggio sono stretto controllo.

Stesso discorso, anche se con una piccola variante, vale anche per Taiwan che dallo scoppio dell’epidemia con 24 milioni di abitanti può contare 5.456 casi e 35 decessi. Sul territorio asiatico nelle ultime settimane c’è stato un exploit di contagi che sta minando l’equilibrio pandemico del Paese. I contagi sono aumentati oltre gli 800, un record negativo se si considera che dal gennaio 2020 i casi registrati non hanno raggiunto mai questa soglia. Per questo motivo, il governo si è subito attivato con la chiusura di tutti i luoghi aperti al pubblico attraverso provvedimenti anti-contagio e la chiusura delle scuole fino al 28 maggio. Anche per Taiwan vale il principio dell’isolamento agli altri Stati, precludendo la possibilità di ingresso a coloro che non sono in possesso del permesso di soggiorno e la sospensione del transito di voli passeggeri e internazionali fino al 29 giugno con rigorosi controlli alle frontiere. Inoltre, grazie a questo sistema di contenimento prolungato dallo scorso anno, l’economia domestica ha subito un’impennata del 3,1% costituendo un record nei confinanti territori asiatici. Infatti a Taiwan e in Vietnam, considerati come “paradisi sicuri”, i governi si stanno affrettando per sradicare questi focolai sebbene siano di identità abbastanza minori rispetto agli altri Paesi del mondo dove soprattutto i decessi toccano picchi ingenti.

Ciò ha determinato un rallentamento nella campagna vaccinale in entrambi i Paesi, che a differenza di molti altri Stati del mondo non è mai stata massiccia arrivando a coprire delle percentuali di inalazione del siero anti-Covid alla popolazione a livelli minimi. Taiwan si è assicurata “solo” 10 milioni di dosi del vaccino AstraZeneca, 400mila già arrivate nei mesi di marzo e aprile, e oltre a 5 milioni di dosi del vaccino Moderna, con la prima spedizione prevista per fine giugno. Mentre altri 4 milioni sono arrivati con lo strumento Covax dell’Organizzazione Mondiale della Salute. Allo stato attuale, coloro che hanno ricevuto il vaccino coprono un numero di 320mila persone, mentre il Vietnam è arrivato alla soglia di “solo” un milione considerando che per vaccinare l’intera popolazione mancano all’appello altri 96 milioni di sieri. Nonostante dunque la lentezza della somministrazione del vaccino e l’aumento dei casi, il Vietnam e Taiwan restano in testa come esempi globali di lotta al virus.