Bilinguismo e Trilinguismo in Alto Adige, un dibattito sempre aperto

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Bilinguismo e Trilinguismo in Alto Adige, un dibattito sempre aperto

Un nostro viaggio tra l’origine storica della conoscenza di più lingue della popolazione Alto Atesina e le interviste di alcuni residenti in provincia di Bolzano,  per conoscere le loro esperienze e il loro pensiero a riguardo.

Quando parliamo di Trentino Alto Adige pensiamo ad una Regione Autonoma, con uno statuto speciale, ma molti forse non sanno che è necessario fare un distinguo tra le due province. La regione è unica, ma sono presenti due nuclei abbastanza diversi tra loro: la Provincia Autonoma di Trento e la Provincia Autonoma di Bolzano.

Solo con la fine della Prima Guerra Mondiale l’intero territorio passò al Regno d’Italia, questo ci fa comprendere le particolarità e le tradizioni ben diverse che fanno parte del bagaglio della popolazione di questa terra.

In Alto Adige, detto anche Sudtirolo, si concentrava il maggior numero di abitanti che parlavano la lingua tedesca come madrelingua. Inoltre dobbiamo considerare un altro elemento importante, la presenza di un particolare dialetto parlato in alcune valli, il ladino, che rappresenta la terza lingua altoatesina.

Le origini del bilinguismo

Nel momento in cui ci fu l’annessione al Regno d’Italia, tutti gli abitanti della provincia, che vivevano principalmente di agricoltura e allevamento, non parlando la lingua italiana, subirono un processo che potremmo definire di “italianizzazione” che raggiunse il suo massimo durante il periodo storico del fascismo. E fu proprio durante quel periodo che la lingua e la cultura tedesche vennero addirittura bandite,: sicuramente fu un duro colpo per la popolazione, soprattutto dal punto di vista psicologico. Nei loro confronti fu attuata una vera e propria costrizione, obbligati a dover parlare la lingua italiana e, allo stesso tempo, a non insegnare la lingua tedesca ai più piccoli. Anche sui cartelli, stradali e non, doveva letteralmente sparire ogni termine tedesco. Sono trascorsi molti anni, ma alcuni ricordi, relativi a quel particolare periodo storico, sono rimasti indelebili.

Il bilinguismo oggi 

Oggi la situazione è certamente cambiata, pur restando una divisione marcata tra la popolazione italiana e quella tedesca, possiamo affermare che regna il rispetto, e questo è fondamentale per una corretta convivenza. I cartelli sono scritti in entrambe le lingue e per lavorare nel settore pubblico, quindi Regione, Provincia o Comuni, è necessario conoscere entrambe le lingue e conseguire il patentino linguistico.

Gli esami per il bilinguismo sono stati istituiti nel 1976, mediante il D.P.R. n. 752 del 26.7.1976, in questo modo veniva attuato quanto previsto dallo Statuto d’autonomia. Gli esami vengono svolti dal 1977 e servono a verificare la conoscenza di entrambe le lingue.

Il trilinguismo nelle valli ladine

Il bilinguismo diventa trilinguismo nelle valli ladine, in queste zone infatti, per poter svolgere un impiego nel settore pubblico, è richiesta anche la conoscenza di questo particolare dialetto, il ladino appunto. Le valli ladine sono: la Val Gardena e la Val Badia – in Alto Adige, la valle di Ampezzo e la valle di Livinallongo – in Veneto – e la val di Fassa – in Trentino.

Abbiamo avuto il piacere di interloquire con alcuni residenti in provincia di Bolzano che ci hanno fatto partecipi delle loro esperienze formative e lavorative, offrendoci anche il loro punto di vista su questo tema, da sempre al centro di dibattiti. Alcuni di loro hanno preferito restare nell’anonimato, come questa donna della provincia di Bolzano. 

Iniziamo dalla sua testimonianza: 

“Ho frequentato l’asilo, la scuola elementare e media in un ambiente di trilinguismo (tedesco, italiano e ladino), questo mi ha permesso di imparare e usare tre lingue senza paura e fatica. La scuola superiore italiana che ho poi frequentato mi ha insegnato bene l’italiano. Le altre lingue purtroppo non ho potuto approfondirle. In seguito ho frequentato l’università bilingue riagganciandomi così al bilinguismo che da sempre mi aiuta sia nel lavoro che nella vita privata.

Ora nel lavoro come Assistente Sociale uso molto il tedesco, per cui ho perso un po’ la spigliatezza nell’usare l’italiano, ma quando serve posso comunicare e scrivere senza difficoltà con altri professionisti. Inoltre, il trilinguismo mi aiuta nel lavoro di rete e anche quando comunico con gli utenti. Posso adattarmi alle esigenze del mio interlocutore e metterlo a suo agio. Il bilinguismo/trilinguismo è come un regalo che si riceve perché apre tante porte ed elimina le barriere sociali, permettendo di imparare con meno fatica ulteriori lingue. Il modello ladino di trilinguismo, dall’asilo alle scuole superiori, è ormai da tanti anni un modello provato e di successo. Tutto l’Alto Adige potrebbe assumere almeno un modello di bilinguismo nelle istituzioni scolastiche e da tempo se ne parla. Al momento, però, nel resto della provincia autonoma, abbiamo la separazione netta tra scuole tedesche e italiane, centri sociali, ricreativi e sportivi separati per lingue. Un modello di bilinguismo che parte dall’asilo aprirebbe non solo le porte ai bambini in termini di conoscenze linguistiche, ma abbatterebbe barriere ben più profonde”.

Passiamo ora a Noemi di Ortisei, in val Gardena:

“Dalle elementari alle medie, la scuola qui è bilingue, anzi trilingue. Poi le superiori a Bolzano purtroppo non lo sono, bisogna scegliere se frequentare una scuola italiana o una scuola tedesca. Questo tutt’oggi divide la comunità e non integra gli uni con gli altri. I linguisti sostengono, però, che una lingua e la sua cultura debbano rimanere e che quindi le persone si devono impegnare in una lingua e non ad una miscellanea di lingue, visto che tutti le conoscono. Certamente sono punti di vista.

Nel lavoro, al giorno d’oggi, con un mercato veloce ed internazionale è doveroso conoscere più lingue, non ci si può più fermare al solo bilinguismo.

Nel mio lavoro attuale poter fare i conti con altre due nazioni per gli affari è assolutamente un gran regalo.

Altro discorso invece è quello dei medici negli ospedali, dove da anni osserviamo una triste fuga di cervelli che si potrebbe evitare. Tanti non riescono a farsi il patentino e vanno via. È importante che il medico riesca a farsi capire, ma si potrebbe trovare una soluzione, mentre così è una triste discesa di qualità e quindi di sicurezza per il cittadino.

Trovo la conoscenza di ogni lingua e cultura un arricchimento quindi non posso che approvare tutto ciò che apra la mente, il carattere e quindi anche il cuore. Non bisogna farne però manifesti politici o motivo di litigi o fughe di cervelli”.

Anche Leo, sempre di Ortisei, vuole raccontarci la sua esperienza:

“Durante il mio percorso di studi, ho frequentato la scuola superiore ad indirizzo tecnico. Il bilinguismo in Alto Adige viene già insegnato a scuola. In Val Gardena siamo soliti parlare tutte e due, se non più lingue come il ladino e l’inglese. Attraverso l’esperienza lavorativa si imparano più lingue e ovviamente più ne conosci meglio te la cavi.

Per quanto riguarda la mia esperienza personale, mi ha arricchito molto lavorare per 20 anni nel 118.  Se la centrale chiamava in tedesco e l’ambulanza rispondeva in italiano o viceversa non c’era nessun problema di comunicazione. Vorrei vedere una regione dove esiste una situazione analoga. Nello svolgimento del mio lavoro mi capita spesso di parlare con un turista italiano, dopo arriva un tedesco e poi arriva uno inglese. Mi dicono – Ma come fa a saltare da una lingua all’altra? –

Se vuol fare questo lavoro correttamente si dovrebbero conoscere ancora altre lingue”.

Da Selva di val Gardena ci arriva invece l’esperienza di Herbert:

“Io ho frequentato la scuola elementare e la scuola media entrambe in val Gardena. Si caratterizzavano già come scuole ladine, ossia trilingue, dove si parlava, si scriveva e si studiava in modo paritetico sia in italiano che in tedesco, oltre che in ladino. Le superiori le ho frequentate a Bolzano in una scuola italiana, dove il tedesco era considerato come seconda lingua. Il ladino non rientrava come materia. Ho avuto la fortuna di lavorare, subito dopo aver concluso gli studi, in val Gardena dove risiedo, ma non mi è mai stato richiesto il patentino, sebbene la conoscenza delle tre lingue sia stata fondamentale per comunicare con i colleghi e/o con i turisti. Ritengo che aver frequentato le scuole trilingue sia stato estremamente formativo, perché mi ha allenato sin da bambino all’utilizzo di più lingue”.

Quest’ultima testimonianza è di un uomo di Ortisei:

“Ho fatto tutte le scuole dalla elementare alla media in due lingue anzi tre, avendo studiato anche il ladino.

Ho sempre lavorato dai miei, ma è certamente comodo conoscere sia l’italiano che il tedesco. Dal mio punto di vista, sia esperienza che opinione sono ottime, in più devo aggiungere che sono riuscito ad imparare l’inglese in un batter d’occhio”.

Possiamo concludere questo giro di interviste dicendo che, senza ombra di dubbio, gli altoatesini, studiando più lingue, sono avvantaggiati e che ciò rappresenta certamente un punto di forza di questa popolazione rispetto a quella delle altre regioni italiane.

Sicuramente una “carta vincente” che aiuta tantissimo chi si affaccia al mondo del lavoro e apre molte più opportunità.