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Insegnanti, gli stipendi e l’assenza di progressioni e valutazioni del merito

di Salvatore Baldari

Abbiamo trascorso l’ultima parte del periodo natalizio a dibattere sull’opportunità di ricominciare le lezioni scolastiche in aula o in Dad, a causa dell’ondata di contagi dovuti alla variante Omicron. La sentenza perentoria è stata declamata nella conferenza stampa del 10 Gennaio dal Presidente Draghi, con un inequivocabile: ‹‹La scuola non va chiusa. Va protetta››.

È come se il dibattito sul tema scuola si fosse ormai appiattito sul manicheo Dad/presenza, sui banchi con le rotelle, sui purificatori d’aria, sull’obbligo vaccinale, sull’edilizia scolastica.

Sarebbe molto più interessante, invece, sgusciare la corteccia della scuola, sino alla sua vera essenza. Sarebbe molto più interessante, ad esempio, raccontarci del ruolo dell’insegnante nella cultura italiana degli ultimi anni.

Sarebbe molto più interessante raccontarci dell’arroccamento da parte di certe parti politiche e sociali ostili ad accogliere nuovi modelli di selezione, di valutazione, di premialità, di motivazione, pur di esaltare la conservazione dell’esistente.

Sarebbe molto più interessante raccontarci di quanto guadagnano in media i nostri insegnanti e di fare un confronto con altre realtà europee e internazionali.

Nel nostro Paese, gli stipendi dei docenti della scuola pubblica sono equiparabili con quelli dei loro colleghi di altre economie avanzate, solo al momento dell’assunzione. Questo perché, diversamente da altre nazioni, in Italia non sono previsti progressioni di carriera e di stipendio, legati al merito.

Una recente analisi condotta dall’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano, diretto dal professor Carlo Cottarelli, ha confrontato il target delle retribuzioni degli insegnanti tra vari Paesi, rapportandoli al reddito pro-capite.

Ne è emerso che, in media tra i diversi livelli di insegnamento, un docente in Italia percepisce uno stipendio iniziale di 28.300 euro (ovvero il 73% del reddito pro-capite). Nel corso della carriera tale livello aumenta, sino a raggiungere un massimo di 42.600 euro (corrispondente al 110%).

Gli stipendi degli insegnanti in Italia

Il dato analizzato, a livello OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che riunisce a livello internazionale i Paesi più industrializzati, conferma una sostanziale omogeneità nello stipendio iniziale, con una media di 31.000 euro, ma al tempo stesso evidenzia un gap importante man a mano che si accumulano anni di servizio, sino a raggiungere soglie di 50.500 euro.

Come già accennato, quindi l’Italia è tra le economie in cui la crescita dello stipendio è meno consistente e soprattutto più lenta. Un insegnante di scuola secondaria inferiore, infatti, riporta lo studio sopracitato, impiega almeno trentacinque anni di carriera per raggiungere lo stipendio massimo.

La carriera dell’insegnante nel nostro Paese si prefigura piatta, in quanto accanto la possibilità di vedersi assegnate responsabilità extra, non sempre retribuite, non è prevista alcuna promozione formale. Soltanto l’anzianità di servizio determina la progressione salariale. 

Gli insegnanti in Europa e in Nord America: stipendi e progressioni

Accade tutt’altro invece, nell’Europa centrale e in Nord America, in cui le carriere degli insegnanti sono organizzate secondo livelli di responsabilità e di merito, con corrispondenti indennità supplementari.

Il tema della valutazione del merito è sempre stato oggetto di agguerrite contese politiche dalle nostre parti, mentre altrove incide sulla promozione e la progressione salariale. L’esperienza del Regno Unito, ad esempio, ruota attorno il ruolo del collegio scolastico responsabile, il quale valuta annualmente se riconoscere all’insegnante un aumento di stipendio all’interno della propria fascia di retribuzione. I docenti possono essere promossi e raggiungere la fascia di stipendio superiore o anche, in caso di valutazioni negative vedersi rinviato l’avanzamento e persino attribuirsi misure correttive, come la partecipazione obbligatoria ad attività di sviluppo professionale.

In Svezia è assegnata ampia autonomia ai dirigenti scolastici che, attraverso colloqui annuali, deliberano i percorsi di sviluppo.

Un ulteriore spunto di riflessione è che in Italia gli stipendi degli insegnanti sono meno competitivi, se confrontati ad altre professioni che necessitano dello stesso grado di istruzione. La retribuzione per i docenti è il 70% di quella media degli altri lavoratori con istruzione universitaria, sciaguratamente il dato è più basso della media OCSE ed europea, rispettivamente attestati sull’87 e 86%, con l’eccezione migliore della Germania dove le retribuzioni sono allo stesso livello.

Sarebbe interessante iniziare a discutere di questi temi, quando si parla di scuola.

Sarebbe interessante parlare degli spazi per aumentare la progressione degli stipendi nel corso della vita lavorativa, i modelli da seguire per introdurre carriere multilivello attraverso la valutazione del merito e tutto ciò accompagnato dalla riconsiderazione del ruolo del docente nella società.