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Isole d’Africa, le nuove colonie

Prosegue il nostro viaggio geopolitico in Africa. Questa volta nelle terre bagnate dall’Oceano indiano e nella parte orientale, in Paesi come lo Zimbawe, dove la Cina sta effettuando esperimenti per il riconoscimento facciale.

È da spiagge da sogno, acque cristalline, barriere coralline, alberghi a cinque stelle e cocktail fino a notte fonda che iniziamo il viaggio odierno, portando lo sguardo  verso l’Oceano Indiano che bagna le coste dell’ Africa orientale

Per completezza, va precisato che, nello stesso specchio di mare, si stagliano altri isolotti che, seppur geograficamente assimilabili al continente africano, sono a tutti gli effetti dei dipartimenti amministrativi francesi o britannici.

Le Seychelles, le Mauritius, le Comore e Madagascar sono alcune delle mete turistiche più ambite in assoluto. Ma noi, come ormai nostra consuetudine, cercheremo adesso di osservarle da una diversa prospettiva.

Le Seychelles

L’arcipelago delle Seychelles, ad esempio, è da tempo teatro di una intensa competizione diplomatica e commerciale tra India e Cina le quali, con il pretesto di offrire supporto militare nella lotta alla pirateria, cercano una base marittima fra l’Oceano Indiano e l’Africa Orientale e guardano con interesse allo sfruttamento della Zona Economica Esclusiva seychellese, estesa per un milione e mezzo di chilometri quadrati e ricca di risorse ittiche e minerarie. In una delle isole delle Seychelles, tra l’altro, a Mahé, gli Stati Uniti hanno una base aeronautica, attiva nelle operazioni contro al-Qaida e al-Shabab, nel Corno d’Africa.

Le Seychelles condividono, poi, con lo Stato delle Mauritius, la felice corona di Paese africano con il più alto punteggio nella graduatoria mondiale dell’Indice di Sviluppo Umano, un indicatore che compara i dati riguardanti il benessere economico, la qualità della vita, i livelli di istruzione, la speranza di vita ed altri parametri sociali.

Le Mauritius

Le Mauritius lo scorso anno hanno celebrato in pompa magna il cinquantesimo anniversario di relazioni con la Cina, suggellando l’amicizia con un accordo bilaterale di scambio, primo nel suo genere che Pechino ha stipulato con uno Stato africano. 

Le Comore

Talmente penetrante è l’influenza della Cina nel quadrante africano dell’Oceano Indiano che il Presidente delle Comore, durante un incontro bilaterale con il premier giapponese di Maggio, tenutosi a margine del G7 di Hiroshima, nel ringraziare il suo interlocutore, anziché nominare il Giappone, ha accidentalmente detto “Cina”.

Una gaffe che si potrebbe definire imbarazzante o simpatica, a seconda del punto di vista di chi la analizza. Parlando di Comore, torna protagonista il Presidente turco Erdogan che ad ottobre ne ha ricevuto i suoi alti vertici ad Istanbul, nella cornice del Forum economico e commerciale Turchia-Africa.

Il Madagascar

Ma l’isola africana che viene per prima in mente a tutti noi e che ha dato il titolo ad uno dei film di animazione più di successo dell’ultimo decennio, è senza dubbio, quella di Madagascar. Mettendo un attimo da parte le spassose avventure del gruppetto composto da un leone, una giraffa, una zebra e un ippopotamo o, per gli amanti dello spin-off, dei pinguini, Madagascar è un’isola su cui il riflesso della Russia opacizza i meccanismi democratici, in maniera dirompente. L’attuale Presidente del Paese è un uomo prescelto a suo tempo da Putin e dal recentemente defunto Prigozhin. L’ingerenza russa nelle elezioni dell’isola si articolò in campagne di disinformazione, pagamento di tangenti, reclutamento di figuranti durante i comizi del proprio candidato, occupazione massiccia di spazi pubblicitari e televisivi.

In cambio, Putin si accontentata di poco: eterna fedeltà, concessioni sull’estrazione di cromo, diritti sulla lavorazione della vaniglia (di cui Madagascar è il primo produttore mondiale) e progressivo allontanamento di tutte le aziende occidentali dal territorio.

Nell’autunno dello scorso anno a fare le spese della viscerale dipendenza da Mosca del Capo di Stato del Madagascar è stato il Ministro degli Esteri del Paese, il quale dopo aver votato in sede Onu a favore di una risoluzione che condannava l’annessione illegale di alcune regioni ucraine alla Russia, si è ritrovato sulla scrivania un decreto presidenziale che lo sollevava dal suo incarico.

«You’re fired!» avrebbe detto Donald Trump, anche se il malcapitato se lo sarà sentito gridare in lingua malgascia…o forse direttamente in russo.

Poche settimane fa, a metà novembre, si sono tenute le nuove elezioni che, però, i partiti di opposizione hanno dichiarato pubblicamente di boicottare, in quanto da loro ritenute una “una frode, una presa in giro per il Madagascar”.

Per la cronaca, ha rivinto l’attuale Presidente.

Nel frattempo, la Cina che non si scandalizza per tutto questo teatrino ha già registrato nel Paese almeno ottocento aziende attive in vari settori e si è attirata le contestazioni dei pescatori per le sue condotte. Ma è sul primo Paese che incontra, tornando sulla terraferma, che l’influenza cinese si percepisce maggiormente.

Il Mozambico 

In Mozambico, le maestranze di Pechino hanno realizzato una fra le opere più avanzate al mondo dal punto di vista ingegneristico, ovvero il ponte sospeso che collega la baia di Maputo al sobborgo di Katemba. Una infrastruttura da quasi ottocento milioni di dollari, inaugurata nel 2018, che rappresenta un unicum per l’intero continente con effetti prodigiosi per la mobilità dell’intera costa meridionale della regione. La lenta penetrazione cinese in Mozambico, tuttavia, già era avviata nel 1999 con la donazione di un nuovo palazzo, in cui tutt’ora ha sede il Parlamento.

La cooperazione bilaterale con il Dragone è estesa a una moltitudine di settori di estrema rilevanza, con Pechino che, in questi anni, ha trasformato il Mozambico, dotandolo di uno stadio di calcio avanguardistico, nuove flotte di autobus moderni e rifornimenti massicci di derrate alimentari.

Nell’ultimo periodo, l’impegno cinese in questo territorio riguarda, tuttavia, anche il campo della sicurezza, imbottendo di armi gli arsenali governativi contro i jihadisti di Capo Delgado. In questa area del Paese, infatti, imperversano le razzie del gruppo terrorista Sunna Wa Jama, lo stesso che il 6 settembre 2022 ha ucciso, in uno dei suoi attentati la missionaria italiana, suor Maria De Coppi.

Anche la Turchia partecipa al sostentamento del settore della difesa del Mozambico, come suggellato da un recente accordo di cooperazione fra i due Paesi.

E non può mancare il supporto militare della Russia che, già ai tempi dell’Unione Sovietica, somministrava armamenti e addestramento al Mozambico, come del resto è ben rappresentato dalla bandiera del Paese africano che, nel triangolo rosso sul lato del pennone, esibisce una falce e un kalashnikov…per la serie: falce e martello lasciamola ai romantici!

La Russia è riuscita a sfruttare la recente minaccia terroristica per rilanciare la partnership economica e diplomatica con il Mozambico, un intento riuscito se si considera il +20% di interscambi commerciali registrato nel 2022, oltre all’episodio che ha visto le autorità doganali mozambicane ritirare un ordine di servizio emesso su richiesta statunitense per estromettere dai propri porti sette compagnie del Cremlino.

La compagnia russa Rosneft, ha poi recentemente ottenuto mandati esplorativi speciali per la scoperta di nuovi giacimenti petroliferi che le permetteranno di ampliare la propria attività, già proficua nei siti di Angoche e nel delta del fiume Zambesi.

Non soltanto cinesi e russi guardano alle preziose risorse del Mozambico che, tra le altre cose, è soprattutto il terzo paese africano per ricchezza di gas naturale.

Tutte le principali compagnie mondiali sono concentrate in questo Stato, dagli americani di ExxonMobil, ai francesi di Total Energies e naturalmente l’italiana Eni.

Va inquadrato in questo contesto, il viaggio del presidente Sergio Mattarella proprio in Mozambico, del luglio 2022, in un momento storico in cui si va ridisegnando la mappa delle forniture energetiche globali e la proiezione degli interessi di politica estera dei Paesi occidentali si snoda in realtà come queste.

Lo Zambia

Subito dopo la visita in Mozambico, Mattarella completò la sua missione africana raggiungendo lo Zambia, accolto dal Presidente Hichilema, il quale per ricambiare il favore si è recato a Roma, poche settimane fa, nel novembre 2023. Un Paese che detiene il triste primato di essere stato uno dei primi Governi a dichiarare default, nel post-Covid, a causa del crollo dell’export di rame, risorsa da cui dipende l’80% della produzione economica nazionale.

L’attività di estrazione del rame è talmente radicata nella cultura locale, che l’intero territorio è interessato dalla presenza di numerosi siti di scavo, aperti da gruppi di minatori improvvisati in cerca di fortuna, che si ritrovano spesso protagonisti di spiacevoli incidenti, di cui l’episodio verificatosi pochissimi giorni fa, ad inizio dicembre, con un crollo di un tunnel a nord della capitale che ha lasciato intrappolati sotto le macerie almeno trenta operai, è soltanto il più recente.

L’accordo sulla ristrutturazione del debito zambiano è stato formalizzato soltanto ad ottobre di quest’anno, dopo un via libera arrivato dalla Cina, di gran lunga il suo creditore principale. Il controllo dei profitti sull’economia dello Zambia da parte di Pechino è pressoché totale, con un controllo che rasenta il 70% dell’industria edilizia e l’85% delle principali miniere di rame, oltre alla quota di maggioranza dell’unica miniera di nichel, attiva sul territorio. Il Governo dello Zambia, forse resosi conto della cosiddetta “trappola del debito cinese” sta iniziando ad allargare lo sguardo.

La cancellazione di un contratto da 5 miliardi di dollari per una centrale idroelettrica sul fiume Zambesi, affidata alle controllate di Xi Jinping e il ruolo di co-organizzatore del II Summit per la Democrazia promosso da Joe Biden, rappresentano forse due piccoli segnali in grado di suggellare un cambio di rotta.

Il Malawi

Fra i confini di Mozambico e Zambia si inseriscono due realtà, diverse all’apparenza ma molto simili. Il piccolo Malawi, molto appiattito su posizioni filo-cinesi, per cui ha recentemente deciso di interrompere un rapporto diplomatico con Taiwan che andava avanti da oltre quarant’anni e filo-russe, ricompensate con ventimila tonnellate di fertilizzanti ricevuti in dono direttamente da Mosca.

Lo Zimbawe

C’è poi lo Zimbabwe, ostaggio delle farneticazioni del suo Presidente, l’ottantenne Mnangagwa che nel 2017 spodestò l’ancor più anziano Capo nazionale Mugabe, con un colpo di Stato, avallato dai vertici di Pechino.

Fiore all’occhiello della politica del Presidente è la edificazione di una nuova capitale, che possa sostituire l’attuale Harare, ormai prossima al collasso, sporca e sovraffollata.

A luglio di quest’anno c’è già stato il taglio del nastro del nuovo Parlamento della futura capitale, un palazzo costruito dalla Cina per 140 milioni di dollari.

A finanziare il progetto di Zim-Cybercity (così dovrebbe chiamarsi) è entrato in gioco anche il miliardario indiano, Shaij Ul Mulk, poco noto dalle nostre parti.

Gli esperimenti per il riconoscimento facciale per chi ha la pelle scura

L’asservimento agli interessi di Pechino è tale che Mnangagwa ha permesso di fare del suo Paese una sorta di laboratorio per gli esperimenti dei software cinesi di riconoscimento facciale, che allo stato attuale hanno difficoltà a identificare le persone con carnagione scura.

Ma, oltre al Grande Fratello, gli interessi di Xi Jinping in questa area coprono soprattutto il sempre remunerativo comparto delle risorse naturali, dal tradizionale carbone con il sito di Sengwa, al litio di cui lo Zimbabwe ha ambizione di diventare la principale potenza africana in assoluto.

Per raggiungere tale obbiettivo, da circa un anno, ha vietato le esportazioni di litio grezzo in giro per il globo, nazionalizzando la filiera. Uniche ad essere esentate da questo editto, soltanto tre aziende, naturalmente cinesi.

Tuttavia, mentre l’anziano Presidente continua a fantasticare, nel suo Paese l’inflazione annuale viaggia sistematicamente a tre cifre, con tassi di interesse fra i più alti al mondo, la popolazione vive in condizioni socio-sanitarie estreme, la repressione violenta del Governo contro dissidenti e manifestanti è all’ordine del giorno, componendo uno scenario che volontari di Medici Senza Frontiere hanno definito simile a quello dell’ Afghanistan. https://www.laredazione.net/afghanistan-e-risorse-minerarie-il-forziere-maledetto-che-piace-alla-cina/

Nei prossimi giorni, pubblicheremo l’ultima puntata di questa nostra serie di successo dedicata all’Africa che ha appassionato molti dei nostri lettori.