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Lavori verdi, le tute blu del futuro

Attenzione ai processi produttivi, non è automaticamente green il pannello o il mezzo di trasporto non inquinante, se per realizzarli si sciupano fiumi di acqua o si producono montagne di rifiuti

di Giuseppe Perulli

“Il sostantivo ‘sostenibilità’ sembra avere lo stesso sex-appeal dei termini ‘startup’ e ‘dot.com’ facendo appello agli ambiziosi giovani innovatori”. Così recitava un articolo del New York Times nel 2011. È evidente come la sostenibilità, nell’ultimo decennio, abbia visto una crescita esponenziale dimostrando come la stessa possa essere uno strumento in grado di favorire l’equità sociale. 

Secondo quanto riportato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), i green jobs contribuiscono a preservare o ripristinare l’ambiente sia nei settori tradizionali (come produzione ed edilizia), sia nei settori innovativi come quello delle energie rinnovabili. Gli obiettivi di base dei green jobs sono, tra i tanti: riduzione della produzione di rifiuti  e  limitazione delle emissioni dei gas ad effetto serra. È chiaro che i lavori verdi non siano necessariamente i lavori finalizzati alla produzione ed erogazione di beni e servizi green, vedi edifici green con pannelli fotovoltaici o trasporti pubblici non inquinanti. Non è certo che, durante il processo produttivo dei suddetti beni o servizi, siano stati rispettati criteri di sostenibilità ambientale. A tal proposito, rientrano nella categoria dei green jobs anche i lavori in cui potenzialmente si mira alla riduzione del consumo di acqua o al miglioramento dei sistemi di riciclaggio dei rifiuti. Secondo quanto emerge dal rapporto di GreenItaly, i “lavori verdi” sono “figure professionali che incorporano competenze green, il cui lavoro, quindi, è direttamente finalizzato a produrre beni e servizi eco-sostenibili o a ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi: per esempio, ingegneri energetici, tecnici del risparmio energetico”.

Un esempio è rappresentato dall’azienda statunitense AeroFarms, con sede a Newark. AeroFarms è la più grande azienda agricola verticale basata sulla tecnologia della coltivazione aeroponica realizzata su bancali in plastica ricoperti da teli ricavati da plastica riciclata sopra i quali vengono seminate diverse specie di insalate per la quarta gamma. Questo metodo di coltivazione promette di risparmiare il 95 per cento di acqua rispetto ad una tradizionale coltivazione in campo orizzontale. La stessa mission è quella condivisa da Clearas Water, con sede a Missoula, Montana. Sin dalla sua fondazione nel 2008, Clearas si è proposta di essere il leader nella fornitura di soluzioni naturali per il trattamento delle acque reflue che trasformano i rifiuti in valore, offrendo opportunità uniche di recupero dei costi ai clienti. Il Bureau of Labour Statistics ha stimato già nel 2010, in 3,1 milioni i lavoratori impiegati nei prodotti e servizi verdi (GGS, Green Goods or Services) che rappresentano il 2,4% di tutti gli stipendi e salari negli Stati Uniti. Lo stesso vale per la Cina, in cui l’ultimo censimento dei green jobs ha rilevato 3,8 milioni di lavoratori impiegati nel settore, considerata l’importanza della Cina nel mercato del fotovoltaico, essendo – per due terzi – il maggior produttore mondiale di pannelli fotovoltaici.

In aggiunta ai settori tradizionali di cui sopra, anche quello dell’automotive prima e dell’aviazione oggi, stanno sviluppando progetti significativi e consistenti sia sotto l’aspetto economico sia sotto l’aspetto tecnico. La maggior parte dei marchi comuni come Toyota, Ford, Hyundai, Opel da diversi anni hanno immesso sul mercato prodotti sostenibili ad emissioni basse, dapprima con i modelli cosiddetti hybrid ed oggi (solo alcuni di essi) con i modelli full electric a dimostrazione di un impegno profuso nei riguardi dell’ambiente e quindi della sostenibilità. Lo stesso vale nell’ambito dell’aviazione civile: Airbus e Boeing, principali produttori di velivoli di linea, hanno presentato progetti sofisticati e all’avanguardia. Trattasi, tuttavia, di progetti embrionali che devono essere meglio sviluppati soprattutto per quel che concerne la sicurezza. Airbus, di recente, ha svelato al mondo la propria lineup di aerei alimentati interamente a idrogeno, con l’obiettivo delle “zero emissions” con la sua entrata in commercio prevista per il 2035, Covid permettendo, ma devono fare i conti con i problemi derivanti dallo stoccaggio di idrogeno liquido o gassoso che sia.

A riprova di quanto scritto sinora, in Europa, la sostenibilità ha acquisito un ruolo importante e centrale, seppur in ritardo rispetto al resto del mondo. Nel 2017, in un articolo del Financial Times, si faceva riferimento all’apparente ma decisivo ruolo dei governi nazionali in merito al sostegno dei green jobs. L’instabilità di Downing Street – con l’ascesa di Theresa May al governo – per esempio, ha causato un rallentamento della crescita dei lavori verdi nel Regno Unito, che avrebbe potuto essere ben più grande come ritiene Nina Skorupska, amministratore delegato della Renawable Energy Association. Il dato relativo a quel periodo dimostra che la crescita c’è stata ma del 2,5 per cento (2017 su 2016) rispetto ad un 9 per cento del 2014 sul 2013. L’indecisione politica ha contribuito, quindi, a rallentare la crescita e non sappiamo se il governo attuale, nonostante sia presieduto da un altro conservatore, Boris Johnson mantenga l’obiettivo “elettorale” di eliminare completamente, entro il 2025, l’energia al carbone. Tuttavia, il dato che fa ben sperare è quello relativo alla quota di energie rinnovabili nel Regno Unito, la quale è passata dal 7 per cento del 2010 al 25 per cento nel 2016.

La crisi economica generata dal nuovo Coronavirus ha portato i governi di tutto il mondo a adottare delle misure economiche più o meno ampie per contrastare la recessione più importante mai affrontata dall’uomo. In un ulteriore e recente articolo del Financial Times, si riporta che il governo del Regno Unito ha stanziato £ 2 miliardi che consente ai proprietari di immobili di richiedere fino a £ 5.000 di sconto sui lavori per migliorarne l’efficienza energetica. Le previsioni del governo in merito a tale sostegno, in aggiunta ad un ulteriore stanziamento di £ 1 miliardo per il rifacimento degli edifici pubblici, sosterranno circa 140.000 green jobs. Di fatto, molto simile è la misura varata anche dal governo giallorosso italiano, con la previsione del “superbonus del 110%” seppur con caratteristiche differenti.

Un modello economico riconducibile (e che sostiene i modelli di green jobs) all’obiettivo dell’equità sociale, è quello della impact economy che è la teoria che si basa sulla necessità di investire per avere un impatto “sociale”, migliorando la vita dei cittadini e più in generale del ceto medio. L’equità sociale andrebbe vista non solo dal punto di vista di classi reddituali ma anche da quello dell’istruzione. A conferma di ciò, gli operai di impianti solari hanno una percentuale di licenze liceali pari al 62,3 per cento, di gran lunga maggiore di tutti gli occupati, 32,2 per cento.

Ed è su questo che il Green Deal europeo deve convergere maggiormente, con l’obiettivo dell’Unione Europea di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Maggiori saranno gli investimenti nel settore della green economy, maggiori saranno le opportunità di ridurre al minimo le disuguaglianze economiche e sociali. I dati al momento sono incoraggianti secondo quanto riporta il senior economist di LinkedIn. In Europa si è avuto un incremento del 13 per cento (2019 su 2018) delle posizioni lavorativi in ambito green, con un incremento della domanda pari al 49 per cento. L’Italia, nella fattispecie Milano, rappresenta uno dei paesi ideali per i green jobs, essendo inserita nella top ten mondiale tra le città con la più alta concentrazione di professionisti nell’ambito della sostenibilità ambientale. Secondo quanto riporta un report del 2019 pubblicato dal Sole 24 Ore, in Italia i green jobs ammontano a 3.100.000 (circa il 13 per cento dei lavori totali) e sono distribuiti per il 32 per cento nel Nord Ovest, 24 per cento nel Nord Est, 21 per cento nel Centro ed infine, per il restante 23 per cento nel Sud Italia.

Ed è proprio in Italia il luogo in cui i movimenti a sostegno della sostenibilità ambientale diventano sempre più pressanti. È il caso dei “Fridays for future”, nati come movimenti a favore di politiche anticrisi (sostenibili). Con il piano economico “Next Generation Eu”, per il quale l’Italia riceverà – a scaglioni a partire dal 2021 – 209 miliardi di euro, si aprono diversi scenari ed opportunità irripetibili per stilare un programma a supporto delle politiche green, tra cui la promozione dei lavori verdi. Lo stesso studio condotto dalla Società italiana di medicina ambientale (Sima), frutto di una collaborazione con ricercatori delle Università di Bologna, Bari e Trieste, ipotizza che il particolato atmosferico sia in grado di trasportare il virus e che quindi ambienti particolarmente inquinati (come la Pianura Padana) diventino una sorta di «autostrada per la diffusione del Covid-19», come si legge nel comunicato Sima.

Quindi, è ragionevole chiedersi se – di fatto – sia questo il momento storico giusto per cambiare rotta definitivamente per un futuro più green?