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Agenda digitale, tra analfabeti digitali e data economy

di Salvatore Luigi Baldari

Tra i pilastri del piano di ripresa della Commissione Europea, svetta quello della transizione nel settore digitale. Un settore, nel quale le potenti aziende americane e cinesi, fanno la parte del leone, ruggendo con spavalderia, persino ai principi della sana concorrenza. Sono molteplici gli aspetti su cui l’Agenda digitale Ue intende agire, riconducibili a risolvere due grandi criticità: la mancanza di investimenti e la mancanza di una regolamentazione omogenea. Insieme alla Bussola Digitale, presentata il 9 Marzo dello scorso anno, sono questi i due strumenti principali, immaginati per tratteggiare il futuro tecnologico dell’Unione del prossimo decennio. Il percorso si alimenta di quattro direttrici imprescindibili. Si va dalla digitalizzazione dei servizi pubblici e delle Pubbliche amministrazioni, con il traguardo del sistema d’identità digitale per almeno l’ottanta per cento dei cittadini europei.

Analfabeti digitali, chi sono?

È dedicato ai cittadini europei, anche la direttrice che punta a migliorare le competenze digitali di base. Su questo fronte, compie quasi un anno, invece, il Digital Action Plan, un percorso educativo finalizzato a migliorare le competenze base dei cittadini europei, rivelatosi ancor più necessario, alla luce di un recente sondaggio della Digital Economy and Society Index Report, secondo cui il 42% degli abitanti comunitari ha affermato di non essere in possesso delle basilari abilità digitali.

La direttrice per le imprese, ha l’obbiettivo di favorire la loro trasformazione avvicinandole all’utilizzo del cloud, dei big data e dell’intelligenza artificiale.

C’è spazio poi per le infrastrutture, con un occhio di riguardo ad una rete capillare di banda ultra-larga. Occorrerà definire uno spazio comune per i dati, passando attraverso l’implementazione di un apparato di tecnologie ecocompatibili.

Data economy, quanto vale?

Tornando al nodo degli investimenti, il Next Generation Eu mette a disposizione il 20% della propria dote, per un ammontare di almeno centocinquanta miliardi di euro. 

Sul fronte della regolamentazione dei dati, la Commissione Eu ha varato il progetto Gaia-X, orientato a strutturare uno spazio in cloud sicuro per la circolazione dei dati.

Il progetto si incastona con i due regolamenti del 2016 e del 2018, che avevano rivoluzionato il concetto di privacy e dell’utilizzo dei dati personali, sancendo il principio dell’autodeterminazione informativa, attraverso la libera circolazione dei dati. In un mondo in cui, secondo le proiezioni, nel 2025 il valore della Data Economy supererà gli ottocento miliardi di euro, triplicando il valore del 2018, sarà sempre più cruciale dotarsi di un sistema improntato sulla trasparenza e la sicurezza degli interessati.

Il tema dei dati personali torna d’attualità anche in questo approfondimento, dopo che già lo avevamo trattato alcune settimane fa, parlando del riconoscimento facciale e dell’azienda cinese Tencent.

Intelligenza artificiale, quali sono i requisiti?

L’attenzione della Commissione Europea è stata posata anche sull’Intelligenza Artificiale,  delineandone delle linee guida riconducibili a tre requisiti: la robustezza, la legalità e l’eticità. L’intento cardine di tutte queste azioni, neanche tanto celato, è quello di limitare la dipendenza da tecnologie straniere, per giungere verso una una vera e propria “Sovranità Digitale”. L’ingombrante soggezione europea a strutture estere, come avvenuto nel caso Huwawei-5G o ancora più recentemente nella crisi dei semiconduttori (di cui abbiamo abbondantemente discusso sul nostro giornale al link)  può infatti far tendere l’Unione in una posizione di svantaggio tecnologico, politico e persino militare. Con l’impegno di governare la transizione digitale si sta cercano quindi d’invertire la rotta, gestendo i dati dei cittadini, riducendo le complicazioni attinenti alla cybersicurezza e rinvigorendo le PMI europee, che troppo soffrono nel campo digitale, rispetto alle Big Tech straniere.

Gli obiettivi tracciati nel 2020 dalla Commissione Von der Leyen si stanno rilevando sempre più a portata di mano verso l’effettivo compimento di un’Unione Europea sana e ambiziosa sul piano digitale.