Columbus day, il giorno in cui l’America fu scoperta due volte

Berlusconi è una furia, così al via la nuova legislatura
14 Ottobre 2022
L’amore, dal tempo del colera a quello delle App
15 Ottobre 2022
Berlusconi è una furia, così al via la nuova legislatura
14 Ottobre 2022
L’amore, dal tempo del colera a quello delle App
15 Ottobre 2022

Columbus day, il giorno in cui l’America fu scoperta due volte

Con il Columbus day si festeggia molto probabilmente una riscoperta dell’America. Ecco cosa confermano gli studi: la Beringia, la fascia di terra che univa il continente americano alla placca afro-euroasiatica, permise agli scandinavi di raggiungere l’America.

Che cos’è il Columbus day

Lunedì 10 Ottobre gli Stati Uniti ed altre città nel resto del mondo hanno celebrato il Columbus Day, per commemorare l’arrivo del navigatore genovese nel Nuovo Mondo. I più attenti avranno avuto un sobbalzo, perché sin dalle scuole elementari ci è stato insegnato che la “scoperta” dell’America è datata 12 Ottobre 1492. In realtà è così, ma dal 1971 la ricorrenza del Columbus Day è fissata per il secondo lunedì di Ottobre e pertanto quest’anno è ricaduta il 10. 

Perché si chiama ”scoperta dell’America”

Utilizziamo il termine “scoperta” in maniera forzata, dal momento che il continente americano, come è ovvio, già ben prima di Colombo, esisteva ed era popolato da civiltà, anche relativamente avanzate, basti pensare a Maya, Inca e Aztechi. Con il 12 Ottobre 1492 facciamo coincidere l’inizio dei rapporti stabili fra le Americhe e l’Europa, insieme all’Asia. È suggestivo allora, domandarsi, se prima di Colombo, ci siano stati altri europei a raggiungere quelle terre. Prima dell’ultima glaciazione, il continente americano era unito alla placca afro-euroasiatica da una fascia di terra, che oggi è lo stretto di Bering.

Che cos’è la Beringia

Gli studi confermano che proprio quella regione, oggi nota come Beringia, fosse abitata e, proprio attraverso essa, i primi uomini avessero raggiunto il continente americano, stanziandovi. Quando la Beringia venne sommersa dalle acque, l’intera America rimase totalmente isolata dal resto del mondo. Ricostruendo con un po’ di fantasia testi antichi si potrebbe ricavare che già i fenici, i romani o persino cinesi e giapponesi, avessero toccato il suolo americano, in epoche remote. Ma paiono queste teorie poco credibili e non adeguatamente documentate. Molto più attendibili, invece, sono le informazioni che riguardano il navigatore scandinavo Erik il Rosso, di cui si racconta, partendo dall’Islanda, raggiunse la Groenlandia, ben prima dell’anno Mille. 

I navigatori scandinavi ed Erik il Rosso

I navigatori scandinavi, o meglio norreni, a quei tempi godevano delle imbarcazioni più sviluppate del mondo antico, che permisero loro una importante espansione nell’intera Europa. Erik il Rosso rimase in Groenlandia per almeno tre anni, insieme alla sua ciurma e, al ritorno in patria, le diede il nome di Terra Verde, raccontandola come un’isola fertile ed accogliente, per stimolare i suoi conterranei a colonizzarla. Ma, come sappiamo, la Groenlandia piuttosto che “verde” è “bianca” ed in effetti gli scandinavi che la raggiunsero in seguito, la utilizzarono per stabilire degli insediamenti adibiti all’approvvigionamento di pellicce e zanne di trichechi. L’intento di Erik il Rosso fu, tutto sommato, rispettato, dal momento che questi insediamenti islandesi rimasero operativi almeno fino all’inizio del 1400.

Fra i navigatori norreni, che, dopo i racconti di Erik, solcarono il mare per raggiungere la Groenlandia, ci fu Bjarni, il quale spinto a sudovest da una tempesta, approdò senza volerlo sulle coste dell’attuale Canada. I suoi figli affascinati dai racconti di questi territori sconosciuti, si misero in viaggio per esplorare la zona e, nel giro di pochi anni, fondarono colonie nella penisola del Labrador e sulle isole di Baffin e di Terranova.

L’analisi al radiocarbonio effettuata nel 1960 in uno di questi insediamenti norreni, nel Canada settentrionale, ha confermato che il sito risalga agli anni strettamente a ridosso del Mille, certificando pertanto una presenza dei popoli scandinavi, quasi cinque secoli prima di Cristoforo Colombo. I limiti dei viaggi in America dei navigatori norreni furono quelli di non aver stabilito rapporti permanenti con il Nuovo Mondo e non essersi spinti nei territori a sud del Canada, oltre naturalmente a non aver diffuso notizie delle loro spedizioni nel resto d’Europa.

Sicuramente in quel periodo, strumentazioni come bussole e carte geografiche erano meno avanzate rispetto a quanto sarebbero state in seguito, ai tempi di Colombo. Anche le imbarcazioni non erano adeguatamente sicure da poter garantire traversate frequenti e massicce dell’Oceano. Non dimentichiamoci tra l’altro, che proprio il momento storico in cui i navigatori scandinavi raggiunsero l’America, fu uno dei più bui della storia della civiltà europea. Il mondo arabo-musulmano era decisamente più evoluto e potente, mentre quello europeo era falcidiato da frequenti guerre religiose, povertà diffusa e scarsa istruzione, dominato dalle dinamiche del feudalesimo e diviso fra l’influenza bizantino-ortodossa e le superstizioni cristiane. Insomma, non era assolutamente presente la propensione alla “scoperta”, il desiderio di infrangere i limiti delle Colonne d’Ercole.

Chi lo sa, con un po’ più di fortuna, invece del Columbus Day, oggi staremmo a celebrare l’“Erik Day.”