Corso per principesse: cosa insegna la storia

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Corso per principesse: cosa insegna la storia

Dopo il caso scoppiato in questi giorni del corso per principesse organizzato dalla ludoteca di Rho, vediamo quali sono gli insegnamenti più da tradizione e perché, dai corsi di portamento ai collegi femminili.

Nel profondo del cuore dorme un sogno, e lo stilista lo sa: ogni donna è una principessa”. Così Christian Dior descrive il suo modo di fare moda semplicemente facendo sentire ogni donna come una principessa, ma non è di certo l’unico ad aver utilizzato questo termine. Letteratura, arte, moda sono pregni di contenuti e prodotti che si rifanno a questo status, ma esattamente cosa vuol dire essere principesse? Per saperlo bisogna rifarsi alla parola “principe”, il suo equivalente maschile. Derivato dal latino princeps, che significa cittadino principale, il termine indica il titolo attribuito alla sovrana di un principato, alla figlia di un re o di una regina o alla moglie e/o figlia di un principe. Dunque, è legato alla nobiltà e alla discendenza monarchica. Nel corso dei secoli sono state intessute tante storie attorno alle figure storiche, realmente esistite o inventate, delle principesse. Così come le ultime generazioni sono cresciute con l’ideale di principesse della Disney, quindi belle, ricche, servite e riverite, piene di abiti belli e tanti sogni, esistono in realtà tuttora delle principesse che regnano nei Paesi retti dalla monarchia. Ad esempio, la famosa principessa del Galles, Kate Middleton, o Élisabeth Thérèse Marie Hélène del Belgio o la principessa Leonor di Spagna le quali però svolgono il loro ruolo attivamente e in maniera molto più moderna del passato, sebbene le regole di etichetta della corte valgano ancora.

Corso per principesse

Negli ultimi giorni è balzata agli onori delle cronache la locandina di una ludoteca di Rho, in provincia di Milano, dove la Maison degli Eventi ha ideato e creato il primo corso in Italia per diventare principesse della durata di tre mesi e rivolto alle bambine dai 6 ai 9 anni. Tra gli argomenti trattati, il corso prevede lezioni di bon ton, portamento, dizione, trucco e acconciatura. Le polemiche non sono mancate e i commenti negativi sono fioccati sui social tutti indirizzati alla fondatrice Stefania Vadalà, la quale però ha difeso la sua idea attraverso un post su Facebook: “Sentiamo il desiderio di chiarire gli intenti del famigerato corso per principesse. Il post non intendeva proporre un corso di educazione per bambine, non voleva proporre di abbracciare stereotipi di genere e non voleva criticare altre forme di espressione dell’infanzia. Per noi bambini e bambine possono essere qualsiasi cosa, possono esprimere la loro bellezza attraverso qualunque forma, possono interpretare qualunque personaggio senza che questo etichetti il loro essere. Questa è una ludoteca. Il fatto che ci fosse una bambina nella foto di presentazione, scelta forse un po’ sommaria, non esclude che l’invito fosse aperto a tutte e tutti. Oggi si gioca alle principesse, domani agli indiani. Tutto qui”. Tra le accuse rivolte alla Vadalà, infatti, c’era quella di sessismo, di promozione degli stereotipi e di modelli di femminilità del passato. Ma vediamo nel dettaglio cosa hanno davvero significato nella storia i corsi di portamento e com’era l’istruzione femminile.

Collegi femminili e istruzione

Oggigiorno si abbonda ormai del termine principesse, ma come già ricordato essere una principessa era ed è ancora uno status preciso i cui confini sono ben delimitati tra la nobiltà e il resto del popolo, soprattutto nel passato. Se analizziamo in particolar modo l‘Inghilterra, tra le monarchie più importanti dell’800, il periodo della reggenza (1811-1820 che apre la fase conclusiva dell’era georgiana, cominciata da Giorgio I nel 1714 fino a Giorgio IV) è esplicativo di come l’istruzione e la condizione femminile a quel tempo fossero strettamente collegati alla classe sociale di appartenenza. All’epoca, infatti, le donne della nobiltà erano destinate a matrimoni con uomini della loro cerchia sociale, dunque nobili, e per questo venivano istruite o da istitutrici o nei collegi femminili per imparare tutto ciò che fosse necessario per fare un buon ingresso in società e aprirsi così al “mercato” matrimoniale. “Sposarsi bene” era imperativo e tutto ciò che le mamme desideravano per le loro figlie. Ma la cultura, le letture e l’arte dovevano essere un recinto ben delimitato e difficile da scavalcare, in quanto dare segno di troppa intelligenza non era gradito. Così le principali materie di apprendimento erano la musica, la pittura, il ricamo e anche la gestione domestica, in modo tale che le ragazze sapessero già quale sarebbe stato il loro ruolo in società e all’interno del matrimonio.

Istruzione, ma non troppa, e comportamento irreprensibile

Quando la nuova borghesia imprenditoriale inizia a fare capolino, nel periodo della prima rivoluzione industriale nell’età georgiana, i nuovi ricchi iniziano ad inserirsi negli ambienti aristocratici tentando di fare il “salto di classe” facendo studiare i loro figli maschi e anche spesso le femmine, in modo tale da poter ottenere dei titoli nobiliari tramite matrimonio e portare così prestigio alla famiglia. Ma la cosa più importante che imparavano sin da bambine era una condotta irreprensibile che altrimenti ne andava della propria reputazione e di quella della famiglia, rischiando l’esclusione dalla società. In un certo senso, le classi sociali di ceto più basso potevano essere più libere da varie gabbie sociali, come il comportamento o anche la verginità, che nella nobiltà se veniva perduta veniva considerato segno di disonore. Ma, nello stesso momento, erano molto più svantaggiate e appunto più soggette a pericoli, senza avere nessuna protezione perché non potevano permettersi un’istruzione e facevano ogni sorta di umile lavoro; l’unica aspirazione che potevano permettersi era quella di andare a servizio presso le case dei nobili. Se andava bene, la scrittura e far di conto erano ciò che potevano imparare, ma per il resto si occupavano della vita domestica mentre i maschi andavano a lavorare. In ogni caso il ruolo della donna veniva circoscritto al focolare e che imparasse portamento, bon ton o un’istruzione adeguata era sempre e solo finalizzato al matrimonio, circoscritto ad una mentalità maschilista e patriarcale. Dopo due secoli il mondo potrebbe essere cambiato, ma a ricadere nel passato basta un attimo.