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Cottarelli, le dimissioni del senatore

“Il principio del merito era molto presente nel documento dei valori del Pd del 2008, l’ultimo disponibile quando decisi di candidarmi, manca invece in quello approvato a gennaio 2023“, tra i motivi. Inoltre, il nuovo Regolamento del Senato ha modificato la possibilità di passare al Gruppo misto.

Era stato ospite della nostra redazione la scorsa estate, in una intervista a tutto campo, dai temi dell’economia…all’Inter. E poche settimane dopo, il Segretario del Partito Democratico Enrico Letta, lo aveva presentato a sorpresa, come pezzo da novanta, della lista di candidati per le elezioni politiche di settembre 2022. Eletto al Senato senza difficoltà, tuttavia, l’esperienza a Palazzo Madama di Carlo Cottarelli è giunta al termine.

Lo ha annunciato, domenica scorsa, il diretto interessato a Fabio Fazio, nel corso della trasmissione Che tempo che fa.

L’Università Cattolica, presso la quale ha già istituito e diretto l’Osservatorio Conti Pubblici, gli ha infatti chiesto di dirigere un programma rivolto agli studenti delle scuole superiori. Ma l’economista non ha nascosto che alla base di questa decisione drastica ci sono motivazioni politiche che lo vedono distante dal nuovo segretario del partito Elly Schlein.

Il principio del merito

«È innegabile, basta vedere la composizione della nuova segreteria, che l’elezione di Schlein abbia spostato il Pd più lontano dalle idee liberademocratiche in cui credo… una questione chiave è il ruolo che il “merito” deve avere nella società. Il principio del merito era molto presente nel documento dei valori del Pd del 2008, l’ultimo disponibile quando decisi di candidarmi, manca invece in quello approvato a gennaio 2023 e nella mozione Schlein per primarie››.

Le dimissioni di Carlo Cottarelli  

Carlo Cottarelli, nato a Cremona nel 1954, dopo la laurea in Economia a Siena e il Master presso la London School of Economics, ha lavorato nel dipartimento ricerca della Banca d’Italia e poi all’Eni. Dal 1988 è al Fondo Monetario Internazionale. Dal 2013 al 2014 è stato Commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, nominato dal governo Letta. Direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, dal 2014 al 2017, dal 2017 è a capo dell’ Osservatorio sui conti pubblici Italiani dell’università Cattolica di Milano e visiting professor presso l’università Bocconi.

Nel maggio 2018, al culmine dell’impasse a seguito delle elezioni politiche che non vedevano generarsi all’orizzonte una maggioranza, il Presidente della Repubblica, Mattarella, gli affidò l’incarico di formare un nuovo Governo, incarico che rimise dopo pochi giorni. Nel 2020 è stato insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Decide di dimettersi con grande eleganza e correttezza, senza passare ad altro gruppo, ma lasciando il Parlamento, perché eletto nella quota proporzionale e quindi non scelto direttamente dagli elettori in un collegio ovvero chi lo ha mandato a Palazzo Madama è perché ha votato Partito Democratico ed è giusto che il suo seggio rimanga al Pd, nel caso specifico la prima dei non eletti, in questo caso Cristina Tajani, già Assessore del Comune di Milano, sia con Pisapia che con Beppe Sala.

Come si formalizzano le dimissioni

Come effetto della riforma costituzionale del 2020 che prevedeva il taglio dei parlamentari, l’attuale legislatura si è avviata con un numero di senatori eletti, sceso da 315 a 200, ai quali vanno aggiunti i sei senatori a vita (Giorgio Napolitano, Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia e Liliana Segre). Ma l’uscita di Carlo Cottarelli di fatto non sarà immediata.

Un parlamentare ha facoltà di dimettersi per incompatibilità di incarichi o per motivi personali. Nel primo caso, il Presidente del ramo del Parlamento interessato lo comunica all’Assemblea, che ne prende atto senza procedere a votazioni; nel secondo, ovvero quello in cui rientrano le dimissioni di Cottarelli, la procedura prevede che il parlamentare dimissionario debba spiegare le proprie motivazioni all’Aula di appartenenza, che sarà poi chiamata a pronunciarsi con il voto, a scrutinio segreto, appunto sulle dimissioni. È sostanzialmente prassi consolidata che la prima votazione abbia esito negativo, come gesto di cortesia nei confronti del deputato o senatore.

In un recente tweet, Cottarelli ha poi chiamato in causa il nuovo Regolamento del Senato, a sostegno della sua decisione di lasciare il Parlamento, anziché cambiare gruppo.

Il nuovo regolamento del Senato 

Le modifiche approvate nell’estate 2022 al Regolamento, prevedono infatti stringenti norme riguardo l’ingresso nel gruppo misto e la creazione di nuovi gruppi parlamentari e componenti.

Il fenomeno aveva assunto rilievi patologici: nella scorsa legislatura i cambi di gruppo tra Camera dei deputati e Senato sono arrivati a oltre 330, addirittura secondo Openpolis erano stati 569 i cambi di gruppo con 348 parlamentari coinvolti nella legislatura precedente.

Con la premessa d’obbligo che l’art. 67 della Costituzione rende assolutamente legittimo per i parlamentari il passaggio a un gruppo parlamentare diverso da quello con cui sono stati eletti e, quindi, non prevede un vincolo di mandato per i parlamentari, che esercitano la loro funzione senza di fatto obblighi nei confronti dei partiti in cui sono stati eletti, il nuovo regolamento del Senato continua a permettere che ciò accada. Per consuetudine i parlamentari che abbandonano il gruppo si riuniscono all’interno del Gruppo Misto creando una componente oppure un nuovo gruppo parlamentare, accedendo a benefici pari a quelli di un partito che abbia partecipato alla competizione elettorale. 

Il nuovo Regolamento prevede che il Senatore dimesso decada da tutti gli incarichi di ricoperti sino a quel momento. Ricordiamo la recente vicenda di Vito Petrocelli, espulso dal M5S per le sue posizioni filorusse, che non voleva lasciare l’incarico di Presidente della Commissione Esteri del Senato.

Per scoraggiare i trasferimenti ad altro gruppo parlamentare, il Consiglio di presidenza stabilisce la riduzione del 50 per cento del contributo al gruppo del quale il senatore cessa di far parte, attribuendo il 30 per cento della quota proporzionale iniziale al gruppo di destinazione. I risparmi di spesa sono destinati ai bilanci del Senato. Le modifiche al Regolamento, nella parte afferente i gruppi, prevedono inoltre che un gruppo parlamentare debba essere composto da almeno sei senatori e rappresentare un partito o movimento politico che abbia presentato alle ultime elezioni del Senato candidati con lo stesso contrassegno e abbia eletto almeno un senatore, una previsione quest’ultima che limita molto la carta della creazione di nuovi gruppi parlamentari che non abbiano partecipato alla competizione elettorale.