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Gioco, azzardo pubblico 110 miliardi per la dea che acceca

Slot Machine

Un viaggio per sale slot e bingo, tra pepite di pollo surgelato

BOLOGNA – Sono da poco passate le ore 10, in un quartiere della periferia di Bologna, vicino a una chiesa evangelica, chiusa. Ci sono persone in fila davanti a una banca. Chiediamo dove si trova la sala slot. Ci rispondono quasi in coro. “È già un po’ di tempo che non la frequento”, la signora si riferisce alla chiusura forzata della sala slot, a causa della pandemia. Entriamo, la sala è molto piccola, ci sono già diverse persone impegnate nel gioco. Premiamo il tasto “start”, una giocata costa 0,50, e la frutta della slot cerca di ricomporsi per famiglie di banane e ciliegie. Se non si inseriscono altre monete prima che il frullo della frutta finisca, si deve ricominciare con tutto il marchingegno: scelta del gioco, tessera sanitaria e selezioni varie. Scatta perciò la frenesia di inserire le monete a ripetizione. Un professionista in giacca e cravatta gioca mentre risponde a mail di lavoro, ha il telefono in equilibrio su un ginocchio. Ci sono alcuni giovani nel reparto scommesse sportive. La cassiera ci controlla, con la telecamera e con il collo da giraffa: il non saper giocare desta diffidenza. Capiamo che c’è un codice di comportamento, non bisogna parlare, non bisogna guardare gli altri e nemmeno guardarsi intorno. Buio è buio, dall’interno non si percepisce se è mattina, pomeriggio o sera, usciamo dalla porticina laterale che è la più utilizzata, senza insegna.


Tour dall’imprenditore

Seconda tappa, dall’altra parte della città, a sud-ovest, dove incontriamo il proprietario di una sala scommesse, slot e videolottery. Ci racconta gli aspetti imprenditoriali. “Se i giocatori spendono 100, le vincite sono di 75. La parte restante è quella che viene ripartita normalmente a metà tra noi e il concessionario (Belt, Snai o altri) e su questa bisogna pagare le tasse”.

Le tasse? “L’aliquota di tassazione media è del 67%, aumenta costantemente e anche la percentuale dei soldi ridistribuiti in vincite è stata ora modificata, abbassata dal 75 al 65% sulle new slot, un accomodamento deciso nell’ultima Legge di Bilancio. Tra i due litiganti, la tassa sulla plastica e quella sullo zucchero, il terzo vince: si è deciso che si ridistribuisce una minor vincita ai giocatori. Resta così una fetta più grande della torta, più utile da tassare, perciò più entrate per lo Stato”. “Poi, nel periodo di chiusura forzata, è arrivata anche una nuova tassa dello 0,5% sulla raccolta, per finanziare il calcio dilettantistico”, prosegue.

Tutte le macchine che avete sono ormai collegate telematicamente all’Agenzia del monopolio? “Sì, sì, almeno due o tre volte l’anno da noi arriva giustamente il controllo del monopolio, l’ultimo in febbraio, prima della chiusura a causa della pandemia”.

Come funziona il ciclo tra il 100 giocato e il 75 (o 65) che deve ritornare in forma di vincita? Quando si chiude questo ciclo? “Non lo so, sarebbe più facile vincere, se lo si sapesse”.

Dai dati più recentemente pubblicati dall’Agenzia risulta che ogni 6 mesi, dopo circa 5 milioni di partite, viene pagato l’88% di vincite.


Pranzo in salsa bingo

È ormai ora di pranzo, ci spostiamo di nuovo nella periferia della città, in un quartiere cosiddetto popolare, in una delle più grandi sale bingo e videolottery della città. Non appena entriamo nel parcheggio dedicato, già ci sentiamo osservati. All’ingresso un energumeno ci misura la temperatura corporea, non ci toglie gli occhi di dosso, nemmeno quando ci incamminiamo verso la toilette. Nelle sale con le videolottery e new slot ci sono soprattutto signore e giovani donne, qualche uomo con il borsello a tracolla. La postura sullo sgabello è da habitué, ognuno ha trovato un proprio modo per stare comodo, come sulla poltrona di casa. Il vigilante non si allontana. Entriamo finalmente nella sala bingo. Un centinaio di persone, tante così, tutte insieme, erano mesi che non le vedevamo, intente a giocare, sedute a tavoli ben apparecchiati. La grande struttura a bolla in cui siede la maggior parte delle persone sembra la sala da pranzo di una nave da crociera. “È la sala fumatori”, uno steward gentilissimo ci spiega ogni cosa, come a introdurci nella grande famiglia. Moquette color bordeaux. Non può non venirci in mente che nel nostro ordinamento il gioco d’azzardo è ammesso solo nei casinò o sulle navi da crociera naviganti fuori dal bacino del Mediterraneo: infatti, sono questi gli ambienti scimmiottati dalla sala bingo. Anche il profumo è di alimenti in atmosfera modificata.

Prendiamo posto in zona non fumatori, al tavolo c’è il menù. Costa tutto il 30-40% in più di quanto costi fuori. Passa il cameriere in livrea, con un bel carrello colmo di piatti di pasta al pesto genovese. Sono le ore 13, le persone, accomodate ai tavoli come fossero piccole famiglie, sebbene non si conoscano. Ci inseriamo in un giro di tombola. Costo della cartella 1,50 euro. Sono 120 le cartelle vendute. Il bingo vale circa 91 euro. Una voce soave, femminile, chiama i numeri. Dizione perfetta. Numeri chiamati molto velocemente, una partita dura pochi minuti, tre o quattro. Le molte signore presenti, di età diversa, acquistano anche 4 cartelle alla volta. Qualcuna insulta il ragazzo deputato alla vendita delle cartelle, altre mostrano segni di nervosismo di posa, potentati d’argilla. Al nostro tavolo una signora si distingue, invece, per il fare sornione, mentre imbeve le sue pepite di pollo nel ketchup: “È un’ora che gioco, non ho vinto nulla, ma non mi interessa”. Solitudine e nervosismo, ma in abiti eleganti. Qualche quotidiano locale sul tavolo, acquistato prima di entrare, e qualche sporta di spesa danno il senso di una tappa quotidiana e abituale. Una compagnia ricostruita sotto la bolla, con i numeri che non si fermano mai, una zona franca rispetto allo scorrere del tempo. Usciamo, ancora sotto il radar naturale dell’energumeno.

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