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Irlanda, chi è la nuova Primo Ministro

Michelle O’Neill è il primo capo di Governo della storia dell’Irlanda del Nord, esponente del partito repubblicano, il primo di fede cattolica.

La soddisfazione di chi sa di esser entrata nella storia del proprio Paese, contenuta dalla compostezza di chi sa di avere addosso una delle più grandi responsabilità della storia del proprio Paese.

Con il blazer abbottonato sino all’ultimo bottone sotto il collo, un paio di occhiali da vista con montatura a gatto e i capelli biondi tagliati sulle spalle, la quarantasettenne Michelle O’Neill, sabato 3 febbraio, ha tenuto il suo discorso di insediamento come Primo Ministro dell’Irlanda del Nord.

«Qualunque sia la nostra provenienza, qualunque siano le nostre aspirazioni, possiamo e dobbiamo costruire il nostro futuro insieme». Ha detto ai membri del Parlamento riuniti nel Palazzo di Stormont e a tutti i suoi concittadini che la ascoltavano in televisione, sui social o dalla radio.

Chi è Michelle O’Neill

Michelle O’Neill è il primo capo di Governo della storia dell’Irlanda del Nord, esponente del partito repubblicano. Il primo di fede cattolica, in un territorio in cui la discriminazione religiosa è stata motivo di guerriglia, attentati e morte, per diversi decenni.

L’Irlanda del Nord fu creata dopo la Guerra del 1921 contro i britannici, proprio per offrire una provincia ai protestanti, in un’isola abitata soprattutto da cattolici e repubblicani, i quali invece crearono lo Stato poi noto come Repubblica d’Irlanda.  

Michelle O’Neill ha interrotto una crisi di governo che andava avanti dalle elezioni del maggio 2022, palese dimostrazione di uno stravolgimento demografico e culturale dello scenario nord-irlandese. Diciotto mesi di trattative per costruire una maggioranza di governo che pareva un miraggio, dopo che il suo partito aveva vinto le consultazioni elettorali per la prima volta e il partito protestante aveva alzato le barricate, rendendosi indisponibile a fornire il proprio supporto.  

Il nostro giornale aveva già ricordato le dinamiche del potere in Irlanda del Nord, pochi mesi fa, in occasione del venticinquesimo anniversario degli Accordi del Venerdì Santo, cui fecero da sfondo la visita del Presidente Usa Joe Biden e gli scontri a fuoco in un quartiere di Derry. https://www.laredazione.net/irlanda-proteste-tra-cornice-di-windsor-e-freno-di-stormont/

In base agli accordi del Venerdì Santo del 1998, il potere in Irlanda del Nord è condiviso fra protestanti e cattolici, ma finora la guida del governo era sempre toccata ai primi, fedeli alla Gran Bretagna.

Il ritorno alla cooperazione fra le due comunità è stato suggellato con la nomina a Vice-Primo Ministro di Emma Little-Pengelly, quarantaquattrenne esponente dal partito democratico-protestante.

Le due giovani donne ai vertici tenteranno di completare quel processo di pacificazione, avviato venticinque anni fa e ancora vissuto, in alcune fasce della popolazione, di entrambe le parti, con scetticismo e sospetto.    

Il nuovo Primo Ministro ha un biografia segnata dal sangue della guerra civile. Suo padre era un guerrigliero dell’organizzazione militare, nota con l’acronimo Ira e trascorse diverso tempo in prigione.

Ma, il partito di O’Neill ci tiene a rimarcare le distanze da quello che in passato fu definito il suo braccio armato e la stessa premier ha dichiarato nel suo discorso di insediamento: «Se il passato non può essere cambiato, quello che possiamo fare è costruire un futuro migliore».

Dopo un periodo di amministrazione diretta dall’Inghilterra, il ripristino del governo decentrato in Irlanda del Nord è stato accolto con ampio favore. Anche il Gruppo dei leader delle Chiese irlandesi, composto da anglicani, cattolici, presbiteriani e metodisti ha rilasciato una nota congiunta per esprimere la propria soddisfazione e rilanciare i propri auspici di armonizzazione.

Michelle O’Neill e la sua vice Emma Little-Pengelly hanno immediatamente ricevuto al Castello di Stormont il premier britannico Rishi Sunak e quello della Repubblica d’Irlanda Leo Varadkar, per rimarcare il clima di condivisione e collaborazione alla base del loro mandato.

Rishi Sunak, quarantatré anni, figlio di indiani nati e cresciuti in Africa Orientale.

Leo Varadkar, quarantaquattro anni, anch’egli di origini indiane e dichiarato omosessuale in un Paese dominato da una rigida morale cattolica.

Le loro simili biografie si intrecciano con quella del Primo Ministro della Scozia, in carica da nemmeno un anno, il trentanovenne Humza Yousaf, figlio di padre pakistano e di madre indiana nata in Kenya, nonché primo musulmano in assoluto a ricoprire l’incarico più importante alla St. Andrew’s House di Edimburgo.

Tre giovani uomini, figli di immigrati di prima generazione che hanno rotto una tradizione delle istituzioni, ancora radicata nel resto d’Europa.

Tornando a Michelle O’Neill. Nel suo discorso di insediamento ha detto che si occuperà di «bread and butter issues», cioè di problemi quotidiani, duri e crudi.

Nessun riferimento alle lotte ideologiche che hanno travagliato il suo Paese, nessuno riferimento all’ambizione di riunificare l’Irlanda del Nord con il resto dell’isola.

Eppure, la sua ascesa al potere, non può che alimentare tale suggestione.

Fosse solo per il fatto che la storica ragione sociale del suo partito politico sia proprio quella di dissolvere l’enclave britannica per tornare all’unica entità politica irlandese, come era prima del 1921.

Secondo un sondaggio di “The Irish News”, tuttavia, in Irlanda del Nord solo il 30% degli intervistati voterebbe a favore della riunificazione in un eventuale referendum. Il dato è nettamente capovolto, invece, nella Repubblica d’Irlanda, dove a favore voterebbe oltre il 60% della popolazione coinvolta.

Gli accordi sulla Brexit hanno riacceso tuttavia il dibattito, prevedendo meccanismi eccezionali come la Cornice di Windsor e il Freno di Stormont per garantire il mantenimento dell’Irlanda del Nord nel mercato unico europeo.

Proprio questi provvedimenti erano stati il motivo di facciata per cui il partito dei protestanti aveva deciso di boicottare la formazione del nuovo Governo a Belfast.

Il corridoio privilegiato verso l’Unione Europea per loro significava un allontanamento di fatto dalla Gran Bretagna e un avvicinamento verso Dublino.

Un avvicinamento che forse prima o poi potrà diventare riunificazione.

Del resto, se in Scozia, a dieci anni esatti dal referendum sull’indipendenza da Londra che confermò lo status quo, gli indipendentisti non abbandonano la loro aspirazione nonostante le vicende giudiziarie che riguardano la loro leader Sturgeon, anche in Nord Irlanda è consentito sognare.

A maggior ragione se nella Repubblica d’Irlanda, il prossimo anno, dovesse riuscire a salire al potere Mary Lou MacDonald,  esponente dello stesso partito di Michelle O’Neill.

Sempre che dalle parti di Londra, prima o poi, a qualcuno non torni in mente di riavviare i negoziati per un rientro nell’Unione Europea.

Anche perché, come abbiamo raccontato alcuni mesi fa, del fallimento di Brexit, già se sono accorti da tempo.