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Azerbaigian, elezioni “farsa”

Continua l’impero di Aliyev, vincitore delle presidenziali che si sono svolte in un clima di grandi repressioni e un mese prima delle elezioni in Russia.

Non senza sorpresa sono giunti i risultati delle recentissime elezioni presidenziali svoltesi il 7 Febbraio in Azerbaigian. Con il 92,1% Ilham Aliyev, attuale Presidente, e il suo partito Nuovo Azerbaigian (YAP), sono usciti vincitori da questa partita senza rivali e in cui non c’erano, di fatto, opposizioni, partita che poi, ha voluto lui stesso. Va ricordato infatti che è stato proprio Aliyev a richiedere le elezioni anticipate tramite un decreto che è giunto tre mesi dopo che l’Azerbaigian usciva “vincitore” dall’offensiva intrapresa contro il Nagorno-Karabakh e che ha condotto alla conquista della regione, provocando la fuga (l’esilio obbligato direi) della popolazione armena.

Sull’onda del clamore ottenuto dal recente “successo” di conquista nazionalista risolvendo, a suo dire, una questione storica che si perpetua da tre decenni, Aliyev ne avrebbe dunque approfittato per anticipare le elezioni, previste per Ottobre 2025, a Febbraio 2024; altra coincidenza è che queste votazioni giungono poco prima delle elezioni presidenziali russe fissate per il 17 Marzo

Una chiamata anticipata alle urne che ricorda quanto fece il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan nel 2018 e nel 2023 sempre con le elezioni presidenziali, e che numericamente simboleggiano un successo maggiore rispetto alle elezioni svoltesi nel 2018 dove Aliyev vinse con l’86% dei voti.

Oltre a questo è fondamentale ricordare che Aliyev sta facendo di tutto per restare al potere: nel 2009 infatti è stato cancellato il limite di due mandati consecutivi e questo permette ad Aliyev di correre per un numero illimitato di mandati, mentre il 26 settembre del 2016, grazie ad una riforma costituzionale approvata tramite referendum, ha creato nuove cariche governative, tra cui quella di primo vice presidente dove ha nominato sua moglie Mehriban Aliyeva. 

Un potere che intende rimanere in famiglia (come fino ad ora è rimasto) e che è passato da padre in figlio. Ilham Aliyev è in carica dal 2003, prima di lui il padre, Heydar Aliyev, ex ufficiale del KGB, ex segretario del partito comunista ai tempi dell’Unione sovietica e membro del Politburo alla guida del Paese dal 1993.

Le opposizioni denunciano: elezioni non democratiche

Per quanto queste elezioni vengano descritte come un successo, perché, secondo quanto riferito dal capo del Centro informazioni elettorali della segreteria della Commissione elettorale centrale – Farid Orujov, alle urne si sono recati oltre il 76,73% degli elettori aventi diritto di voto; già da quando uscii il decreto che annunciava le elezioni anticipate, i due maggiori partiti di opposizione, il Musavat (leader Arif Hajili) e il Partito del Fronte Popolare dell’Azerbaigian (leader Ali Karimli), hanno dichiarato che avrebbero boicottato le elezioni e che non avrebbero presentato alcun candidato.

«Le elezioni straordinarie previste dal presidente Aliyev per il 7 febbraio 2024 non saranno un’elezione vera e propria, ma uno spettacolo elettorale. Il Partito del Fronte Popolare dell’Azerbaigian non intende partecipare a questo spettacolo» ha dichiarato il partito, invitando i propri sostenitori a “boicottare queste false elezioni” (fonte Open Caucasus Media). Mentre il Musavat ha parlato di mancanza di elezioni libere, ricordando l’arresto di giornalisti ed attivisti politici, di cui scriverò più tardi. 

A questo punto sorge spontanea una domanda: in questa elezione chi erano i rivali di Ilham Aliyev e del suo partito? La risposta è nessuno, esclusi i due maggiori gruppi di opposizione che non si sono candidati, sono rimasti in corsa altri sei candidati che però in passato avevano sostenuto il partito in carica (e quindi non erano propriamente dei gruppi oppositori), e dai risultati diffusi l’8 nessuno dei sei ha superato più del 2% nei risultati ufficiali. 

Oltre a ciò il giornale d’inchiesta indipendente Abzas (perquisito dalle autorità su ordine del governo) riporta che sia  il Musavat che il Partito del Fronte Popolare dell’Azerbaigian non riconosceranno i risultari di queste elezioni “farsa”

Il Partito del Fronte Popolare, informa sempre Abzas, ha inoltre denunciato: «Le persone che lavorano negli organismi statali di bilancio, anche nel settore privato, questa volta hanno subito maggiori pressioni per partecipare alle elezioni. Quelli che non hanno partecipare alle elezioni sono stati apertamente minacciati di licenziamento». Non solo i lavoratori statali, ma anche i giornalisti hanno subito forti pressioni; la testata Turan ha affermato che ai giornalisti non registrati nel controverso Registro dei media dell’Azerbaigian è stato impedito di filmare all’interno dei seggi elettorali.

A puntare i fari su queste elezioni anche l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) che in una recente nota fa sapere che: «Le elezioni presidenziali anticipate si sono svolte in un ambiente restrittivo e, sebbene siano state preparate in modo efficiente, le voci critiche e le alternative politiche sono state in gran parte assenti. Purtroppo, le precedenti raccomandazioni per avvicinare il quadro giuridico agli standard internazionali per le elezioni democratiche sono rimaste inascoltate e continuano ad esistere numerose restrizioni nella legge e nella pratica», nel medesimo comunicato si ribadisce che «nessuno dei sei candidati ha sfidato in modo convincente le politiche del presidente in carica nelle loro campagne elettorali, lasciando gli elettori senza alcuna vera alternativa».

Abzas aveva inoltre informato che il deputato svizzero Nik Gugger, arrivato a Baku come osservatore dell’OSCE il 3 febbraio era stato arrestato a Baku per poi essere deportato. 

La forte repressione: Violazione dei diritti umani e persecuzione dei giornalisti

Elezioni democratiche e trasparenti possono avvenire soltanto in paesi “liberi”, purtroppo le votazioni avvenute in Azerbaigian sono lo specchio di un contesto sociale altamente sorvegliato e dove vige una forte repressione.

Amnesty International ha denunciato che alla vigilia delle elezioni presidenziali del 7 febbraio in Azerbaigian si è registrato un aumento della repressione del diritto alla libertà d’espressione. Da Novembre 2023 sono state arrestate più di 13 persone, tra cui giornalisti, oppositori politici e un difensore dei diritti umani, mentre 11 rimangono in detenzione arbitraria con false accuse. C’è anche chi è scappato dal Paese onde evitare persecuzioni, ritorsioni, e processi farsa.

Presi di mira sono soprattutto i giornalisti indipendenti, ad esempio alcuni di Abzas tra cui Ulvi Hasanli, Sevinj Vagifgizi, Elnara Gasimova e l’assistente di Hasanli, Mahammad Kekalov. Ma Amnesty denuncia di più: Ofelya Maharramova, madre di Sevinj Vagifgizi (coporedattore di Abzas), si è vista bloccare i conti bancari, finendo per trovarsi in estreme difficoltà economiche e impossibilitata a pagare le cure mediche a causa del blocco dell’erogazione della sua pensione. Un caso, questo, non isolato.

Oltre ai giornalisti, qualsiasi voce cerchi di opporsi al regime di Aliyev, viene silenziata; in questi anni sono stati molti i dissidenti che sono stati incarcerati o costretti all’esilio. Tra questi compaiono

– Tofig Yagublu (62 anni): ex giornalista apertamente critico nei confronti del governo, arrestato il 14 dicembre 2023 mentre usciva dalla metropolitana nel centro di Baku. È membro del partito di opposizione Musavat e un politico di alto livello nel Consiglio nazionale delle forze democratiche. 

– Gubad Ibadoghlu (52 anni) noto economista politico e figura di spicco dell’opposizione, è stato brutalmente attaccato e arrestato arbitrariamente il 23 luglio 2023. Ttuttora è detenuto sulla base di dubbie accuse, ha contatti limitati con la sua famiglia e il suo avvocato e sarebbe stato sottoposto a trattamenti disumani.

– Mahammad Mirzali (29 anni) attivista, blogger e esplicitamente critico contro l’operato dell’attuale residente è esiliato in Francia dal 2016. Pur trovandosi all’estero Mirzali ha subito vari attentati alla sua vita. 

Sempre Amnesty informa che «oltre 200 persone si trovano in carcere a seguito di procedimenti politicamente motivati. Il peggioramento della situazione dei diritti umani è stato il motivo per cui nel Gennaio 2023, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha rifiutato di ratificare le credenziali della delegazione dell’Azerbaigian. Nonostante tutto questo, l’Azerbaigian ospiterà la Cop-29, la conferenza annuale delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico».