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Ospedali a Gaza, ecco qual è la situazione

Dei 36 ospedali presenti a Gaza, ora ne rimangono solo 13 parzialmente funzionanti. Sulla situazione abbiamo intervistato Martina Luisi coordinatrice di Palestine Children’s Relief Fund Italia che fornisce assistenza sanitaria ai bambini arabi indipendentemente dalla loro nazionalità, politica o religione.

“Dal 7 ottobre 2024 la situazione è precipitata e di conseguenza anche il nostro lavoro è profondamente cambiato. Dei 36 ospedali che erano presenti a Gaza ora ne rimangono soltanto 13 parzialmente funzionanti, lo stesso vale per i 77 ambulatori ridotti ormai a poche unità”.

A raccontarlo in un’intervista è Martina Luisi coordinatrice di Palestine Children’s Relief Fund Italia, un’associazione di volontariato fondata negli Usa nel 1992 dall’ex giornalista americano Steve Sosebee, che ha come missione quella di fornire assistenza medica e sanitaria ai bambini arabi indipendentemente dalla loro nazionalità, politica o religione.

Dall’ultimo rapporto OCHA – Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari -, nella Striscia di Gaza, dall’inizio degli attacchi israeliani sono state uccise 27.480 persone, di cui 13.000 bambini e altre 67.000 sono rimaste gravemente ferite.

“Avevamo nove uffici in Palestina, di cui sei in Cisgiordania e tre nella Striscia di Gaza. Di questi ultimi ne sono rimasti solo due che adesso sono stati trasformati in rifugi per le persone costrette a evacuare, complessivamente un milione e 700 mila”.

“Prima di questa offensiva le attività di cui ci occupavamo riguardavano l’organizzazione e la logistica dei progetti infrastrutturali, come la costruzione di reparti da destinare al Servizio sanitario locale, missioni chirurgiche di volontari internazionali”.

La Striscia di Gaza, bambini e giovani

La Striscia di Gaza, seppure abbia una superficie di soltanto 360 chilometri, ha una popolazione fra le più numerose e giovani al mondo – nascono in media 133 bambini ogni giorno – prima delle ostilità aveva oltre due milioni e 200mila abitanti ed era composta prevalentemente, circa l’80% da profughi, provenienti da altre aree del Paese.

La Striscia di Gaza, come funziona la sanità

“Rispetto a altre associazioni noi ci concentriamo sulle discipline specialistiche, cerchiamo di creare reparti di oncologia pediatrica e cardiochirurgia, al fine di evitare ai pazienti di Gaza di dover cercare cure all’estero, con quello che questo significa in termini di viaggi estenuanti per i malati e della procedura necessaria per ottenere l’autorizzazione da parte delle autorità israeliane a lasciare la Striscia (permesso spesso non rilasciato o non rilasciato in tempi utili per poter usufruire delle cure). Inoltre per “estero” si intende anche Israele che, contravviene al diritto internazionale – IV Convenzione di Ginevra – ed eroga a pagamento i servizi sanitari, e assottiglia così le già magre risorse del Ministero della Sanità Palestinese”.

Avete mai avuto problemi con i locali? “No siamo sempre stati accettati, sono molto aperti nei nostri confronti, sanno che siamo lì per cooperare, vogliamo aiutare, le nostre missioni inoltre non sono rivolte alle sole pratiche terapeutiche e chirurgiche ma interessano anche la formazione di nuovo personale”.

Luisi spiega come la situazione storicamente difficile sia ormai fuori controllo, “nessuno dei nostri volontari può raggiungere i territori. La condizione è pericolosissima, è preso di mira anche il personale delle Nazioni Unite, sono stati 156 gli uccisi. Pure due nostri operatori hanno perso la vita, facevano parte di un team CPRF composto da giovani amputati impegnati in attività di affiancamento e supporto psicologico ai bambini neo-amputati”.

“Il grande problema della Palestina è sempre stata l’occupazione perché impedisce il movimento, chi vive a Gaza abita in una gabbia, è intrappolato. Ormai gestiamo un’emergenza cronica, l’impegno attuale è quello di assicurarci che gli sfollati stipati nelle tende dislocate in giardini, campi e aree ospedaliere possano avere un pasto, acqua pulita e biancheria”.

“Il personale sanitario locale è esiguo e coinvolto spesso in incidenti mortali e, inutile ricordarlo, quando muore un medico la tragedia diviene doppia”.

“La nostra organizzazione si unisce a tutta la comunità internazionale per chiedere l’immediato cessate il fuoco, oltre ad aiuti immediati anche attraverso donazioni, la popolazione è ormai allo stremo”.