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La retata dei lampeggianti blu e l’armata Brancaleone, nella notte dei rider che consegnano pizze

Bologna- Venerdì sera al parco della Montagnola, sono le 21,30, a cavallo del coprifuoco che scatta alle 22, proprio come a cavallo del cancello chiuso si vede qualche ritardatario intento ad uscire. Cinque persone in tutto, intorno le gradinate, piazza VIII agosto, i muretti e le vicinanze: quasi deserto. Uniche presenze: l’operatore della macchina ottovolante che lava la piazza del mercato e che si muove come un ragno, attorniato dai rider gialli e arancioni che, con le loro rapide traiettorie, sembrano intessergli una ragnatela tutta intorno. Puntiamo verso la zona universitaria, via delle Moline, davvero poche anime a passeggio, tra lo slalom dei rider. Forse un effetto Cenerentola delle 22, dove più del fascino della scarpetta di cristallo possono i 400 euro di sanzione, immaginiamo. L’odore penetrante di masala e spezie indiane è la presenza più possente della via, fino a quando la stessa aria viene strappata da un vocio crescente e dalle casse a palla. 

Armata Brancaleone, più che movida

Angolo via Belle Arti, una massa di persone, oltre un centinaio. Dobbiamo passare, i più sono senza mascherina, ma ciò che più ci impedisce è la vicinanza, resa assiepamento dalla fregola di certuni e dalle teste di capelli, a cofana, anni Settanta. Nel varco che ci apriamo tra i cassonetti già stracolmi di cartoni della pizza e bottiglie di vetro, arriva una bicicletta Graziella con il cestino su cui alloggia uno strano modello di zaino a borsello. Il proprietario ci offre le birre, un perfetto nuovo professionista, il bibitaro supplente del “dopo le 18”. Proseguiamo e ci sentiamo in qualche modo rassicurati, a destra, sul muretto, ritroviamo la popolazione stanziale di piazza Verdi, momentaneamente eradicata dalla piazza (anche questo è il potere del covid). Superata la barriera umana di via Belle Arti, raggiungiamo piazza Scaravilli transennata e deserta. Poi, su per via Zamboni, è come se andassimo a una piccola festa a Cuba: tamburi e bongo a riceverci. Un’altra cinquantina di festaioli, si canta e si balla, guancia a guancia, tutti naturalmente “smascherati”. Per via Petroni transitano due auto dei Carabinieri, speditamente, quando già ci stava frullando nella mente il pensiero: non si vedono Forze dell’Ordine. Allunghiamo il giro, dalla zona universitaria a quella più chiccosa. Pochi, pochi passanti. Biciclette e cani. Fino a via Rizzoli, dove alloggiano quattro barboni di cui due circondati da due monolocali itineranti, sporte, Coca-Cola, cuscini e coperte, quasi a comporre un condominio mai visto nella centralissima via, sembrano voler rispettare il coprifuoco a modo loro: due dormono già e gli altri due dirimpettai si parlano, prima di darsi la buonanotte. Uno comincia a canticchiare, quando nel cuore della città deserta, c’è solo l’autobus 11 (Ponticella). Si alza un fruscio dal portico di via Rizzoli, semiammobiliato con gli oggetti di sedicesima mano, angolo piazza Re Enzo: un cambio di scena, un coup de theatre. Sfilano oltre una dozzina di auto di Polizia e Carabinieri (ritroviamo le due che erano passate da via Petroni), compresi due furgoni con le squadre in assetto da ordine pubblico, veloci e ordinate allo stesso tempo, lampeggianti accesi. Una bella scia di blu. 

Vanno dall’armata Brancaleone che abbiamo visto alle 22: figli dei fiori 2.0, spacciatori invecchiati in quel fazzoletto di città e bibitari abusivi di nuova professione. Sono le 22,20. Ripassiamo in piazza Verdi, i tamburi sono già silenziosi e, a raggera, il popolo danzante se ne va. Svoltiamo in via Castagnoli, accanto al Comunale, è già tutta illuminata dalle auto ferme delle Forze dell’Ordine che occupano come un nastro blu tutta la via. Sono vuote, l’intervento è già in corso. Ha il carattere della retata per il notevole spiegamento e perché è condotta con sorpresa e rapidità. Il popolo fuori dal tempo e dalla pandemia (almeno nella loro testa) si dilegua. Restano due soggetti maturi che parlano, parlano e parlano, più per trattenersi fuori, per fare i disperati biassanot dei tempi del covid, che per altro. Pazientemente alcuni agenti ascoltano e cercano di chiuderla così. 

Restano solo decine di bottiglie e tanti rifiuti a terra. Riprendiamo la passeggiata verso il vecchio ghetto e poi di nuovo zona Irnerio. Deserto. Questa sera, pensiamo, la presenza più viva è stata quella dei lampeggianti apparsi come stelle blu, quasi emozionanti, rassicuranti, in una città stranita, tanto che avrebbero potuto ispirare lo stesso Dalla, proprio come la buonanotte da coprifuoco degli insoliti occupanti di via Rizzoli. 

Riders, padroni della città durante il coprifuoco

In una Bologna deserta, la movida del venerdì sera è sostituita principalmente da un veloce via vai di ciclisti e motorini che con le loro borse colorate sulla schiena sfrecciano a grande velocità nei vicoli bolognesi. I loro zaini sono tutti diversi, segno che sulla città ormai sono operative tantissime piattaforme digitali di food delivery. I riders al contrario di come si pensa non sono solo studenti universitari o giovani ragazzi in cerca di un lavoretto serale per mantenersi. Infatti troviamo anche uomini maturi, per lo più stranieri, che effettuano consegne a domicilio. Da Via Indipendenza, passando per la zona universitaria, fino a Via Rizzoli sono loro i veri protagonisti del venerdì sera bolognese in tempi di covid. Con i bar e i pub che in zona gialla sono chiusi dalle 18 (neanche l’asporto è consentito), nel centro città restano aperti solo pizzerie e ristoranti etnici. Passeggiando spesso capita di imbattersi al di fuori di qualche locale in un manipolo di riders che pazientemente aspettano il loro ordine da consegnare, e nel mentre interagiscono tranquillamente come veri colleghi in pausa. Notiamo anche che mentre volano in sella ai loro mezzi, nonostante la velocità sostenuta, i fattorini consultano continuamente il loro smartphone. Non sappiamo se è per guardare la mappa allo scopo di orientarsi in città, o se sono presi dalla frenesia del lavoro e mentre effettuano una consegna si preparano già per l’incarico successivo. Sappiamo che la normativa a tutela di questa categoria di lavoratori in Italia è ancora fragile, alcuni di questi colossi digitali pagano i loro riders ancora a cottimo, spronando i fattorini alla corsa sfrenata a chi effettua più consegne. La “fortuna” per questi lavoratori notturni è che almeno in questo periodo in strada non si incrociano macchine e i pedoni sono pochi. Altrimenti viaggiare a quelle velocità con il telefonino in mano rappresenterebbe un rischio molto concreto per l’incolumità di chi sta lavorando senza le giuste garanzie. Passate le 22 notiamo che i ritmi di consegna cominciano a calare. Alcuni riders si appoggiano con il loro cubo porta-cibo su delle panchine, altri scendono dalla bicicletta e proseguono a piedi verso un altro ristorante. 

Terminato il nostro tour per il centro di Bologna, mentre siamo tornando al punto di partenza, notiamo un gruppo di quattro riders fermi davanti a una pizzeria in attesa delle ultime consegne. Incuriositi dal fatto che a ridosso delle 23 ci fossero fattorini ancora attivi, ci avviciniamo per fare qualche domanda. I riders sono tutti e quattro stranieri, di età compresa tra i 30 e i 40 presumibilmente, e sul loro volto sono visibili i segni della stanchezza. Come prima cosa chiediamo se in periodo di lockdown il loro carico di lavoro è aumentato. Ci raccontano che in tempi di pandemia il lavoro del riders è diventato decisamente più impegnativo. Non tanto in tarda ora, quanto nella fascia tra le 19 e le 21. In quelle ore i ritmi di consegna sono decisamente più sostenuti. Ma il fatto che ci impressiona di più è che non pare esserci limite di distanza per una consegna che un fattorino può effettuare. Non sono solo i residenti di Bologna ad usufruire di questi servizi: infatti per alcune consegne i riders possono percorrere un numero notevole di chilometri. Per un ordine che parte dal pieno centro un riders può arrivare fino a San Lazzaro, oppure a Villanova o Casalecchio di Reno. Tutti Comuni della prima cinta fuori Bologna che si trovano a circa 8 km dalle vie del centro in cui hanno sede i principali ristoranti che collaborano con le piattaforme di food delivery. Auguriamo loro buon lavoro e ci allontaniamo, più consapevoli di cosa si celi dietro quello sfrecciare colorato di biciclette e motorini per le strade di Bologna (e provincia). (mm dlc)