Tredici lingue in Italia, ora sono dodici ma presto potrebbe arrivare il noneso
19 Settembre 2021
Nipt e anomalie cromosomiche, diventa gratis il test per alcune categorie di donne in Puglia
21 Settembre 2021
Tredici lingue in Italia, ora sono dodici ma presto potrebbe arrivare il noneso
19 Settembre 2021
Nipt e anomalie cromosomiche, diventa gratis il test per alcune categorie di donne in Puglia
21 Settembre 2021

Nuovo esercito europeo, una forza veloce, cibernetica e spaziale

di Salvatore Luigi Baldari

Il 15 settembre la presidente della Commissione, Ursula von Der Leyen, di fronte al Parlamento europeo riunito a Strasburgo, per il canonico discorso sullo “Stato dell’Unione” ha anticipato gli obiettivi del nuovo piano di difesa europeo. La Presidente vorrebbe farne un tratto distintivo della seconda metà del suo mandato, anche alla luce di quanto accaduto in Afghanistan.

Alcune indiscrezioni parlano di una “Expedition force” che permetta all’Ue di intervenire militarmente in tutti i teatri di guerra, con 5-6mila uomini pronti all’intervento e un quartier generale unico a Bruxelles.

A seguito della crisi afgana, le carenze europee nel comparto della Difesa sono emerse in tutta la loro dimensione. In tale contesto von Der Leyen ha deciso di attivarsi in prima persona per una riforma che segnerebbe una vera e propria svolta. Martedì 8 settembre ha concordato un documento informale su cui avviare un confronto con tutti i Paesi membri già nelle prossime settimane.

L’esercito europeo

Il progetto verrebbe realizzato in sintonia con la Nato, implementando uno schema di partenza che prevede un battaglione di 1.500 uomini, composto da tutti i Paesi dell’Unione, per poi registrare in primissima battuta un incremento sino alle sei mila unità.

Il profilo dei soldati da coinvolgere, tuttavia, cambierebbe attraverso il coinvolgimento della Marina e dell’Aeronautica, in grado di raggiungere velocemente tutti i luoghi del potenziale intervento.

Accanto a questa componente, verranno aggiunti due plotoni dedicati alla “Cyber-guerra” e allo “spazio”. Il documento, infine, istituisce un comando permanente, da insediare a Bruxelles, con un Comandante che resti in carica un triennio.

«In quanto potenza economica e democratica globale, può l’Europa accontentarsi di una situazione in cui è incapace di garantire la salvezza e l’evacuazione dei suoi diplomatici, dei suoi cittadini e di chiunque li abbia aiutati? È sempre più evidente che dobbiamo ridurre le nostre dipendenze e rafforzare la nostra autonomia strategica» si legge in un recente documento del Presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

Gli fanno eco le parole dell’Alto rappresentante Josep Borrel, di fatto il ministro degli Esteri europeo, che non smette di ribadire ai broadcaster di mezzo mondo la necessità di costituire una “forza europea di intervento rapido”.

L’ idea non è nuova: era il 1999, quando si puntava addirittura ad un esercito composto da 50 mila soldati, poi sfociata nei battaglioni da 1.500 militari creati nel 2007.

E mai utilizzati.

Intanto, il mondo è cambiato.

Il ruolo della Nato

L’Europa si ritrova sulle sabbie mobili di un mondo in cerca di un nuovo equilibrio, in cui il bastone a cui aggrapparsi per tirarsene fuori, che per decenni è stata la Nato, oggi si sta assottigliando sempre di più.

La Presidenza Biden ha confermato che la politica estera di Donald Trump era un vero e proprio cambio di strategia incontrovertibile, perché rispetto a 50 anni fa gli incubi americani non coincidono più con quelli europei.

Basti richiamare il patto anti-cinese siglato fra Usa, Gran Bretagna e Australia, solo pochissimi giorni fa, che ha fatto andare su tutte le furie le autorità europee.

Il mar Mediterraneo è tornato ad essere “nostrum”, nel senso di problema italiano ed europeo più in generale. La Turchia, sebbene partner della Nato punta, attraverso i suoi ricatti, sempre e solo al Vecchio Continente, reso debole dalla necessità di assicurarsi un cuscinetto contro gli incessanti influssi migratori.

In questo scenario, assumono un valore premonitore le parole di Emmanuel Macron del 2019, quando, all’indomani dell’abbandono della Siria da parte di Trump, pronunciò: «Stiamo vivendo la morte cerebrale della Nato».

Del resto la Francia, unico Paese europeo ad avere un seggio all’Onu e la bomba nucleare, è stato il primo a ritirare le truppe dall’Afghanistan nel 2014 e ad avviare l’evacuazione dei civili lo scorso maggio. E, ciononostante rimane il Paese che più spinge per una difesa comune.

Pare evidente che per traguardare questo obiettivo sarà indispensabile la volontà politica e anche assegnare a questo esercito l’opportuna autonomia.

L’attuale sistema dell’unanimità nel Consiglio europeo rischierebbe di rendere ogni scelta farraginosa. Si fa, pertanto, largo l’ipotesi di trasferire questa competenza proprio alla Commissione, così da velocizzare i tempi. Ma, le trattative sono tutte in salita.

La stessa frattura nord-sud che divide l’Unione sulle materie economiche, la separa tra est e ovest in politica estera.

La corsa ai compromessi, a Bruxelles è già partita.

Ed un buon punto d’incontro potrebbe essere rappresentato da un orientamento strategico comune che identifichi le minacce alla sicurezza e ai valori europei in provenienza sia da est che da sud. Il primo risultato di questo sforzo congiunto sarà una road map che, non a caso, presentata in via definitiva dalla Francia, nel corso del suo semestre di presidenza dell’Unione, in programma la prossima primavera.

La nuova Difesa europea: cibernetica e spaziale 

A Bruxelles si parla sempre meno di soldati e carri-armati e sempre più di esperti cibernetici, di difesa spaziale e di investimenti in tecnologia avanzata.

Nonostante appaia ancora dispersa in una ragnatela di programmi e istituzioni, dal Fondo di difesa europeo al Programma digitale a Horizon Europe, sta venendo a galla gradualmente una capacità europea nei settori della difesa, dello spazio e del digitale.

Il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan avrebbe potuto rappresentare per la realizzazione di una difesa europea, quanto l’emergenza Covid-19 è stata per il debito comune, ovvero la grande crisi che obbliga all’azione dopo anni di ipotesi.

Osservare i settemila soldati statunitensi condurre la più imponente evacuazione della storia dell’umanità, in poco più di dieci giorni, senza interpellare nessuno dei partner nella lotta al terrorismo, avrebbe potuto essere un’umiliazione sufficiente per stimolare una reazione profonda.